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TESTO A partire dagli ultimi

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/09/2013)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Quando osservavo la gente in Bolivia contare con le dita della mano, all'inizio rimanevo perplesso e divertito. Sì, perché mentre noi contiamo dall'uno al cinque partendo dal pollice per arrivare al mignolo, laggiù contano nella maniera esattamente contraria, ossia partendo dal mignolo, il dito più piccolo, per arrivare al dito più grande. E credo che questo avvenga in diversi altri paesi del Sud del mondo. Del Sud del mondo, appunto. Quel Sud in cui chi è "primo" - perché numericamente più consistente e umanamente più significativo - non è "il più grande", ma esattamente il contrario, ovvero il più piccolo.

Forse - a me piace pensarlo così - anche Gesù contava a partire dal mignolo. E non perché fosse del Sud del mondo, ma perché era "piccolo", si era fatto piccolo, da grande che era. Non è nato piccolo, come molta gente in varie, troppe parti del mondo. Lui era nato grande, era grande per via della paternità da cui proveniva. Poi, in un lento processo di annullamento (di "kenosis", come viene definita in teologia, lo "svuotamento"), ha imparato a mettersi dalla parte degli ultimi e a farsi, appunto, ultimo e piccolo. Lo ha imparato pure lui, in tanti modi: anche partecipando - quando era invitato - a qualche banchetto in suo onore, offertogli certamente non da ultimi e poveri, ma da gente potente che bramava ascoltare il Maestro, fondamentalmente per metterlo alla prova, per "osservarlo", come dice il brano di Vangelo di oggi.

Ed egli non si fa attendere, e risponde allo sguardo di osservazione con uno sguardo di uguale intensità e attenzione: anch'egli osserva, osserva e nota come molti di essi scelgano i primi posti ai banchetti. Forse anche osservando i farisei, che tutto facevano meno che annullarsi e svuotarsi, Gesù apprende ad annullarsi e a farsi ultimo e povero, terminando questo suo cammino solo tre giorni prima di risorgere, sulla croce. E allora, è un gioco facile per l'evangelista mettere in bocca a Gesù, sulla scorta del suo "spogliare se stesso fino alla morte di croce", le espressioni della strana parabola di quest'oggi. Strana, perché non è la narrazione di un evento o di una storia di vita quotidiana: è il discorso rivolto in prima persona a coloro che erano suoi commensali, quasi a dire loro "Avete sbagliato a sedervi dove siete seduti, perché facendo così dimostrate ben poca umanità".

Che cosa c'entra l'essere "umani" con i primi posti ai banchetti? C'entra, eccome! Mettersi ai primi posti non è certo una lezione di umiltà: significa considerarsi i primi, i migliori, quelli degni di posti d'onore a fianco del padrone di casa. Certo, qualcuno che si sieda ai primi posti ci vuole: ma stai tranquillo che non sei tu - pare dirci il Signore - e comunque anche se sei tu, è scaltro e intelligente non farlo, per evitare di essere sbattuti indietro a causa di un commensale più importante di te. La chiave per essere umani, però, non sta in questo spostamento, magari fatto intenzionalmente per essere poi chiamati con orgoglio ad andare più avanti: la nostra umiltà sarebbe pelosa, la nostra intenzionalità diabolica.

Si è umani quando si rimane a contatto con la terra, con l "humus" da cui siamo provenuti e da cui ancora proviene ogni uomo. E come vi proviene, così vi ritorna. Qui serve però qualcosa che sappia di terra, che non ci faccia mai perdere il gusto delle cose "di lassù". Ecco la virtù dell'umiltà (stessa radice, guarda un po', di "humus" e di "umano"): chi si umilia sarà "esaltato", favoloso verbo ebraico e greco che indica la risurrezione. Perché non c'è morte eterna per chi è umile e sa di terra: è destinato a risorgere. Non così chi fa di tutto per assicurarsi una vita lunga, quasi eterna, senza difficoltà, grazie a potenti amicizie che condividano con lui i lussi di una vita mondana e gli agi di un'umanità storpiata ma che non si rende conto di esserlo.

Questi non risorgerà, perché continuerà a contare quante persone sono presenti al suo banchetto. E le conterà a partire dal pollice, dal più grande, fino agli insignificanti personaggi che possono anche - se vogliono - assistere al banchetto da fuori, tant'è, rimanendo fuori i giochi sono fatti.

Ma il Maestro ci stupisce di nuovo ed inizia a contare dal dito più piccolo, e allora al suo banchetto invita questi insignificanti rimasti fuori: poveri, storpi, zoppi, ciechi...quattro gruppi di persone.

Ne manca uno, per completare il conteggio con le dita di una mano...il quinto sei tu! Ma...su quale dito della mano ti trovi?

Se hai riempito la sala di gente che non ha nulla da darti in cambio, allora, in questo caso, va bene pure il pollice: al resto del banchetto, ci pensa lui.

 

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