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TESTO "TU SEGUIMI", meraviglioso e difficile invito

mons. Antonio Riboldi

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/06/2004)

Vangelo: Lc 9,51-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,51-62

51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

C'è in giro un senso di sfiducia verso Dio, per il semplice motivo che si ha come l'impressione che tardi a soddisfare quanto chiediamo. E noi abbiamo sempre fretta nel vedere realizzati i nostri sogni o desideri ma, anziché affidarli all'Amore di Dio, che sa molto bene cosa sia bene o no per ciascuno, mettiamo in dubbio il suo amore, che invece è grande.

Nessuno a questo mondo, anche le persone che ci vogliono bene "da morire", come diciamo, hanno tanta cura del vero bene di ciascuno di noi. Siamo figli di un Padre che in Gesù ha dato la prova di quanto ci ama.

È facile incontrarsi con amici o persone che si trovano a volte in serie difficoltà, e si affidano totalmente a Dio, ma nel cuore vorrebbero da Lui una pronta accoglienza delle nostre preghiere.

"Ho sofferto tanto, ho pregato e fatto pregare tanto Dio, ho avuto immensa fiducia che sarei stato ascoltato, ed invece alla fine ho quasi la sensazione che Dio sia sordo o abbia preferenze che credevo almeno in Lui non ci fossero. Lentamente mi si è chiuso come il cuore alla fiducia. Ho atteso ancora un poco. Ed alla fine, davanti alla Sua sordità, "ho chiuso per sempre con Dio": e per me ora, come io non esisto per Lui, Lui non esiste per me".

Sono parole che si sentono spesso e mostrano come noi abbiamo della vita una visione di "bene", che si ferma ai beni della terra, come la salute, il benessere, la fortuna, la non sofferenza. Ma l'amore del Padre "vola alto", se vogliamo, a volte, come faceva Gesù, dà segni della sua presenza e cura con esaudire le nostre preghiere. Ma quante volte ci ascolta e noi non ce ne accorgiamo. Vi confesso che guardando indietro alla mia vita, ho come l'impressione netta di un cammino compiuto come sollevato da terra, ma sentendo le ferite della terra, eppure sempre avvolto da un amore che tante volte non vedevo, ma che ora sempre di più si fa' chiaro. Ho come l'impressione che la vita sia un cammino trapuntato di spine ma tanto illuminato da un Padre che ama e mostra che quel cammino, anche se trapunto di spine, non è un vicolo chiuso dalla morte, ma una meravigliosa strada che sconfina nella luminosa eternità.

E il Signore, credo, di prove durissime me ne ha date e tante. Se do uno sguardo alla mia missione pastorale nella Valle del Belice, che tutti conoscete, o al mio servizio vescovile qui, debbo proprio dire "GRAZIE, PADRE, TU DAVVERO SEI VICINO E AMI. ASCOLTI ANCHE QUANDO NON CHIEDO O PARLO!

E sono felice di appellarmi alle preghiere di voi, miei amici carissimi, perché tanti anni fa, ossia il 28 Giugno 1951, venivo ordinato sacerdote a Novara.

Quanta gratitudine sento! E vorrei avere una voce così potente da fare sentire a tutto il mondo, sfiduciato, a quelli che dicono "con Dio ho chiuso" il mio "Magnificat", perché Lui ama, senza che ce ne accorgiamo.

C'è nel Vangelo di oggi uno spaccato della vita di Gesù, che la dice lunga sulla volontà di Dio di compiere l'amore, per cui si è fatto uno di noi, per stare sempre con noi, con una fretta che è tipica dell'amore. Gesù non conosce i nostri tentennamenti, il nostro "fammi pensare" nelle decisioni che non sono mai una fiducia senza limiti, un cedimento gioioso all'amore. E l'Evangelista così racconta questa passione di Gesù: "Mentre stavano compiendosi i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo, egli si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. (E sappiamo come tra samaritani e giudei c'era una spaccatura così grande da esprimere il rifiuto raccontato). Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: "Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?" Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio" (Lc. 9,51-62).

Qui c'è davvero l'icona del nostro tempo. Dio che chiede di essere accolto, mandando messaggeri a preparargli il posto. E questo, Gesù lo fa oggi in tanti modi. Un piccolo esempio: quasi in tutte le parrocchie, il Parroco, ogni anno, si reca nelle famiglie per quella visita pastorale che si definisce "benedizione delle case". E manda i suoi aiutanti a preparare il terreno per l'accoglienza. Non è raro che i "messaggeri" si vedano chiudere la porta in faccia. C'è chi non vuole assolutamente ospitare Dio che porta il senso del Suo amore. E non è raro il caso di sentire le stesse parole di Giovanni e Giacomo. Gesù, ieri e oggi, non vuole assolutamente sentire parlare di "fuoco dal cielo" per punire chi non l'accoglie. L'amore che lo portava ad immolarsi per noi a Gerusalemme, non conosce vendette, ma solo misericordia. "Mentre andavano per la strada, - racconta Luca - un tale gli disse: "Ti seguirò dovunque tu vada". Ma Gesù gli mette subito davanti la durezza del seguirLo: non distribuiva sogni di terra; Lui invitava al banchetto dell'amore che è sacrificio. E risponde: "Le volpi hanno le loro tane, e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". A un altro disse: "Sèguimi" E costui rispose: "Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre". E Gesù: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu và e annunzia il regno di Dio".

Seguire Gesù non è facile: è, come dice Lui stesso, "giocarsi la vita, tutta la vita". Ma se ci riflettiamo bene la "sequela Christi" è come per un innamorato seguire chi ama: seguirà ovunque chi ama: andrà dovunque, anche sul terreno impervio. Per questo, seguire Gesù richiede un impegno totale: significa 'stare' con il proprio amore; dichiarare con la vita che Lui e soltanto Lui può dare senso e gioia alla vita...quando Lui chiama, e chiama tutti. Sotto questo aspetto si comprende l'apparente durezza del linguaggio di Gesù: un linguaggio che chiede dei "sì totali", o dei "no"...ma mai dei "ni", che significherebbero abbandonarLo nelle difficoltà.

Nella corsa verso "la sua ora", Gerusalemme, verso il "divino altare dell'amore", Gesù deve avere provato una profonda amarezza nel toccare con mano la nostra ingenerosità, che è incapacità di affidarsi totalmente al grande bene dell'amore. Quando poi questo amore è nientemeno che Dio, rifiutarlo mostra la nostra grande debolezza, o paura: una vera miopia di cuore, che preferisce scegliere e seguire i vicoli ciechi, ma che sembra diano più sicurezza, anziché affidarsi alla grande Via del Cielo, coperta di sacrifici, sì, ma irradiata sempre dalla luce dell'amore. Da qui la sua precisa parola a tutti noi ed in modo speciale a quelli che Lui sceglie, perché stiano con Lui e poi andare a donare ciò che da Lui abbiamo ricevuto, come dice l'evangelista Marco: "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il Regno dei cieli" (Lc. 9,62).

Come non arrossire tutti, specchiandoci in questa pagina di Vangelo, considerando una realtà che in certo qual modo mette in discussione il nostro essere o chiamarsi cristiani: ossia il nostro cercare di seguire Cristo, ma senza rinunciare alle nostre ingannevoli sicurezze?

Troppe volte forse pretendiamo di seguire Gesù, sapendo di salire con Lui verso "la sua Gerusalemme" e quindi sullo stesso suo altare della croce, ma senza farci del male: anzi, ribellandoci alla prima prova, non riuscendo a capire la natura dello stesso amore che sempre è "spartizione nel dolore".

C'era una frase che il mondo ha detto per definire la pace: "Pace senza se, senza ma". E lo stesso è nell'essere cristiani.

Può apparire duro - ma non lo è mai stato per i martiri, per i tanti santi anche del nostro oggi, - seguire Gesù, ma è l'unica avventura da vivere. Dietro quel "seguimi" rivolto a noi, c'è davvero tutto l'amore.

Offro a tutti voi una preghiera che Madre Teresa di Calcutta intitolava "Ho sentito il battito del tuo cuore".

"Ti ho trovato in tanti posti, Signore. Ho sentito il battito del tuo cuore nella quiete perfetta dei campi, nel tabernacolo oscuro di una cattedrale, nell'unità di cuore e di mente di una assemblea di persone che ti amano.

Ti ho trovato nella gioia, dove ti cerco e spesso ti trovo. Ma sempre ti trovo nella sofferenza. La sofferenza è come il rintocco di una campana che chiama la sposa di Dio alla preghiera.

Signore, ti ho trovato nella terribile grandezza della sofferenza degli altri. Ti ho visto nella sublime accettazione e nella inspiegabi1e gioia di coloro la cui vita è tormentata dal dolore.

Ma non sono riuscita a trovarti nei miei piccoli mali e nei miei banali dispiaceri. Nella mia fatica ho lasciato passare inutilmente il dramma della tua passione e la vitalità gioiosa della tua Pasqua è soffocata dal grigiore della mia autocommiserazione. Signore, ti credo, ti amo. Ma aiuta tu la mia fede".

 

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