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TESTO La messe è molta, ma gli operai sono pochi.

don Romeo Maggioni  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/07/2004)

Vangelo: Lc 10,1-12 .17-20 (forma breve: Lc 10,1-9) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

L'itinerario del cristiano - dicevamo domenica scorsa - è seguire Gesù fino a Gerusalemme, con la medesima sua radicalità nelle scelte per Dio. Oggi ci è richiesto un ulteriore impegno, quello di divenire suoi missionari "fino agli estremi confini della terra" (At 1,8), come prolungamento e nello stile di quei suoi primi discepoli che "egli designò e inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo".

Oltre ai Dodici, sono tutti gli altri discepoli ad essere chiamati alla missione; a dirci quanto sia costitutivo del cristiano, e non delegabile ad altri, questa responsabilità missionaria.

Ascoltiamo allora ciò che dice Gesù sulla natura e lo stile di questa missionarietà che ci riguarda.

1) LA MISSIONE

L'invio, l'iniziativa, la delega viene da Gesù. Non è opera privata, iniziativa propria. Del grande missionario che è stato san Paolo, è scritto così nel libro degli Atti: "Mentre tutta la comunità di Antiochia stava celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito santo disse: Riservate per me Barnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati" (At 13,2). E' "il padrone della messe che manda operai per la sua messe". La nostra preghiera è per esprimere disponibilità e sentire che l'opera è divina, non capacità nostra. Gesù l'ha promesso: "Andate..., io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). La forza ci viene da Lui: non ci deve spaventare né la sproporzione tra la molta messe e i pochi operai, né le difficoltà della condizione di essere agnelli in mezzo a lupi. "La nostra capacità viene da Dio" (2Cor 3,5). "Tutto posso in Colui che mi dà la forza" (Fil 4,13).

Lo stile della missione deve essere libertà e distacco: "non portate borsa, né bisaccia, né sandali"; niente deve distrarre dalla méta, con un rigore che dice essenzialità e stima per l'opera superiore a cui ci si dedica: "non salutate nessuno lungo la strada". Ma al tempo stesso la missione è rivolta alle persone, ai bisogni concreti, alle famiglie, portando pace e consolazione, che è il dono dello Spirito santo. "In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Curate i malati che vi si trovano, e dite loro: E' vicino a voi il Regno di Dio". Verrà naturale per chi stima questi doni spirituali ricambiare con doni materiali che danno sostentamento e libertà d'azione al missionario. "Mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, perché l'operaio è degno della sua mercede".

Il senso dell'annuncio missionario è alla fine però un giudizio: l'accoglienza o meno del missionario decide del proprio destino di salvezza: "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato" (Lc 10,16). Il gesto di scuotere la polvere è come un richiamo forte alla responsabilità personale: "Sappiate comunque che il Regno di Dio è vicino" - e Dio domanderà conto del vostro rifiuto e dell'opportunità persa: "Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente" di voi!

2) IL MISSIONARIO

Prosegue il vangelo: "I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome". Che gioia veder la propria vita valorizzata da Dio per il bene più grande, per andare alla radice del male e liberare i cuori dal potere di satana! "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore". E' la gioia che nasce dalla certezza che Dio vince! E' la gioia di sentirci potenti, non per nostra capacità, ma per l'efficacia divina che ha la sua Parola e la sua azione di grazia: "Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare". Era la certezza della vittoria finale di Cristo a dare la forza e la gioia ai martiri. Certezza che è anche la nostra serenità oggi di apostoli che credono alla potenza del lievito evangelico, al sorprendente risultato del piccolo granello di senapa capace di diventare la grande pianta del Regno di Dio.

Ma Gesù va oltre: "Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli". Non contano le conquiste, né le opere davanti a Dio; conta il cuore. Non è quel che facciamo per Dio, ma quello che siamo e diventiamo per Lui ciò che costituisce la nostra grandezza e quindi l'autentica riuscita e felicità. "Non vi chiamo più servi, ma amici" (Gv 15,15). La gioia di san Paolo era di possedere ormai pienamente l'amore di Dio: "Niente mi potrà separare dall'amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore" (Rm 8,39). E la prima lettura di oggi parla proprio di questa gioia più profonda di chi conosce e accoglie la consolazione di un Dio che è tenero e tenace come il cuore di una madre: "Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò: i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati". La forza dell'apostolo sta nel sentirsi tutto e sicuro nelle mani di Dio: persecuzioni e insuccessi non lo toccano più.

Certo, una sicurezza che non deve essere spavalderia. Era capitato a Pietro, che aveva dichiarato con ingenuità: Sono pronto a tutto, fino alla morte per te! E Gesù l'aveva avvertito: prima che il gallo canti...! E, proprio allora, Gesù aveva aggiunto rivolto a tutti: "Quando vi ho mandato senza borsa, né bisaccia, né sandali, vi è forse mancato qualcosa? - Risposero: Nulla. Ed egli aggiunse: Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così una bisaccia; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una" (Lc 22,35-36). Gesù andava verso la passione, e ci sarebbe stato scandalo per i suoi discepoli; occorreva prudenza e forza nella prova. Il mestiere del missionario ha i suoi momenti duri, di prova e purificazione. Riassumendo la sua dura esperienza, Paolo dirà: "Io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo", cioè una passione visibile che unisce alla passione salvifica di Gesù.

L'impegno per la nuova evangelizzazione è l'urgenza del momento nella Chiesa. Evangelizzare è certamente "rendere ragione della speranza che è in noi" (1Pt 3,15); ma prima della parola, è la testimonianza della vita ad essere richiamo e stimolo alla fede. Il cristiano coerente è già vangelo vivo con la sola sua presenza, accompagnata dalla carità. "Veritatem facientes in caritate", definiva san Paolo l'azione missionaria.

Diventiamo operatori della verità nella carità, ciascuno in quel fazzoletto di tempo e spazio in cui il Signore l'ha chiamato a fiorire! Il mondo si rinnova col rinnovare ogni piccola tessera di quel puzzle che diviene sempre più bello nella misura in cui si colora dei colori del Regno di Dio.

 

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