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TESTO Commento su Siracide 24,1-12; Romani. 8, 3b-9a; Luca 4,14-22

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (05/01/2014)

Vangelo: Sir 24,1-12|Rm 8,3b-9a|Lc 4,14-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,14-22

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione

e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Siracide 24,1-12
Il popolo d'Israele ha una profonda coscienza di essere stato privilegiato da Dio poiché gli è stato consegnata la Sapienza che è la stessa del suo Signore. Essa è preesistente al mondo, anzi accompagna il Signore nell'architettare la terra nella sua bellezza. I vv3-6 richiamano la creazione e ci sono immagini che nella cultura ebraica erano fondamentali: prendere dimora (v 4) che corrisponde al piantare una tenda: c'è il richiamo al cammino nel deserto e l'accompagnamento di Dio con l'arca: la "presenza" (shekinà) che fa riferimento alla tenda in cui Dio abita (skené). E subito dopo "la colonna di nubi" che rilegge la protezione di Dio nel deserto (v4b). La Sapienza percorre il mare e la terra, scende negli abissi e regola con le sue leggi l'equilibrio della natura. Ma poi il Signore vuole che la Sapienza trovi una casa tra i popoli, ma solo Israele l'ha voluta ospitare. Perciò la Sapienza resterà per sempre: "per tutta l'eternità non verrò mai meno".
La Sapienza cerca un luogo di riposo e trova posto nel tempio (v10) dove sviluppa la sua intelligenza nei complicati e ammirevoli atti di culto e, ancor prima, nella costruzione del tempio stesso. L'intuizione fondamentale è la gratuità della Sapienza: "Ogni Sapienza viene dal Signore e con Lui rimane per sempre " (Sir1,1).
La Sapienza prende la parola nel tempio e parla nell'assemblea liturgica. La sua funzione è quella di stare presso Dio. Insieme alla lode la Sapienza dispensa la sua intelligenza per governare la vita del popolo e la vita personale di ciascuno. Essa indica una direzione essenziale nei rapporti con il Signore, attraverso l'ubbidienza della " legge" ( la tôr') che il mondo ebraico legge e rilegge, commenta e mette in pratica.
E tuttavia il popolo d'Israele si rende conto di aver bisogno di una nuova presenza. E perciò attende colui che verrà e che saprà vivere in pienezza la Sapienza di Dio. Si fa strada che il Messia verrà finalmente ed esprimerà in bellezza e pienezza la bellezza e la pienezza di Dio.
L'evangelista Giovanni, quando scrive il suo Vangelo, ha senz'altro davanti agli occhi l'immagine della Sapienza e accetta di fare sintesi e traduce nel suo Prologo (introduzione del Vangelo Gv1,1-18) il significato di Gesù, riconosciuto dalla Comunità cristiana, come la Sapienza incarnata, "la Parola (Verbo) fatta carne".
Paolo ai Romani. 8, 3b-9a
Gesù porta una nuova realtà poiché sviluppa un nuovo mondo e un nuovo ordinamento. La legge ebraica non ha risolto il dramma del male: ha orientato verso Dio e la sua sapienza, ha indicato orizzonti e riferimenti, ma il male si è radicato nel cuore dei credenti e la legge non dà forza di rinnovamento.
Gesù porta il suo Spirito, la sua Forza, la sua Sapienza, la sua Parola che rigenera e rinnova. Egli è l'uomo nuovo, vero e unico, che permette la liberazione. Egli si è fatto uno di noi, in tutto uomo, tranne che nel peccato, e alleato prezioso di Dio che ci prende in carico e ci coinvolge nella sua santità e nella sua pienezza. Ci offre il suo Spirito che è lo Spirito del Padre e perciò ci allontana dal male, dal peccato, dall'inganno e dalla deformazione della vita che ci travolge e ci inganna.
Dio ha avuto compassione di noi ed ha compiuto una scelta inimmaginabile. Per la pienezza della sua presenza non si è servito degli angeli, ma ha mandato tutta la sua ricchezza eterna in Gesù che non è fuggito di fronte al male e di fronte alla morte, ma si è assoggettato alla deformazione del male sulla sua carne per vivere con amore quello che il male stava distruggendo.
Il male, che ha preteso di distruggere la vita di Gesù, si è auto distrutto poiché l'amore di Gesù ha prodotto la risurrezione e quindi ha ridotto all'impotenza il male, il peccato e la morte.
Tutti noi, che abbiamo accolto l'amore di Gesù ed abbiamo accettato le sue scelte e il dono dello Spirito nel battesimo, partecipiamo alla sua esperienza di morte e risurrezione e diventiamo, noi stessi, come Gesù, il "luogo" dove Dio vince il male. Perciò il male è vinto per la forza di Dio e del suo Spirito, e non per le opere che facciamo, anche se le opere debbono esprimere le scelte di Gesù nella nostra carne.
Certamente la carne è debole. Ma nella nostra fragilità crediamo che Cristo è capace, ogni giorno, di riconquistare terreno nella nostra povertà e ci coinvolge nella vita come coinvolge le persone e le cose attorno a noi.
Dovremmo fare spesso questa esperienza di verifica su ciò che scopriamo di bello e di grande nel mondo. Credenti e non credenti compiono grandi gesti di bellezza e di novità, lo sappiano o no. Ma noi sappiamo che è lo Spirito del Signore che rinnova e risana: ci sono persone che operano, che guariscono, che difendono, che si prendono cura, che accolgono. Pur nella fragilità del mondo, il Signore ci chiede di aprire gli occhi sulle opere della luce e dello Spirito.
Stiamo vivendo momenti molto difficili, a livello sociale, ma questo è il tempo delle verifiche e insieme è il tempo dell'aprire prospettive, del coltivare intuizioni, nell'ipotizzare scelte coraggiose e nuove, soprattutto in un tempo in cui capiamo di aver bisogno di solidarietà e nei tempi della crisi può diventare anche più facile osare. Abbiamo bisogno dello Spirito e, in questi frangenti, la preghiera ha la forza di smuovere. Non ci dispensa dal provare e dal rischiare, ma ci incoraggia nel camminare e provare. Il mondo politico può essere un ambito importante di partecipazione e di coinvolgimento, non tanto per trovare risorse finanziarie ma per scoprire possibilità e progetti, conoscenza di bisogni, risposte e ricerca di capacità da mettere in campo. La preghiera aiuta a trovare uno Spirito nuovo.
Luca 04,14-22
Con questo testo Luca inizia il racconto dell'operosità di Gesù nel suo popolo. Lo conduce lo Spirito che lo orienta ad incontrare i suoi nei tempi della preghiera e della Parola del Signore. Così Gesù innesta la sua parola nella sinagoga, nel sabato, nella lettura della "legge" e dei profeti e quindi nel commento che da secoli è stato fatto dai rabbini e che ora Gesù eredita. E mentre questa parola viene proposta come linea morale, Gesù fa esplodere la Parola annunciando, invece, un avvenimento, l'"oggi", La Scrittura si adempie non tanto come legge ma come liberazione, non come scritto ma come persona viva, non come attesa ma come presenza.
Il testo, che Gesù legge, è la seconda delle due letture che nella Sinagoga si leggono normalmente di sabato. Dopo l'inizio della preghiera e la professione di fede del pio israelita che comincia con: "Ascolta, Israele" (Deuteronomio 4,6), dopo aver pronunciato 18 benedizioni, si leggono due testi della Scrittura. Il primo è tratto da uno dei primi cinque libri della " legge" (o Torah), il secondo è tratto dai profeti. In questo momento, il responsabile della liturgia, potendo invitare qualcuno a leggere e a commentare, ha pensato di invitare Gesù, di cui già si parla come un maestro riconosciuto nella vicina città di Cafarnao.
E Gesù apre il rotolo: l'evangelista vuole ricordare che solo Gesù è capace di aprire e commentare con autorevolezza i testi biblici. Terminata la lettura, Gesù si siede, come fanno i rabbini quando insegnano, e "tutti gli occhi sono fissi su di lui". Gesù è il nuovo maestro e il suo primo insegnamento è quello della liberazione, come il primo messaggio di Mosé al popolo schiavo in Egitto: così viene presentato, per la prima volta ad Israele, il volto di Dio.
Gesù legge un testo di Isaia (cap. 61) e annuncia che, avendo ricevuto lo Spirito del Signore, ha il compito "di annunciare ai poveri il lieto messaggio, proclamare ai prigionieri la liberazione, dare ai ciechi la vista, rimettere in libertà gli oppressi e proclamare un anno di grazia del Signore". Sono cinque compiti, 5 come i libri della "legge". Il testo e quindi il discorso di Gesù si innestano "nell'anno di grazia del Signore". L'anno di grazia del Signore fa riferimento ad un particolare tempo detto "il giubileo", che ricorre, in Israele, ogni cinquant'anni. In esso si manifestano la volontà e la misericordia di Dio, ridonando soprattutto ai poveri la pace e la serenità: si condonano i debiti, si liberano gli schiavi, viene ristabilita la giustizia e vengono restituiti, agli antichi proprietari, o alle antiche famiglie, i campi e le case che, nel frattempo, erano stati venduti, spesso, per bisogno e povertà. Gesù dice: "Oggi inizia l'anno di grazia senza fine", perché vengono gratuitamente offerti da Dio la sua liberazione e il suo perdono. Viene usata la parola liberazione che in ebraico ha il significato di sciogliere da ciò che impedisce di correre velocemente. Gesù libera dalla malattia ma anche dalle paure, dai pregiudizi, dai blocchi psicologici che ci frenano e ci rinchiudono. Abbiamo i ceppi che ci ripiegano su noi stessi, catene che ci rattrappiscono, visioni del mondo che ci fanno continuamente lamentare senza saper intervenire in un cambiamento e in una responsabile creatività. Gesù ci promette questo cammino nello Spirito. Gesù ci offre il profilo del mondo cristiano che si ricostruisce, passo passo, con fiducia. Certamente va applicato alla realtà che viviamo. Ma c'è un ambito che andrebbe particolarmente coltivato: il lavoro.
Nella Scrittura il lavoro è pensato, fondamentalmente, come operazione di ricerca, di trasformazione per utilizzare ciò che abbiamo, di intelligenza per trovare soluzioni ai nostri limiti, passando dalla medicina alla chimica, dall'edilizia alla meccanica, via via. Tutto ciò che c'è dovrebbe diventare utilizzabile per tutti, se è necessario per la vita. Il lavoro obbliga alla competenza per essere efficace e quindi chi lavora ci aiuta. Il lavoro contribuisce a far crescere, a guarire, ad operare, a trovare soddisfazione e utilità. Chi lavora bene, ci regala la sua abilità e ci aiuta. Il salario è legato al tempo, all'impegno e quindi ci permette di essere autonomi perché ognuno viva del lavoro delle proprie mani. Ma il lavoro si allarga, si condivide, obbliga a operare in gruppo, in èquipe. Il lavoro sviluppa altro lavoro per aiutare sempre più altri. La prossima "EXPO15" a Milano esprimerà la straordinaria ricchezze e operosità dell'umanità di oggi, come contributo per tutti i popoli della terra, soprattutto per i più poveri. Tutto ciò che l'uomo e la donna fanno può essere liberante, a patto che ci si ricordi della responsabilità e della solidarietà, sapendo ed esigendo che ogni uomo ed ogni donna hanno uguale dignità e grandezza. Un lavoro responsabile e riconosciuto contribuisce grandemente a questa dignità.

 

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