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Sabato della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno I) (23/11/2013)

Vangelo: Lc 20,27-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-40

27Gli si avvicinarono alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

39Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». 40E non osavano più rivolgergli alcuna domanda.

Tutti vivono per lui

Si sente parlare tantissimo di tossicodipendenza e di alcolismo, si prendono le distanze da questa dipendenza, la stigmatizziamo, così come critichiamo la dipendenza dal gioco da altri mali che affliggono la nostra società. Siamo talmente impauriti di cadere in trappola in una di queste reti, da considerare ogni "dipendenza" come il demonio da cui scappare, da cui tenersi lontani. Ma bisogno distinguere. Essere dipendenti a volte non è cosa sbagliata. Talvolta il problema è l'orgoglio, l'ammettere che la nostra vita dipenda da qualcuno non è da "uomini", ma neghiamo anche per paura perché dipendere da qualcuno significa morire dentro quando costui dovesse lasciarci per sua scelta o per cause naturali come la morte. Ed ecco che ancora una volta la paura ci frena, blocca la nostra vita. Pensate ad un bambino piccolo, dipendente completamente dai suoi genitori, legato a loro da un filo doppio e pensate che bellissimo legame si crea con loro quando anche questi si lasciano andare senza remore, e di solito è così. Ma se nei confronti di un figlio ci viene spontaneo, carne della nostra carne, sangue del nostro sangue lasciare che si crei una dipendenza, nei confronti di altri affetti siamo più restii. Ci sposiamo, amiamo, ma mai fino in fondo, mai lasciandoci andare completamente, mai avendo fiducia cieca e totale nell'operato dell'altro, nelle cose che ci dice. Purtroppo ne abbiamo ragione perché siamo stati spesso traditi da ex fidanzati, ex amici, ex padri spirituali, ma chi ci dice che questa volta non sia diverso? Come possiamo capirlo se non diamo piena e totale fiducia all'altro? Anche nei confronti di Dio si ha fiducia in lui, ci si abbandona a lui, mai totalmente, solo quando le cose vanno bene, quando ci concede ciò che chiediamo, quando l'economia va bene e tutti abbiamo una casa ed un lavoro. Ma come siamo pronti ad allontanarci da lui se ci nasce un figlio con un handicap, se scoppia un grossa lite in famiglia, se ci muore una persona cara. Cosa fate quando avete un figlio? Gli date tutto ciò che vi chiede? Lo fate stare ore ed ore davanti alla tv, gli permettete di non andare a scuola per stare a giocare, lasciate che si comporti maleducatamente o piuttosto non lo correggete, rimproverate, punite quando serve? La fiducia da parte del figlio nei genitori non verrà mai meno, la dipendenza ci sarà sempre, anche quando grandi e adolescenti sbatteranno la porta per andare a fare i loro errori, ma torneranno sempre a casa in cerca di aiuto quando le cose dovessero andare male. Allora perché siamo così stolti da non avere fiducia in Dio sempre, perché non accettiamo l'idea di dipendere da lui, perché non impariamo a buttarci senza paracadute? Pretendiamo che i nostri figli mettano in pratica i nostri insegnamenti e consigli, anche quando non sono d'accordo, ma poi siamo i primi a non abbandonarci a chi ci ha donato la vita, pur dandoci delle regole e degli insegnamenti, spesso difficili da capire ed accettare

 

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