TESTO Commento su Esodo 32,7-11.13-14; Salmo 50; Prima lettera a Timoteo 1,12-17; Luca 15,1-32
mons. Vincenzo Paglia Diocesi di Terni
XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (15/09/2013)
Vangelo: Es 32,7-11.13-14; Sal 50; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32
In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Forma breve (Lc 15, 1-10):
In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Introduzione
Si avvicinarono a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa parabola..." (Lc 15,1-2).
A un uditorio di mormoratori Gesù racconta le tre parabole dei perduti ritrovati. Quale nuova idea di Dio ci rivelano? Tra tutte le parabole sono indubbiamente le più sconvolgenti perché ci insegnano anzitutto che Dio si interessa di ciò che è perduto e che prova grande gioia per il ritrovamento di ciò che è perduto. Inoltre, Dio affronta le critiche per stare dalla parte del perduto: il padre affronta l'ira del figlio maggiore con amore, con pace, senza scusarsi. Gesù affronta le critiche fino a farsi calunniare, critiche che si riproducono continuamente e quasi infallibilmente. Perché tutte le volte che la Chiesa si ripropone l'immagine di Dio che cerca i perduti, nasce il disagio. E ancora, Dio si interessa anche di un solo perduto. Le parabole della pecorella perduta e della donna che fatica tanto per una sola dramma perduta, hanno del paradossale per indicare il mistero di Dio che si interessa anche di uno solo perduto, insignificante, privo di valore, da cui non c'è niente di buono da ricavare. Ciò non significa evidentemente che dobbiamo trascurare i tanti, però è un'immagine iperbolica dell'incomprensibile amore del Signore. Per questo l'etica cristiana arriva a vertici molto esigenti, che non sempre comprendiamo perché non riusciamo a farci un'idea precisa della dignità assoluta dell'uomo in ogni fase e condizione della sua vita (da Perché Gesù parlava in parabole, EDB-EMI 1985, pp. 125ss).
Omelia
Nella liturgia di questa domenica si legge l'intero capitolo quindici del Vangelo di Luca che contiene le tre parabole dette "della misericordia": la pecorella smarrita, la dramma perduta e il figliol prodigo. "Un padre aveva due figli...". Basta ascoltare queste tre o quattro parole perché chi ha un minimo di familiarità con il vangelo esclami subito: parabola del figliol prodigo! In altre occasioni ho messo in rilievo il significato spirituale della parabola; questa volta vorrei sottolineare di essa un aspetto poco sviluppato ma estremamente attuale e vicino alla vita. Nel suo fondo la parabola non è che la storia di una riconciliazione tra padre e figlio, e tutti sappiamo quanto una simile riconciliazione è vitale per la felicità sia dei padri che dei figli.
Chissà perché la letteratura, l'arte, lo spettacolo, la pubblicità sfruttano tutti un solo rapporto umano: quello a sfondo erotico tra l'uomo e la donna, tra marito e moglie. Sembra che non esista nella vita altro che questo. Pubblicità e spettacolo non fanno che cucinare in mille salse lo questo piatto. Lasciamo invece inesplorato un altro rapporto umano altrettanto universale e vitale, un'altra delle grandi fonti di gioia della vita: il rapporto padre - figlio, la gioia della paternità. In letteratura l'unica opera che tratta veramente questo tema è la Lettera al padre" di F. Kafka. (Il famoso romanzo "Padri e figli" di Turgenev non tratta in realtà del rapporto tra padri e figli naturali, ma tra generazioni diverse).
Se invece si scava con serenità e obiettività nel cuore dell'uomo si scopre che, nella maggioranza dei casi, un rapporto riuscito, intenso e sereno con i figli è, per un uomo adulto e maturo, non meno importante e appagante che il rapporto uomo - donna. Sappiamo quanto questo rapporto sia importante anche per il figlio o la figlia e il vuoto tremendo che lascia la sua rottura.
Come il cancro attacca, di solito, gli organi più delicati nell'uomo e nella donna, così la potenza distruttrice del peccato e del male attacca i gangli più vitali dell'esistenza umana. Non c'è nulla che sia sottoposto all'abuso, allo sfruttamento e alla violenza quanto il rapporto uomo - donna e non c'è nulla che sia così esposto alla deformazione come il rapporto padre - figlio: autoritarismo, paternalismo, ribellione, rifiuto, incomunicabilità.
Non bisogna generalizzare. Esistono casi di rapporti bellissimi tra padre e figlio e io stesso ne ho conosciuto diversi. Sappiamo però che esistono anche, e più numerosi, casi negativi di rapporti difficili tra padri e figli. Nel profeta Isaia si legge questa esclamazione di Dio: "Ho allevato e fatto crescere dei figli, ma essi si sono ribellati contro di me" (Is 1, 2). Credo che molti padri oggigiorno sanno, per esperienza, cosa vogliono dire queste parole.
La sofferenza è reciproca; non è come nella parabola dove la colpa è tutta e solo del figlio... Ci sono padri la cui più profonda sofferenza nella vita è di essere rifiutati, o addirittura disprezzati dai figli. E ci sono figli la cui più profonda e inconfessata sofferenza è di sentirsi incompresi, non stimati, o addirittura rifiutati dal padre.
Ho insistito sul risvolto umano ed esistenziale della parabola del figliol prodigo. Ma non si tratta solo di questo, cioè di migliorare la qualità della vita in questo mondo. Rientra nello sforzo per una nuova evangelizzazione, l'iniziativa di una grande riconciliazione tra padri e figli e il bisogno di una guarigione profonda del loro rapporto. Si sa quanto il rapporto con il padre terreno può influenzare, positivamente o negativamente, il proprio rapporto con il Padre dei cieli e quindi la stessa vita cristiana. Quando nacque il precursore Giovanni Battista l'angelo disse che uno dei suoi compiti sarebbe stato di "ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i cuori dei figli verso i padri". Un compito oggi più che mai attuale.