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TESTO Commento su Giovanni 10,1-10

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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (11/05/2014)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Non è una parabola, ma una similitudine, una allegoria perché ad ogni elemento materiale raffigurato ne corrisponde uno che riguarda la realtà spirituale. L'allegoria è una sorta di traduzione; la parabola invece è un racconto che dev'essere interpretato. Nella parabola della pecorella smarrita bisogna pensare ad un vero pastore, non a Dio. Invece nell'allegoria di Giovanni le pecore e il pastore rappresentano qual cos'altro, noi e Dio.

Il pastore può chiamarle per nome perché è il Messìa e le pecore sono i fedeli; il recinto indica l'atrio del Tempio alla cui porta sta il Levita che ne custodisce l'ingresso e che garantiva contro i falsi messìa che all'epoca abbondavano e che istigavano le "pecore" a rivolta in nome della salvezza. Quando Giovanni scrive questo Vangelo è già avvenuto il terribile effetto provocato dai falsi messìa, la distruzione di Gerusalemme ad opera dei Romani.

Gesù si qualifica come il Pastore buono, vero, bello, l'unico Messìa che chiama uno ad uno quelli che credono, i discepoli. Ora si capisce anche il "cammina innanzi a loro, e loro lo seguono" perché si tratta di uomini, non di pecore. È la stessa immagine dell'Esodo, quando Dio camminava innanzi al suo popolo sotto forma di nube. Anche il buon pastore precede le pecore e cammina innanzi a loro; infatti egli sta camminando per portare a termine la volontà del Padre fino alla croce.

Gesù è venuto, inviato da Dio, per portar fuori le pecore dal recinto della Giudea e spargersi in tutto il mondo nella sequela del loro Pastore. Le cose sono cambiate; non c'è più bisogno di quella terra, di quell'atrio, di quel tempio, per la salvezza. Ora la salvezza è tutta in Gesù: "Io sono il pastore vero". Lui è anche la porta per accedere a Dio e alla salvezza, mentre prima bisognava andare a Gerusalemme ed entrare nel Tempio.

Le pecore ascoltano il pastore che le chiama e le conduce fuori: è il grande ultimo esodo verso la Terra Promessa della Risurrezione e della gloria, alla pienezza della comunione con Dio.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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