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TESTO Il potere del Re, il potere dell'Amore

Marco Pedron   Marco Pedron

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (24/11/2013)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Il brano di oggi possiamo definirlo l'ultima tentazione di Gesù. Gesù nel deserto era stato tentato dal diavolo, da Satana. Satana non si opponeva a Gesù inducendolo a fare il male ma gli suggeriva di utilizzare le sue capacità di Figlio di Dio per salvare se stesso, per avere il potere, per essere accolto e soprattutto per essere riconosciuto dalla gente. Ma Gesù aveva rifiutato.

In Lc 4,13 si legge: "Il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato". Tempo=kairos che vuol dire al tempo opportuno (più che fissato): è l'occasione da non perdere. E qui il diavolo non perde l'occasione e si ripresenta da Gesù. Questo è il tempo fissato; questo è il tempo opportuno.

Ma cosa c'è prima di questo? E' Pasqua, migliaia di persone saliranno a Gerusalemme e i capi religiosi sono in ansia perché non si può lasciare libero uno come Gesù che sta minando le basi del loro potere.

Ma proprio all'ultimo c'è chi dà loro una mano: è Giuda. Lc, infatti, dice: "Allora, satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei dodici" (Lc 22,3). Giuda viene pagato per tradire il maestro: ma la morte di Gesù sarà anche la sua morte, infatti andò ad impiccarsi (Mt 27,5). E' sempre così: quando tu uccidi il Gesù dentro di te (l'amore, la generosità, il perdono) tu uccidi anche te stesso (la tua anima).

Gesù viene preso e viene accusato (Lc 23,2-5) di quattro cose: 1. di mettere in agitazione il popolo, 2. di impedire di pagare i tributi a Cesare, 3. di dichiarare di essere il re Messia, 4. di sollevare il popolo. Sono tutte cose che Gesù faceva, eccetto il fatto di impedire di pagare i tributi. Il potere, però, è molto sensibile ai soldi.

Del resto a Pilato non interessa niente e così manda Gesù da Erode per togliersi "sta grana". Ma né Pilato, né Erode, trovano elementi che giustifichino l'eliminazione di Gesù. Così Pilato decide che per compiacere le autorità lo castigherà, ma poi lo rimetterà in libertà.

Che cosa fanno a questo punto le autorità? Piuttosto di Gesù preferiscono Barabba. Preferiscono condannare un innocente e liberare un rivoltoso piuttosto della verità. Tutto viene sovvertito: il bene (Gesù) viene definito male (morte in croce) e il male (un assassino) viene definito bene (liberazione).

Così Pilato lo consegna al "loro volere" (Lc 23,25) per non avere "rogne".

Gesù viene così aggregato ai due malfattori. Il supplizio è orribile: la croce.

La giustizia ebraica avrebbe voluto la lapidazione (Gesù non ha ucciso nessuno): perché lo crocifiggono?

La crocifissione era data o per assassinio (i due malfattori) o per eresia. E' il caso di Gesù: Gesù è un maledetto di Dio. Il Figlio di Dio è visto come un maledetto di Dio (Dt 21,23: "L'appeso è una maledizione di Dio"). La morte deve dimostrare a tutto il popolo che Dio non era con Gesù e che Gesù non era affatto Figlio di Dio e che chi crede in Gesù si sbaglia.

Tutto viene stravolto, travisato: l'inganno è totale. Qui si vede a cosa può giungere l'animo umano che vive nella paura: può uccidere, può non avere pietà; la paura può trasformarsi in odio e vendetta.

E adesso? Adesso i capi del popolo se ne stanno felici davanti allo spettacolo... e lo deridono. E così siamo al vangelo di oggi.

"Il popolo sta a vedere" (Lc 23,35): il popolo è deluso da Gesù perché non è il Messia che si aspettava.

Gesù non è il potente figlio di Davide atteso e quindi il popolo sta a vedere se Gesù adesso - è l'ultima possibilità che ha - farà qualcosa. Per cui "sta a vedere" passivamente (il verbo è proprio passivo). E' un atteggiamento di dubbio, di scetticismo, di rassegnazione.

"I capi invece lo schernivano dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto" (Lc 23,35). I capi invece sono attivi e lo deridono, lo prendono in giro e sono strumento di satana e del male perché incitano Gesù ad utilizzare il suo potere per salvare se stesso. "Utilizza chi sei e le tue capacità per te": ma Gesù userà il suo potere per salvare gli altri e non se stesso.

"Anche i soldati lo schernivano e gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: "Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso" (Lc 23,36-37).

Il vino nella Bibbia è il segno dell'amore di Dio. L'aceto, quindi il suo contrario è il segno di odio.

Perfino i soldati lo sfidano: tutti e tutto il mondo sembra contro Gesù.

"C'era anche una scritta sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei" (Lc 23,38). E' una scritta derisoria, dispregiativa: guarda che fine che fa il re dei Giudei?

<>"Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi" (Lc 23,39). Gesù è insultato da tutti perfino i malfattori si prendono gioco di lui! E anche qui, un'altra volta c'è la tentazione del diavolo: "Salva te stesso" (Lc 4,3).

E per tre volte la tentazione del diavolo nel deserto si ripete: "Se sei il Cristo (Lc 23,35)... se sei i re dei Giudei (Lc 23,37)... non sei tu il Cristo? (Lc 23,39)". Il numero tre nella simbologia ebraica significa ciò che è definitivo, pieno, completo.

Gesù è tentato: questo è il momento fissato (=opportuno) di satana. La tentazione è la possibilità di Gesù di rinnegare se stesso, il suo messaggio, di tradire ciò che ha sempre creduto e per cui ha vissuto e ora sta dando la vita, e di reagire imprecando, rimproverando, lamentandosi, facendo un'azione potente.

Ma Gesù rimane fedele a sé e a Dio: nel versetto precedente al vangelo si dice "che Gesù diceva: "Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno"" (Lc 23,34). Ciò che accade è incredibile: mentre l'odio più sfrenato, scatenato, pervertito ricade su di lui, Gesù prega per i suoi aguzzini.

In Lc 6,27-28 Gesù aveva detto: "Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per quelli che vi trattano male": non sono parole per gli altri, è ciò che Gesù vive per sé, sulla sua pelle, in prima persona.

Che immagine di Dio abbiamo qui in Gesù, nel momento più drammatico della sua vita?

L'amore per il potere degli uomini viene sostituito dal potere dell'amore di Gesù. In Gesù Dio si mostra come un Dio d'Amore. Di Dio, nessuno, mai nessuno e mai più nessuno abbia paura.

L'A.T. non era così. Il Dio del Sinai appare tra tuoni e fulmini (Es 19,16): è un Dio potente che si poteva pregare contro il nemico: "Lancia folgori e disperdili, scaglia le tue saette e sconfiggili" (Sal 144,6). Un Dio che per salvare il suo popolo ha sterminato i primogeniti d'Egitto (Es 11,5). Un Dio per il quale si possono uccidere gli infedeli (Elia ne scannò 450 nel torrente Kison!). Un Dio che castiga duramente se tu non lo ascolti (Es 7,4: l'Egitto fu castigato con le famosi dieci piaghe: l'acqua cambiata in sangue; con le rane; con i mosconi; con la morte del bestiame; con le ulcere; con la grandine; con le cavallette; con le tenebre e con la morte dei primogeniti).

Ma il Dio di Gesù non è così: Lui è amore. Lui in croce prega per i suoi nemici e assicura a chiunque lo desideri il suo amore e il suo regno (il paradiso del "buon ladrone").

E in mezzo a tutto questo odio, questa rabbia, questa perversione, c'è chi in Gesù riconosce Dio. E' il sommo sacerdote? Uno scriba? Un fariseo? Sono persone troppo influenzate dall'ideologia religiosa. Le loro idee impediscono di vedere il vero volto Dio. E chi è, allora? Un malfattore.

"Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei condannato alla stessa pena! Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male"." (Lc 23,40).

Il fatto che Gesù sia stato condannato con dei malfattori significa che Gesù è stato ritenuto un elemento pericoloso. La croce, infatti, è una condanna riservata alla feccia della società, a coloro che hanno commesso i crimini più gravi. Gesù viene equiparato ad un criminale.

"Noi giustamente": la croce infatti era un supplizio per i crimini più gravi. Era la pena che spettava all'assassino Barabba. Il malfattore riconosce di aver meritato il giusto per le sue azioni.

"Egli non ha fatto nulla di male": il malfattore proclama ciò che si dirà apertamente in At 10,38: "Gesù di Nazaret passò beneficando e sanando tutti quelli che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui".

""Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso"." (Lc 23,42-43).

Il malfattore è un criminale, non ha niente da proporre a Dio. Eppure, nonostante che tutti lo credano il più lontano da Dio è l'unico che lo riconosce e che lo rispetta.

E Gesù farà per lui molto di più che solo ricordarlo: lo porta con sé.

L'immagine di Gesù è quella del Buon Pastore che trova la pecora perduta e gli comunica le sue stesse forze. Gesù se la porta sulle sue spalle come farà il buon pastore. Gesù non si ricorderà di lui in paradiso ma oggi se lo porta con sé.

Gesù, quindi, non guarda i meriti (non ne ha!), non guarda le virtù (non ne ha), ma guarda i bisogni, le necessità degli uomini. E alla necessità di essere ricordato, Gesù risponderà offrendo e donando non un ricordo ma infinitamente di più: il paradiso.

Gesù non parla mai di paradiso nei vangeli (eccetto qui) ma sempre di regno di Dio o di regno dei cieli. Ma agonizzanti in croce, non c'era tempo di spiegare molte cose al malfattore, per questo gli parla e gli risponde con parole che il suo mondo può capire e comprendere e usa "paradiso" (è l'immagine di un grande prato).

Gesù dà il suo amore non come un merito, una conquista, ma come un regalo sovrabbondante: tu chiedi qualcosa e lui ti regala molto di più di quello che chiedi.

Ed è interessante: chi è il primo ad entrare nel regno dei cieli? Maria? No. Pietro?? Giovanni? No. Il primo ad entrare è un malfattore, un criminale.

Da adesso in poi le porte del regno dei cieli, del paradiso, saranno aperte per tutti coloro che riconoscono Dio come re, qualunque sia il loro passato, la loro storia e la loro vita. Questa è la Buona Notizia di Gesù ed è davvero una gran Buona Notizia per tutti!

Questa è la regalità di Gesù: le porte dell'Amore di Dio sono aperte per tutti quelli che vi vogliono entrare al di là di tutto ciò che c'è stato. Gesù è il re dell'amore. Quindi non esistono casi impossibili, situazioni irrimediabili: l'Amore di Dio è più forte.

Quando andremo nell'ultimo giorno, avremo tanta paura, perché chiunque di noi guardando la propria vita non ha grandi meriti per ricevere l'amore di Dio. Ma quando saremo davanti a Lui, Lui non ci dirà: "Ah tu sei Tal dei Tali, vediamo cos'hai fatto!". E non guarderà nessun libro dei peccati, e non ci sarà nessun Giorno dell'Ira. Ma semplicemente ci dirà: "Senti un po' Tal dei Tali, ho un regalo da farti, lo vuoi?". Il regalo si chiama "regno di Dio", "regno dell'amore" e basterà rispondere. "Sì". Tutto qui.

Ma non abbiate paura... non abbiate paura... non abbiate paura... perché non c'è nessun motivo: non abbiate paura! La mistica Giuliana da Norwich diceva: "Non abbiate paura, tutto finirà bene... molto bene... molto, molto bene".

Cosa dice a me questo vangelo? Questo vangelo mostra i vari punti di vista di fronte ad ogni cosa.

Di fronte ad ogni cosa (realtà) io posso pormi in maniera molto diversa.

Fuggire. Il popolo guarda, assiste, non interviene, non fa niente (ignora, chiude gli occhi). Il popolo si difende fuggendo la realtà, rinnegandola.

Attaccare. I capi e i soldati condannano, affossano, giudicano, colpevolizzano: loro attaccano. Attaccare è fuggire al contrario: siccome non voglio affrontare la realtà attacco gli altri. Finché dico che è colpa del mondo, tua, degli altri, non mi prendo cura del mio malessere.

Essere egocentrati. Il malfattore guarda con interesse: "Salva te stesso e anche noi" (Lc 23,39): lui pensa solo a sé. Essere egocentrati vuol dire "fare la vittima", tenere in considerazione solo se stessi. L'egocentrato non si accorge che c'è un mondo attorno a sé: lui vede solo se stesso.

L'egocentrato non può accettare che qualcuno sia prima, meglio, di più di lui. E per questo ti attacca, ti giudica, ti distrugge. La sua inferiorità (e la sua frustrazione) diventa invidia, gelosia, odio che ti "scarica" addosso.

Il ladrone buono, invece, vede la realtà per quella che è: solo in lui c'è amore perché è adeguato alla realtà. Non fugge, non se la prende con gli altri, non fa la vittima ma vede le cose per quello che sono. "Io ho un problema: è il mio problema e gli devo dare la mia cura e le mie attenzioni".

Essere re come Gesù vuol dire portare amore lì dove non c'è, lì dove si crede di essere indegni di essere amati, lì dove neppure si pensa di meritare l'amore. E il primo sono io.

Questo è regale: "Ti perdono... ti amo al di là di ciò che è hai fatto... il mio amore non è in discussione... ripartiamo... giriamo pagina... lascio andare... basta...". E lo faccio prima con me e poi con gli altri.


Pensiero della Settimana
Il potere dell'amore è l'amore senza potere.
L'amore del potere conduce ad avere potere ma non amore.
E' il dominio.
Il potere dell'amore conduce ad avere amore ma non potere.
E' la libertà.

 

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