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TESTO Commento su At19,1b-7;Eb 9,11-15;Gv 1, 29-34

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

III domenica T. Pasqua (Anno A) (04/05/2014)

Vangelo: At19,1b-7;Eb 9,11-15;Gv 1, 29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,29-34

29Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Atti 19, 1b-7
La missione di Paolo si sta allargando oltre i confini della Palestina e l'apostolo sente che il suo compito è quello di moltiplicare gli orizzonti della missione. Paolo è stato a Corinto per molti mesi ed ora, per diverse circostanze, si ritrova a Efeso. La città è bellissima e celebrata in tutto l'impero, vasta e costituita inizialmente da greci; ma poi è diventata meta di molte etnie che vi si installano, anche perché ha un porto sicuro e da Efeso partono molte strade, preziose per i commerci e lo spostamento di popolazione. Prendendo contatti con ebrei osservanti che però già conoscono Giovanni Battista, Paolo si rende conto che le migrazioni ebraiche dei suoi compatrioti dalla Palestina, nei vari periodi, stanno allargando le conoscenze e portano le novità dalla madre terra. Così la predicazione di Giovanni Battista ha scosso la rassegnazione degli ebrei nella dispersione (diaspora), e Paolo constata, per questi 12 uomini che trova a Efeso, che conoscono il messaggio di Giovanni e riconoscono quel Gesù profeta che predicava prima della sua risurrezione. Perciò questi, che pure sono chiamati" discepoli" (19,1), non hanno ricevuto i doni messianici e gloriosi che si sono manifestati dopo la risurrezione. Giovanni infatti ricorda: "Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato" (Gv7,37-39).
Il messaggio di Gesù ha veramente fatto strada, preparando l'attesa e aiutando a sperare nel nuovo Messia. Ha preceduto l'arrivo di Paolo un certo Apollo, un giudeo di Alessandria, arrivato a Corinto. Del messaggio di Giovanni Battista ne fa motivo di vita e Luca, alcuni versetti prima, negli Atti racconta il ministero sapiente che Apollo svolge presso i Giudei, insegnando la venuta di Gesù, il Messia atteso da Israele (18,28). Luca precisa che Apollo parla di Gesù sviluppando una riflessione sulle profezie dell'Antico Testamento, ma della vita e della esperienza di Gesù Apollo sa ben poco, fermandosi egli al battesimo di Giovanni, poiché, di fatto, Apollo non ha conosciuto Gesù. Per completare allora una conoscenza successiva di ciò che è stato Gesù, si sono incaricati Priscilla e Aquila, una coppia di coniugi cristiani e amici di Paolo, ad ascoltare Apollo, "poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio" (18, 26). Così Paolo, dopo una probabile preparazione sul significato di Gesù, sulla sua unicità, sulla salvezza portata, sul suo essere Figlio di Dio che invia lo Spirito dal Padre, ribattezza questo piccolo gruppo di uomini nel nome di Gesù Signore che nel suo Spirito costruisce nella comunità dei credenti un cambiamento nuovo e fondamentale. Si scopre così che la fede di Gesù non è semplicemente un richiamo alla serietà personale, ad un comportamento corretto e coerente come spesso viene tradotta la fede cristiana ancora oggi, ma è molto di più.
C'è una nuova speranza per tutti i popoli, a cui sono inviati i battezzati nel nome di Gesù che ricevono lo Spirito. L'esperienza umana di Gesù non è solo onestà di fondo, non è tanto un dettato morale di comportamento, ma presenza di Dio tra noi, un paradigma per ogni credente nel tempo e nello spazio che, ovviamente, trasforma anche il comportamento. Avviene, su questi uomini, un segno esterno improvviso e impensabile: "Discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare" (Atti 19,6). E' questa una delle cinque manifestazioni dello Spirito come nuova Pentecoste, a somiglianza della prima, ricordata dagli Atti (2,1ss). Le altre manifestazioni dello Spirito sono ricordate in Atti 4,31; 10,47; 11,15.
Il Concilio Vaticano II, nella linea di una impostazione più profonda della Chiesa e del suo ruolo di evangelizzazione, ha fortemente sottolineato il richiamo allo Spirito, valorizzando quello che la fede nell'Ortodossia Cristiana orientale, in particolare, ripropone con molta convinzione e chiarezza nella propria fede.
Ebrei. 9, 11-15
La "Lettera Agli Ebrei" è una grandiosa catechesi su Gesù sommo ed eterno sacerdote, destinata ad una comunità giudeo-cristiana che deve compiere il passaggio dalla teologia del Sinai, legata alla mediazione di Mosè alla teologia del Golgota-Sion, legata alla mediazione di Gesù.
"Il male del popolo provoca l'ira di Dio per cui bisogna placarlo": questo è il pensiero delle religioni pagane e, spesso, è la deformazione anche della nostra religiosità.
Dio vuole per noi la vita, il nostro bene, la vera felicità per cui il male è la lacerazione della comunione con Lui che pure ci fa grandi ed è la scoperta della propria povertà e nudità come dopo la colpa dei primogenitori. Il Signore vuole che si ristabiliscano i rapporti di comunione, che si ritorni ad un cambiamento di pensieri e di azioni.
Per esprimere questa consapevolezza, in Israele, si svolge ogni anno il "giorno del grande digiuno", Yom Kippur, che viene dedicato alla preghiera, al digiuno, alla lettura della Parola di Dio e a riti di espiazione. Il tutto culmina con l'aspersione del sangue di animali uccisi sul coperchio dell'Arca dell'alleanza nel Santo dei Santi del tempio dove solo il Sommo sacerdote entra, compie il gesto per sé e per tutto il popolo.
Il sangue è stato sempre pensato come il luogo della vita nel mondo ebraico. In tal modo, ristabilisce la corrente di vita tra noi e Dio. L'Alleanza è stata proposta e sancita da Dio. Il popolo d'Israele, come ogni popolo, nella propria fragilità, l'ha lacerata.
Con questi riti Israele riconosce la propria colpa e ripropone la propria richiesta di perdono a Dio che continua ad accoglierci. E poiché questa lacerazione si compie ogni giorno con le nostre infedeltà, ogni anno viene riproposto il rito della espiazione.
Il Signore Gesù, "Sacerdote dei beni futuri" (v 11), ci apre orizzonti nuovi poiché ci porta fino "all'eredità eterna" (v 15). Egli entra in santuari celesti e non in santuari di pietra e percorre i cieli, offrendo il suo sangue, versato con amore immenso per tutti, anche per coloro che lo stanno uccidendo. Perciò nessuno è escluso e i rapporti con Dio sono definitivi. Egli si è preso su di sé tutto il peccato del mondo ( Is 53,6) e con il suo amore lo ha cancellato. Per questo, nel Vangelo, si parla del velo del tempio che si squarcia in due " (Mc15,38). E' la barriera tra l'uomo e Dio che viene abbattuta e Gesù ne è il garante. Nella l'Eucarestia noi celebriamo la grande offerta di Gesù, riproposta tra noi. Ogni volta ristabilisce questo contatto profondo tra la comunità credente e il Padre, nel Figlio attraverso lo Spirito. E' l'Uomo nuovo che si frappone con amore infinito e noi ci possiamo sentire fiduciosi, veramente, della misericordia di Dio perché c'è Gesù.

Giovanni. 1, 29-34
Sembra strano questo passo del Vangelo nella sequenza dei vangeli pasquali, ma forse è importante proprio per non indulgere sullo straordinario degli eventi e per non dare adito al proliferare di fantasie e di cose prodigiose
Questo brano non ha lo scopo di raccontare il battesimo di Gesù (siamo in questo contesto), ma di indicare quando e come Giovanni Battista ha riconosciuto in Lui il Figlio di Dio. Anzitutto è un Vivente dai precisi connotati umani che gli si fa incontro e che viene riconosciuto attraverso l'affermazione dalle molteplici risonanze ed interpretazioni bibliche: "Ecco l'Agnello di Dio che porta su di sé il peccato del mondo!"
A noi forse questa espressione non dice molto se non ne penetriamo lo spirito biblico.
Forse ci aiuta di più intravvedere attraverso l'esclamazione di Giovanni il riconoscimento di Qualcuno, certo un inviato di Dio, che si prende a cuore la situazione dell'umanità sconvolta dal male e la solleva. Anche qui c'è qualcuno che ‘vede', vede oltre; uno che "non lo conosceva" e d'un tratto si rende conto.
Ma c'è bisogno di un incontro: di Gesù che si fa avanti e che fa capire come i segni straordinari di Dio passino attraverso gesti semplici, comuni, che gli uomini di fede solida riconoscono e additano. Come se dicessero: "guardate, lì c'è la presenza di Dio, perché è solo Lui che può ridare freschezza e limpidità al mondo deteriorato."
Bisogna andar oltre la nostra consapevolezza di "non conoscerlo" ed essere attenti a tutto ciò che rende viventi, perché il VIVENTE è sempre fra noi e viene incontro a tutti per essere riconosciuto e condiviso. E testimoniare è rendere noto, indicare che c'è un Figlio di Dio in mezzo a noi, sempre pronto a farsi incontro e a riannodare i fili delle nostre esistenze riaccendendole di vita e di entusiasmo.

 

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