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TESTO Commento su Lc 20 36-37

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/11/2013)

Vangelo: Lc 20,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Infatti non possono più morire, perché sono uguali agli Angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe.
Lc 20 36-37

Come vivere questa Parola?
Queste parole di Gesù fanno parte di una sua risposta alla domanda (tra l'inquisitorio e l'ironico amarognolo) che gli avevano posto i sadducei, una setta in Israele che non credeva alla risurrezione dei morti. Costoro gli avevano posto questo quesito: una donna a cui sono morti, uno dopo l'altro ben sette mariti, a quali di loro apparterrà?
È forte sentire in cuore la risposta di Gesù che coincide con le più profonde aspirazioni del cuore umano. No, non moriremo per sempre. La vita in cui entreremo al termine dei nostri giorni terreni sarà per tutti e per ognuno, una "sorsata di eternità". Saremo dunque abilitati ad un altro modo di esistere e la nostra più profonda e vera identità di "figli di Dio" coinciderà col nostro essere "figli della risurrezione". Per questo, ciò che in questa vita è stata una reciproca appartenenza coniugale, nella vita dell'Oltre sarà la continuazione di belle profonde unioni di nozze e di amicizie vissute quaggiù, ma senza legame e possesso che materializza l'amore.
Quelli che vivono già qui e ora in purità di cuore vita sponsale o profonde amicizie sono fin d'ora "figli della risurrezione". Come dire figli di ciò che vale per sempre.
Signore liberami da ogni egoistico attaccamento perché, fin d'ora, io viva da figlio/a della risurrezione e irradi la gioia
La voce di una giovane ebrea dell'Olocausto
Ora, che finalmente mi sono liberata dalla sete di possedere, ora sì che mi sento libera. Mille catene si sono spezzate e la mia ricchezza interiore è immensa, pari alla mia gioia.

Dal diario di Etty Illesum
Commento di Sr Maria Pia Giudici sanbiagi@casadipreghiera.191.it

 

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