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TESTO Ma chi è il mio prossimo?

mons. Antonio Riboldi

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (11/07/2004)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Viene da ringraziare il dottore della legge, che rivolge a Gesù domande, che sono essenziali, per chi di noi davvero vuole capire e interpretare la vita secondo Dio e non secondo se stesso. Tutti sappiamo, o dovremmo sapere, che noi non nasciamo dal nulla per un nulla, ma siamo figli del Padre, che ha dato alla nostra vita un significato ed una bellezza che trova il suo senso, la sua gioia, la sua perfezione nell'amore.

Ma spesso lo dimentichiamo e, dimenticando il Padre, inevitabilmente dimentichiamo i figli, ossia noi. E magari fossimo solo dimenticati, sarebbe già questo un atto di egoismo, che genera solitudine e tante sofferenze. Quando l'uomo, noi, ci rinchiudiamo in noi stessi, facendo finta che gli altri non ci interessino o non ci appartengono, è come vivere e fare vivere nel buio, noi e gli altri. Tutto il dolore del mondo, che è sotto i nostri occhi, a volte in modo così crudele da chiederci davvero chi siamo o cosa contiamo nel cuore di quelli che dovrebbero essere nostri fratelli, è frutto della mancanza di amore. Un giorno Gesù, per chiarire cosa significhi capire la bellezza dell'amore paragonò questo al tesoro nascosto nel campo. Può non interessarci questo tesoro, condannandoci a vivere nella povertà. Invece c'è chi va, vende tutto quello che ha e compra il campo. Così dovrebbe essere per tutti noi, che siamo assetati di amore più che di ogni altra cosa, ma non sappiamo o non vogliamo cercare il grande tesoro dell'amore...come se chiudersi nel guscio di sé, potesse essere "un tesoro per la vita"...quando invece si rivela una tomba. Il dottore della legge, anche per mettere in difficoltà Gesù, gli chiede: "Maestro, che devo fare per avere la vita eterna?" Ed è una domanda difficile e forse pochi si pongono, accontentandosi di questa vita temporanea, che non è vita eterna! E Gesù fa dire al dottore il grande comandamento, che è la ragione dell'uomo figlio di Dio. "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso". In Gesù l'amore non conosce "parzialità" come facciamo tante volte, ma chiede "totalità". Da qui la domanda che ci interessa: "E chi è il mio prossimo?" Una domanda che rende inquieto quel dottore della legge, e diciamoci la verità, inquieta noi. In altre parole: "chi dobbiamo amar in un mondo così difficile e complesso e fino a che punto amarlo? Siamo così dissimili gli uni gli altri, per religione, razza, nazionalità, distinzione di classe, che a volte viene da smarrirsi nell'individuare chi davvero è il "mio prossimo". Ma se abbiamo fede, come l'avevano e l'hanno i tantissimi santi della carità, la risposta è: chiunque mi si fa vicino e ha bisogno di me...sapendo in fondo che tutti, ma proprio tutti, chi per un verso chi per un altro, abbiamo bisogno degli altri. I santi della carità - e dovremmo esserlo tutti - sanno vedere in ogni uomo, a cominciare dai poveri, da chi soffre, da chi è solo Gesù che ci attende per essere amato. Come se gli occhi avessero sempre uno sguardo su Dio e l'altro sullo stesso Dio che è nell'uomo che incontriamo e diventa nostro vicino. Chiudere gli occhi sul prossimo è come chiuderli su Dio. Dovremmo essere capaci di dire al Signore "O Dio, mostrami la bellezza del tuo volto e fammi capace di scoprirla nel volto del mio prossimo". Gesù a quel dottore e a noi racconta la parabola del buon Samaritano. (Lc. 10, 27). In quella parabola fa come la fotografia degli uomini di tutti i tempi e del loro modo di comportarsi gli uni verso gli altri. Parla di "un uomo" (come a dire a tutti, senza distinzione) che fa la sua strada da Gerusalemme a Gerico. Si imbatte in briganti che lo spogliano, lo percuotono poi se ne vanno ABBANDONANDOLO SEMIVIVO SULLA STRADA. E chi di noi, per un verso o per un altro, non ha conosciuto la triste avventura di essere come aggredito dall'odio, o da altro, fino a sentirsi abbandonato "semivivo", ossia incapace a continuare a vivere senza l'amore di altri? E' pieno il mondo di briganti: nella economia, nella giustizia, nell'odio, nella mentalità disinvolta che per avere successo, piacere e soldi non ha scrupolo di abbandonare sulla strada tanti, ma tanti semivivi. Ci sono semivivi perché la giustizia umana o la politica non sa aprire le porte al lavoro e quindi condanna alla disoccupazione, alla mancanza di casa, e ancora peggio, alla mancanza di vitto. E' enorme il continente della povera gente che incapace di alzarsi in piedi, perché semiviva, grida aiuto e tante volte il loro grido si perde nella sordità degli uomini. Ci sono tanti 'semivivi' resi tali da calunnie, da sbagli nella vita, dalla cattiva TV che spegne la bellezza dell'anima.

E'davvero grande la moltitudine dei semivivi che attendono chi li riporti alla gioia piena della vita. Gesù con poche parole, che sono dure come una condanna, descrive il grande male della indifferenza: una indifferenza che nel giudizio finale, incentrato sull'amore, sarà quel "Andate maledetti. Non mi avete 'visto' negli altri e quindi non potete godere della mia vista nel mio Regno!" Terribile questa condanna!

"Per caso - così Gesù descrive l'indifferenza - un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando vide il semivivo passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre". In altre parole quel semivivo non interessava ed era come condannarlo a morire. Che grande male l'indifferenza! e purtroppo è il male più diffuso. Infine Gesù traccia l'icona del buon samaritano. E' Lui stesso che si descrive e invita ad imitarlo. "Invece un samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandogli olio e vino: poi caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore dicendo: "Abbi cura di lui e ciò che spenderai di più te lo rifonderò al mio ritorno. "E pone a me, a voi, a tutti, la impegnativa domanda: "Chi di questi ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?"

Il dottore rispose: "Chi ha avuto compassione di lui. E Gesù: "Va e fa anche tu lo stesso".

Quel "va e fa anche tu lo stesso" è l'invito che viene rivolto a me, a voi. Chi di noi infatti non incontra ogni giorno chi ha bisogno del nostro amore? Per tante ragioni. Ma si fa vicino? Dovremmo chiederlo a noi stessi. Nelle nostre difficoltà o sofferenze, abbiamo incontrato il "buon samaritano" o abbiamo conosciuto dolorsamente l'indifferenza, come se la nostra difficoltà o sofferenza riguardasse nessuno?

Il Signore mi ha chiesto di stare tra la gente che soffre: prima nel Belice poi qui. E' facile, penso per voi che mi leggete, immaginare come sia sempre stato circondato da tantissimi "semivivi", che il Signore metteva sulla mia strada. Avendo poi con Internet aperta la mia strada sul mondo, è incredibile come da ogni parte del mondo mi arrivino i gemiti di tanti 'semivivi', che chiedono solidarietà. E per me è grande gioia farmi vicino, non con una elemosina, ma con tutto quello che ho. Ed è già un grande premio sapere che i semivivi tornano a vivere.

Questo sì che è Paradiso. Ma confesso a voi, tante volte ho le mani vuote e non posso arrivare a tutti ed è grande sofferenza. Potete voi farvi miei compagni sulla strada dei semivivi? Lo spero.

Nella quotidianrità, dove è facile imbattersi in chi soffre, a volte basta poco. Scrive un Padre: "Un sorriso non costa nulla, ma vale molto. Arricchisce chi lo riceve e chi lo dona. Non dura che un istante, ma il suo ricordo è talora eterno. Nessuno è così ricco da poterne fare a meno. E nessuno è così povero da non poterlo dare. In casa porta felicità. Nella fatica infonde coraggio. Un sorriso è segno di condivisione. Un bene che non si può comperare ma solo donare: e se voi incontrerete chi non vi sa dare un sorriso, donatelo voi".

Ricordiamocelo sempre. I briganti sfasciano l'umanità e la voglia di vivere.

Gli indiffernti hanno occhi di ghiaccio e non sanno vedere, sanno solo diffondere freddezza, che fa morire. Solo i samaritanti sanno dare senso e luce all'umanità e costruiscono il futuro. Come Gesù.

 

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