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TESTO Commento su Ml 3, 1-4a; Rm 15, 8-12; Lc 2,22-40

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

Presentazione del Signore (02/02/2014)

Vangelo: Ml 3, 1-4a|Rm 15, 8-12|Lc 2,22-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Malachia 3, 1-4a
Questo profeta anonimo, chiamato Malachia, (il nome significa: "messaggero di Javhè" ) che vive in un periodo di grande decadenza religiosa e morale -siamo verso il 450 a.C. - porta una parola profetica al popolo che si rivolge a lui con speranza. Gli uomini agiati introducono nelle loro case avvenenti donne straniere e ripudiano la sposa della loro giovinezza (2,14), i sacerdoti sono corrotti e mutano in maledizione la loro benedizione (2,2), i poveri sono soggetti a soprusi, e i ricchi sono insolenti e prosperano, ma il Signore non interviene. Lo scoraggiamento fa dire a qualcuno: " che cosa serve servire Dio" e altri esasperati dicono: "dov'è il Dio della giustizia?" (2,17).
Malachia sente, come suo dovere, richiamare i suoi concittadini ad una austera vita religiosa; è un uomo incapace di sopportare i matrimoni misti per timore che la terra diventi "immonda". E' fedele alla legge e non accetta di restare in silenzio davanti al clero ignorante, permissivo e assillato dal danaro.
Mentre combatte contro gli abusi che già i due grandi condottieri ebrei: Neemia ed Esdra hanno denunciato e cercato di estirpare, egli annuncia a nome di Dio: "Io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me". Poi apparirà un secondo personaggio misterioso, chiamato il Signore, l'Angelo dell'alleanza, il Signore dell'universo (2,1). "Colui che viene entrerà nel tempio del Signore e sarà come fuoco e come lisciva: purificherà i figli di Levi (3), i ministri del culto del Tempio di Gerusalemme.
- Il messaggero che prepara la via, apre la strada al futuro incontro con il Signore. E Gesù applicò l'annuncio a Giovanni Battista (Mt. 11,10).
- "Subito entrerà nel suo tempio." Gli evangelisti interpretano l'annuncio di Malachia attraverso il racconto di Gesù che entra nel tempio e scaccia i venditori. "Il tempio deve essere la casa di preghiera per tutte le genti mentre è stato ridotto ad un covo di ladri" (Marco 11,17). Ancora oggi, nelle assemblee in cui ci riuniamo, c'è la necessità del fuoco dello Spirito e della purificazione: ci si riferisce alla Parola del Signore, la cui ricchezza di grazia matura nel cuore dei credenti e la purificazione (la "lisciva") rinnova ogni giorno la comunità. Il pane eucaristico, spezzato e condiviso, è grande segno di questa presenza dello Spirito e della purificazione che ci viene data. Non dobbiamo però dimenticare che le deformazioni che Malachia e Gesù rimproverano al cammino di credenti si possono perpetuare ancora tra noi, oggi.
- Non a caso Papa Francesco si richiama "le responsabilità di un Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze, preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti... Preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade" (Evangelii gaudium, 49).
- Una Chiesa, che non si chiude e che non si ingessa, si apre "a tanti nostri fratelli che vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell'amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita". (id).
Paolo ai Romani 15, 8-12
Una delle preoccupazioni di Paolo è quella di costituire e mantenere una comunione tra i credenti in Gesù. Ma essi vivono, spesso, in una situazione di tensione, poiché provenienti da realtà diverse: gli ebrei, convertiti alla parola di Gesù, hanno però una particolare consapevolezza, proveniente da una esigente educazione ebraica che si è costituita nella lettura del Primo Testamento e dalla propria esperienza di vita. Ma la comunità cristiana, che Paolo si sforza di far maturare, è costituita anche dalla presenza di pagani convertiti che non hanno, probabilmente, una sufficiente sensibilità per la cultura ebraica e per gli usi e costumi che questa comporta. Le tensioni nascono, ovviamente, da una inveterata abitudine di selezionare il mondo tra ebrei e pagani e di ritenere che i pagani non hanno nulla a che fare con il mondo ebraico, anzi devono essere tenuti lontano. Tanto è vero che, in Israele, ogni contatto con loro costituisce una impurità che va purificata. In più, Gesù stesso non ha avuto molto a che fare con i pagani e, da buon ebreo, ha mantenuto usanze ebraiche che lo hanno tenuto lontano da pagani, salvo poi ritrovare la donna siro-fenicia che, con le sue suppliche e la sua fiducia, ha ottenuto un'attenzione particolare verso il suo mondo di sofferenza, anche se pagano(Mc 7,26 ). Certamente Gesù ha proposto un cammino aperto nel mondo alla sua comunità che sarebbe stata inviata a tutti i popoli, riprendendo profezie antiche di profeti. Se la comunità cristiana di Gerusalemme non ha avuto molti problemi in tal questo senso, per le comunità di Paolo tale mescolanza costituisce invece una continua grave difficoltà, anche se, in questo caso, Paolo affronta la garanzia della salvezza per tutti, ebrei e pagani e fa riferimento alla Scrittura, riportata qualche versetto precedente: "Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione perché in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture teniamo viva la speranza e il Dio della speranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti sull'esempio di Cristo Gesù perché con un solo animo e una sola voce rendiamo gloria di Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi per la gloria di Dio" (15,4-6). Paolo tiene che ci si impegni nello studio della Scrittura, e qui la Scrittura è il Primo Testamento (Vecchio Testamento) perché non esistono ancora se non sparsi scritti nell'esperienza di Gesù, non esistono ancora i Vangeli, c'è qualche lettera di Paolo, ma tutto questo non è considerato, finora, di tale dignità da essere valutato Scrittura. La preoccupazione che viene, spesso, formulata come "accogliersi gli uni gli altri"

corrisponde all'impegno di un superamento istintivo del disagio.

Perciò "ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo" (15,2). E Gesù è il modello alto: "Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: gli insulti di coloro che ti insultano sono caduti sopra di me" (15,3).
Gesù è venuto per tutti, e viene continuamente anche se la sua manifestazione ha diversi significati e angolazioni. Ai giudei, per Gesù, Dio ha manifestato la "veracità", ossia la fedeltà alle promesse ed all'Alleanza. Ai pagani, per Gesù, Dio ha manifestato la sua misericordia per cui anche questi lo conoscono e lo lodano. Da qui la citazione di 4 brani riferiti nel testo, di seguito, ai pagani ed alle nazioni: Sal 18,50; Deut 32,43; Salmo 117,1; Is 11,10;.
La conclusione (v13) sintetizza il messaggio di Paolo: la pace e la gioia nascono dalla fede e quindi, nella potenza e nella forza dello Spirito, ci viene arricchita ed alimentata la speranza. Il più è fatto. A noi spetta continuare il miracolo dell'unità che Gesù ha già compiuto.
Luca 2,22-40
La legge ebraica prescrive che tutti i primogeniti, sia degli uomini che degli animali, siano offerti al Signore (Es 13,1-16). Poiché i bambini, evidentemente, non possono essere sacrificati sull'altare a Dio, vengono sostituiti dai genitori con un animale puro che offrono al loro posto: un agnello se sono ricchi o un paio di colombe se sono poveri. Anche Maria e Giuseppe si sottomettono a questa disposizione e Luca ne approfitta per ridire la povertà di questa famiglia di giovani sposi di Nazaret che non possono offrire un agnello, ma solo delle colombe perché poveri e immigrati. L'evangelista richiama un secondo aspetto fondamentale nella sua lettura: Giuseppe e Maria scrupolosamente osservano tutte le prescrizioni della Legge del Signore e la Legge è ricordata, nel brano, cinque volte (cinque sono i libri della Legge).
Messaggio. Il compito che la famiglia svolge per i propri figli, non è solo la responsabilità di offrir loro un'istruzione, un lavoro e un inserimento nella società civile; ma, ancor più, è quello di consacrare i figli al Signore fin dall'inizio, offrendo loro delle profonde convinzioni religiose. Si tratta di educarli alla fede che è molto più che insegnare le preghiere, di aiutarli secondo le parole di Gesù e non solo quello di adempiere le pratiche religiose, di avviarli ai valori dell'amore e della generosità mentre si insegna l'importanza dell'essere coraggiosi, fiduciosi, accoglienti. E i bambini apprendono molto di più con gli occhi che con le orecchie. Il vero insegnamento lo vedono nello stile dei loro genitori. Se i genitori danno valore alla preghiera, i figli imparano a pregare; se li vedono attenti e riflessivi sulla Parola di Dio, si sentono incoraggiati nella ricerca di ciò che vale nel mondo; se i genitori si trattano con amore e con rispetto, i figli imparano lo stile della coerenza e dell'impegno verso il mondo che li circonda.
Messaggio. Papa Francesco ricorda che nella famiglia ci debbono essere normalmente "tre parole chiave per vivere in famiglia": di uso corrente: "Permesso, grazie e scusa". "Quando in una famiglia- non si è invadenti e si chiede permesso, quando non si è egoisti e si impara a dire grazie e quando si sbaglia e si chiede scusa, allora, in quella famiglia c'è gioia". In altri termini l'amore, il perdono e la generosità verso il proprio prossimo diventano esempi e progetti da imitare.
Nel brano si incontrano un uomo e una donna, due anziani, Simeone ed Anna. Spesso, nel Vangelo, troviamo il richiamo, insieme, all'uomo ed alla donna; è un modello interessante che Gesù e quindi la comunità cristiana segue: pari dignità, pare responsabilità, pari valori. Una novità perché tale comportamento non è solito nella comunità ebraica. Simeone è colui che vive, giorno per giorno, aprendosi al futuro. Egli attende la speranza d'Israele ed ora, prendendo nelle sue braccia il bambino di questa giovane coppia, nel tumulto del tempio spaesata, sa riconoscere la consolazione d'Israele.
Messaggio. Nella famiglia l'anziano consegna alle nuove generazioni ciò che lo ha sostenuto nella vita: la fedeltà al Signore, la sua Parola e la sua speranza. Così offre la luce per continuare il cammino.
Simeone fa anche una profezia a Maria: quel bambino diventerà un segno di contraddizione per cui qualcuno troverà la salvezza e qualcuno in Lui troverà motivo di rovina perché lo rifiuterà. La spada che trafigge l'anima di Maria esprime non solo il suo futuro ma anche il dramma del popolo d'Israele. Maria, in questo caso rappresenta il popolo d'Israele e Luca, mentre scrive, ha davanti agli occhi la lacerazione che è avvenuta in questo popolo, ormai disperso, dopo il 70 d.C.
La donna, anziana, Anna, profetessa, viene identificata con alcuni elementi che si possono dire interessanti e curiosi. Si dice che è della tribù di Aser, che è la più piccola e la più povera tra le 12 tribù d'Israele. E di lei si ricorda anche l'età, il tempo del matrimonio e quindi della vedovanza. Il numero è sempre simbolo e messaggio nella Scrittura. L'età, 84 anni, cioè 7 × 12, è la pienezza del tempo e del popolo; il matrimonio è durato sette anni: un tempo compiuto. La vedovanza si è consumata nel servizio di Dio senza mai risposarsi. Anna rappresenta, anche qui, il popolo fedele d'Israele, che resta fedele al suo sposo. Richiama le 12 tribù. Raffigura la povertà e la fedeltà. Tutto questo ci aiuta a cogliere come quest'episodio sia carico di messaggi.
Ricollegando a Malachia, il Signore viene una prima volta, misteriosamente, nel tempio, come bambino.
Non è un giudice, ma porta la novità di Dio, la misericordia, la disponibilità totale. Interpella ciascuno di noi, perché decidiamo di affrontare i nostri ruoli fondamentali nella vita per rendere il mondo sempre più degno dei giorni di Dio. Poi verrà ancora ( I lettura), purificatore, contro i mercanti dal tempio.
La conclusione: come per Giovanni Battista (Lc 1,80) e per Samuele (1 Sam. 2,26) Gesù cresce in sapienza e grazia e Dio è con Lui. Questa famiglia, che custodisce il progetto di Dio, prepara Gesù alla sua missione. Non è detto che lo capiranno sempre, ma si sforzeranno, con sapienza, nel fare quello che a loro sembrerà più giusto.

 

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