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TESTO Commento su Luca 9,57-62

don Michele Cerutti

V domenica dopo Pentecoste (Anno A) (13/07/2014)

Vangelo: Lc 9,57-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Comprendiamo in questa domenica il carattere esigente della vocazione cristiana.

Per essere cristiani ci viene richiesta la radicalità evangelica. Viviamo in un contesto di dimenticanza totale di Cristo. Vi sono troppi cristiani in cui resta loro un ricordo di alcuni gesti religiosi compiuti. Quante volte sentiamo dire: "facevo parte della corale", "quando ero piccolo ero chierichetto", "ho fatto la prima comunione". Queste espressioni ci dimostrano che viviamo una fede in cui Cristo è assente. La nostra fede rischia di vivere in relazione alla festa del Patrono o di qualche altra festività magari preceduta da qualche triduo e in tal modo rischiamo di mettere a posto la nostra coscienza. Gesù ci invita a seguirlo e questo seguirlo ci richiama l'immagine di un qualcosa di dinamico. Avvicinarsi Cristo richiede fatica, perseveranza nel cammino con una costante attenzione alla meta. Il cristiano è invitato ad andare oltre al semplice accontentarsi della Domenica o di alcune manifestazioni che rischiano di confondere la fede con il folclore. Occorre recuperare con più forza la dimensione fede.

La liturgia ci invita a riflettere sul modello di Abramo la cui fede cresce nella misura in cui cammina e in cui entra nello spazio aperto della Parola di Dio. Quello che viene richiesto ad Abramo è affidarsi alla sua Parola. La Parola cresce in noi solo se sappiamo familiarizzare con essa.

Mi pongo domande che possono risultare banali ma, purtroppo, vere: "Disponiamo la Bibbia in casa? e la custodiamo in maniera dignitosa?"

Attenzione non è la fede cristiana una ‘religione del Librò: il cristianesimo è la ‘religione della Parola di Dio', non di ‘una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente'. In un mondo che rischia di sentire Dio come superfluo o estraneo non esiste priorità più grande di questa: riaprire all'uomo di oggi l'accesso a Dio, al Dio che parla e ci comunica il suo amore perché abbiamo vita in abbondanza. La Parola di Dio, infatti non si contrappone all'uomo, non mortifica i suoi desideri autentici, anzi li illumina, purificandoli e portandoli a compimento. Nella nostra epoca purtroppo si è diffusa, l'idea che Dio sia estraneo alla vita ed ai problemi dell'uomo e che, anzi, la sua presenza possa essere una minaccia alla sua autonomia. Non è così in realtà, solo Dio risponde alla sete che sta nel cuore di ogni uomo!

Uno dei rischi è quello di distinguere bene la Parola di Dio dalle rivelazioni private, il cui ruolo non è quello di ‘completare' la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica. La rivelazione privata è un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso. Ogni persona che appartenga a Dio sa quanto sia importante meditare sulla verità che Dio ci ha rivelato e queste persone si rendono conto che la Parola di Dio le trasforma non appena viene accolta nelle profondità del loro spirito. La stessa Bibbia contiene le migliori dimostrazioni possibili per insegnarci questo principio.
Abramo è la dimostrazione, ma penso a Giosué.

Infatti, dopo la morte di Mosè e la nomina di Giosuè al suo posto, Dio rivelò a questi la chiave per il successo: "Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma dovrai meditarlo giorno e notte, perché tu possa cercare di agire secondo quanto vi è scritto; poiché allora tu porterai a buon fine le tue imprese e avrai successo" (Giosuè 1,8).

Giosuè è riuscito nelle sue imprese proprio perché aveva imparato a meditare la Parola di Dio giorno e notte. Dio gli aveva promesso due cose, se avesse seguito le Sue istruzioni: sarebbe stato capace di conoscere e fare tutto ciò che era scritto nella Legge, e avrebbe avuto prosperità e successo proprio per quello che aveva imparato. Meditare sulla Parola di Dio è una chiave per sperimentare la prosperità e il successo nell'eseguire qualsiasi compito che Dio ci abbia affidato. La meditazione ci prepara ad agire per sperimentare la verità e i concetti sui quali abbiamo meditato; è un passo importante per trasformare la conoscenza in esperienza. Meditare noi per essere pioggia e benedizione di Dio nei confronti di chi è in cerca di Lui.

Chiediamo il dono dello Spirito Santo perché illuminati da Lui possiamo abitare la Parola di Dio.

Concludo con un invito di Giovanni Paolo II che è un invito a tutti noi a comprendere:

"Non basta leggere le scritture, bisogna ascoltare Gesù che parla in esse: è proprio Gesù che parla nelle Scritture, è Gesù che parla in esse. Bisogna essere antenne che ricevono, sintonizzate sulla Parola di Dio, per essere antenne che trasmettono! Si riceve e si trasmette. E' lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità, nel loro senso vero e pieno!".

Solo alla scuola della Parola saremo in grado di essere quei cristiani che hanno la forza di vivere in maniera controcorrente senza tentennamenti e non si adeguano alle mode subdole che rischiano di circondarci.

 

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