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TESTO Commento su Luca 9,18-24

mons. Ilvo Corniglia

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XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/06/2004)

Vangelo: Lc 9,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,18-24

18Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». 19Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». 20Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». 21Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno.

22«Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

23Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. 24Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà.

L'episodio evangelico di oggi è comune anche a Marco e a Matteo. Ogni evangelista, però, offre una sua prospettiva originale. Da tempo i discepoli sono alla scuola di Gesù. A questo punto il Maestro intende verificare il grado di maturità nella fede, che hanno raggiunto vivendo con Lui, e provocarli a una più decisa presa di posizione nei suoi confronti. E' quanto vuol fare anche con noi, in particolare quando lo incontriamo insieme nell'Eucaristia domenicale. E' un dono che fa', un'opportunità che offre ai discepoli per addentrarsi di più nel mistero della sua persona e scoprire la sua identità. Ciò avviene in un contesto di preghiera: "Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con Lui", associati alla sua preghiera.

E' una costante di Luca mostrare Gesù che prega, nei momenti più importanti e significativi della sua missione: nel dialogo col Padre attinge la luce e la forza per le scelte che compie e per l'esperienza che vive. Così anche in questa circostanza. Prima di chiamare i Dodici aveva trascorso l'intera notte in preghiera solitaria (cfr. Lc 6,12ss.). Ora che cerca di portarli a fare un passo nuovo nella conoscenza della sua persona e nel rapporto con Lui, sente il bisogno di immergersi nel colloquio col Padre per affidarglieli e mettere a fuoco la strategia più adatta.

La prima domanda non è molto impegnativa. E' una specie di "sondaggio" di opinione: la gente cosa pensa, cosa dice di Lui? Non è tanto interessato a sapere che cosa si pensa sul suo insegnamento, sulla sua attività, ma su di Lui. Questo è decisivo per Gesù. Al centro non sta il suo annuncio, ma la sua persona: "Chi sono io secondo la gente?". La gente – così risulta da una facile indagine – manifesta un'alta opinione su Gesù, nutre una grande stima per Lui. Ma dimostra di non aver colto la sua posizione singolare, la sua novità e originalità. Lo colloca infatti tra i grandi personaggi della storia religiosa di Israele: un profeta...Giovanni Battista...Altri inviati di Dio sono venuti prima di Lui, altri ne verranno. Uno dei tanti "grandi", ma non l'unico. Un sondaggio analogo, che noi potremmo tentare oggi tra la gente della nostra città, del nostro quartiere, del nostro condominio, potrebbe dare un risultato diverso?

A questo punto, Gesù imprime una svolta inattesa al dialogo, ponendo ai discepoli una seconda domanda, che è diretta, immediata, coinvolgente: "Ma voi chi dite che io sia?". Io chi sono per te, per ciascuno di voi, per la vostra comunità? Non si può sfuggire al carattere personale di questa domanda e alla sua forza di provocazione. Ognuno di noi è obbligato a interrogarsi nel suo cuore, non accontentandosi di qualche formula imparata a memoria e ripetuta meccanicamente, ma cercando invece di capirne il significato profondo.

La risposta che dà Pietro a nome dell'intero gruppo è una stupenda confessione di fede sull'identità di Gesù: "Il Cristo di Dio". "Il Cristo (=il Messia)": l'unico, ultimo e definitivo Re e Pastore del popolo d'Israele, l'inviato da Dio per dare a questo popolo e a tutta l'umanità la pienezza della vita. L'unico necessario, di cui tutti hanno bisogno. "Il Cristo di Dio". Pietro, e con lui i suoi compagni, riconosce che Gesù ha con Dio un rapporto unico e originalissimo che mai nessun uomo della storia ha avuto e avrà. Riconosce anche, di conseguenza, che quanto Gesù ha compiuto e compie in favore degli uomini nessun uomo della storia è in grado di fare.

Nelle parole di Pietro si esprime e risuona la fede della Chiesa di tutti i tempi. Fede che Pietro e i suoi successori hanno l'incarico di custodire e proclamare integra e sempre nuova (cfr. Lc 22, 32). Questa fede Gesù la sente vibrare nel Credo che durante la celebrazione eucaristica la nostra assemblea recita? Quella di Pietro non è appunto una semplice dichiarazione, ma una scelta entusiasta, un impegno deciso a seguire Gesù, un vero atto di fede.

Gesù ha senz'altro ottenuto un risultato notevole: un gruppo sparuto di uomini è arrivato a scoprire nel proprio maestro il Salvatore promesso e atteso da secoli. Non è ancora, però, una comprensione piena del suo mistero. Riconoscendolo Messia, Pietro e compagni pensavano al Liberatore politico e militare che con la forza di Dio avrebbe vinto tutti gli oppressori del suo popolo, instaurando una condizione di pace universale. Gesù, allora, imprime una svolta alla sua opera educativa. "Il Figlio dell'uomo deve soffrire molto". E' il primo dei tre annunci della passione – morte – risurrezione che Gesù in diverse riprese fa ai discepoli durante il viaggio verso Gerusalemme. Un tragico destino lo attende. Sa bene che le sue scelte in favore dei peccatori e dei "lontani", il suo stile di vita libero da ogni forma di legalismo, ma tutto incentrato nell'amore, provocano l'opposizione e la resistenza da parte dei responsabili d'Israele. Sa di avere molti nemici, che cercano di eliminarlo e che presto o tardi ci riusciranno. Gesù intravede, quindi, il fallimento umano della sua missione: "deve soffrire molto...essere messo a morte".

Tale "necessità" non è legata però a un destino cieco e crudele, non è neppure soltanto la conseguenza "logica" del suo comportamento contro corrente. Ma il verbo "deve", che ricorre spesso sulle labbra di Gesù (soprattutto nel vangelo di Luca), indica il disegno di Dio, misterioso e insindacabile, che deve compiersi nella storia. Un disegno d'amore che si attua attraverso vie e modi non conformi alla logica umana, ma in stridente contrasto con essa. Tale piano divino, però, non riguarda soltanto la sconfitta umiliante del Messia, ma anche la sua suprema glorificazione: "deve...risorgere il terzo giorno". Accettare il Messia crocifisso, "guardare" nella fede "a colui che hanno trafitto" (Zac 12,10: I lettura) è essenziale all'esperienza cristiana (cfr. Gv 19,37).

Tale fede cosa implica nella vita concreta? "A tutti diceva", quindi anche a noi oggi: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso". Deve essere pronto a spostare ogni sua visione della vita e a mettere da parte se stesso per porre al centro Gesù e il suo progetto di vita. "Prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". L'uditorio di Gesù conosceva l'usanza romana della crocifissione: il condannato riceveva sulle spalle il legno trasversale (patibulum) e si avviava al luogo dell'esecuzione tra gli insulti e i compatimenti della folla. Chi legge il Vangelo sa che questa è la stessa sorte subita da Gesù. Il discepolo, che aderisce a Lui, non può non mettere in conto tale prospettiva, cioè il "martirio".

"Ogni giorno": le esigenze radicali di Gesù vanno vissute nel quotidiano. Ciò non significa che tali esigenze siano private della loro radicalità, ma che nella vita quotidiana si possono e si devono fare scelte radicali. Ogni giorno l'amore e la fedeltà a Cristo possono richiedere tagli, rinunce, sacrifici che procurano sofferenza. Ogni giorno sei chiamato a "prendere la tua croce" dietro a Gesù. La vita - aggiunge Gesù - si salva perdendola, cioè donandola per amore. Ciò può avvenire una sola volta con la morte fisica. Ma la vita può essere data goccia a goccia in ogni gesto quotidiano motivato dall'amore e compiuto con amore. Sta qui il migliore investimento che si posssa fare.

E' in questo modo che i discepoli di Gesù vivono la relazione con Lui contratta nel Battesimo: "Vi siete rivestiti di Cristo" (Gal 3, 27: II lettura). Un legame profondo che rende figli di Dio come Lui e fa cadere ogni separazione che discrimina. "Tutti voi siete uno (letteralmente: una sola persona) in Cristo Gesù". Col Battesimo non siamo diventati soltanto "di Cristo", ma siamo "diventati Cristo". (s. Agostino).

Ogni domenica, recitando il Credo, proclamiamo la fede in Gesù Messia, crocifisso e risorto. Cogliamo il significato profondo di quanto professiamo? Riconosciamo cioè la vera identità di Gesù, il Messia che ci salva attraverso il dolore vissuto nell'amore? Siamo consapevoli che la gloria e la suprema felicità rimangono il traguardo certo per Gesù e anche per noi, ma la via per raggiungerle è la "via della croce"?.

Rivivendo la scena descritta dal Vangelo, ascolterò la domanda che Gesù con tenera ostinazione mi pone: "Io chi sono per te? Niente... qualcosa...qualcuno...o tutto, l'unico, la persona più cara?". Con la fede di Pietro e di tutta la Chiesa gli risponderò: "Tu sei il Cristo di Dio". Glielo ripeterò più volte, rinnovando il mio patto d'amore con Lui.

 

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