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TESTO Liberi dal possesso

Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/08/2004)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

No, non c'è bisogno di tirare in ballo Dio per dividere l'eredità.

Questa scena annotata da Luca, ci introduce allo spinosissimo tema del rapporto con i beni della terra, una specie di riflessione su Marta, dopo avere meditato assieme a Maria il tema dell'interiorità e della preghiera.

Gesù, quindi, afferma che esiste un'autonomia delle realtà terrene, che siamo capaci benissimo da noi a dividere equamente un'eredità, che Dio non ci allaccia le scarpe, né ci soffia il naso come con i bambini piccoli, né ci risolve i problemi che riusciamo a risolvere benissimo da noi stessi. Vero: spesso coinvolgiamo Dio in dispute che poco hanno a che fare con l'essenziale. Il mondo ha una sua armonia, una sua logica, delle leggi che – in ultima analisi – dipendono da Dio, ma che funzionano da sé. Dio non si alza al mattino a dare un giro di manovella perché il mondo si metta in moto, lo ha creato pieno di intelligenza e di bellezza, a noi di scoprirne le leggi intrinseche. L'atteggiamento della Bibbia, a questo proposito, è adulto e maturo: riconosce in Dio l'origine di ogni cosa, ma lascia all'uomo la capacità di gestire il creato. Non occorre sfogliare la Scrittura per sapere cosa è bene per l'economia, la giustizia, la pace, la solidarietà, è sufficiente ascoltare il nostro cuore, la nostra coscienza illuminata.

Liquidati i due rissosi fratelli, Gesù intuisce che colui che pone la domanda, in realtà, si sente vittima di un'ingiustizia e, ovviamente, tenacemente nascosto dietro le questioni di principio, c'è un problema di soldi. Difficile parlare di soldi, tra cristiani, difficile parlare di possesso. A parole, sempre, siamo tutti liberi e puri, Francescani connaturali. In realtà il possesso rischia di diventare un tema scottante specie, come nel caso del racconto di oggi, quando c'è di mezzo un'eredità. Ho visto famiglie armarsi di coltelli, dopo la morte di un congiunto, rabbie e bramosie emergere in persone insospettabili. Armiamoci di umiltà, amici, e scrutiamo con la luce della Parola quest'aspetto della nostra personalità. Proviamo tutti un connaturale pudore nei confronti del denaro, lo consideriamo qualcosa di pericoloso, di sporco, di ambiguo. Una persona ricca è sempre guardata con sospetto e, specie nel nostro mondo cattolico, siamo sempre in imbarazzo a parlare di denaro. Gesù, paradossalmente, è molto libero a tal proposito: non dice che la ricchezza è una cosa sporca. Dice solo che è pericolosa. Guardate al pover'uomo della parabola: un gran lavoratore, non ci viene descritto come un disonesto, né come un avido, anzi, fa tenerezza quella sua preoccupazione di far fruttare bene i suoi guadagni per poi goderseli in pace... La sua morte non è una punizione, ma un evento possibile, sempre nell'ordine delle autonomie delle cose di cui sopra. Chissà: forse troppo stress, troppo lavoro, troppe sigarette sono all'origine della sua morte improvvisa, non certo l'azione di Dio. Gesù ci ammonisce: la ricchezza promette ciò che non può mantenere, ci illude che possedere servirà a colmare il nostro cuore. Come domenica scorsa nel Padre Nostro, Gesù ci insegna che sono veramente poche le cose che ci servono per vivere: il pane (cibo, affetti, lavoro, casa), il perdono, la forza nella prova. Il nostro mondo suscita bisogni fasulli per colmare il grido di assoluto che scaturisce dal nostro cuore e che Dio solo può colmare. Un po' di essenzialità, allora, ci può aiutare a ricordarci che siamo pellegrini, che la ricchezza ci può ingannare, e che chi ha avuto dalla Provvidenza un po' di fortuna economica, è per accumulare tesori in cielo aiutando i fratelli più poveri. Grande esame di coscienza collettivo, amici, senza inutili sensi di colpa, ma essenzialità nel gestire le cose della terra, assoluta correttezza per chi, nelle comunità, deve gestire il denaro a servizio dell'annuncio del Regno. Andiamo all'essenziale, come il Signore ci chiede, lasciamo che siano le cose importanti a guidare la nostra vita, le nostre scelte. Non di soldi, ma di ben altre ricchezze ha bisogno il nostro cuore, di beni immensi, di tesori infiniti. Della tenerezza di Dio.

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