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TESTO La condizione previa

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/10/2004)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Nell'accostarci alle letture odierne verrebbe la tentazione di fare immediato riferimento alla preghiera, ma da parte nostra si ritiene che l'argomento di cui esse trattano abbia una portata molto più profonda e che occorra non trascurare una premessa importante.

Per comprendere quanto stiamo affermando, cominciamo a dare uno sguardo alla prima lettura, che narra di una battaglia fra Israeliti ed Amaleciti con quello spettacolare gesto da parte di Mosè: osservando quell'episodio, si evince tutti in modo concorde che non è affatto dal sollevarsi delle mani del patriarca che dipende la vittoria del popolo eletto di Dio, ma piuttosto dalla sua disposizione a confidare nel Signore e nella Sua potenza. Sollevare le braccia indica infatti un riferimento simbolico al trascendente ed è appunto per volere e con l'assistenza da parte di Dio che è possibile a conseguirsi qualsiasi vittoria militare o di qualsiasi altro genere. La scrittura, sempre nell'Antico Testamento, espone dei veri e propri casi di vittoria di "mille uomini contro diecimila" e sempre in riferimento alla conquista della terra di Canaan si afferma altrove che "non è dal numero degli uomini che dipende la vittoria, ma dalla forza sbaragliatrice del Signore, quest'ultimo più volte qualificato come il Dio degli eserciti. Il "pregare incessantemente" di cui parla Gesù corrisponde pertanto in primo luogo all'affidamento assoluto alla divina volontà; vuol dire insomma avere Dio come unica certezza e a Lui affidarsi con spirito di spontanea e filiale confidenza (fiducia) in tutte le circostanze, specialmente nelle situazioni avverse.

Insistiamo con questa sottolineatura ricordando la pedagogia di San Pietro (1 Lettera): "Dio, nel fare giustizia, non ha quella lentezza che siamo soliti attribuirgli" ma interviene certamente a favore dell'uomo che gli è fedele. La sola condizione perché noi si comprenda tale verità è il fatto che a Lui appartengono tempi e modalità differenti dai nostri e il Suo agire è ben differente da quello preteso dai nostri schemi; tuttavia Egli non dimentica mai le costanti attese dell'uomo. "Solo in Dio riposa l'anima mia" osserva la Scrittura e non vi preghiera degna di questo nome che non sia preceduta da una fede viva consistente nello spontaneo affidarsi a Lui.

Come sarebbe concepibile infatti da parte nostra la preghiera se non vi fosse in noi la previa convinzione della necessità di confidare solo nel Signore e di prescindere dalle soluzioni e dai riferimenti puramente umani e terreni? Come poter pregare Dio quando non si ha la fede radicata nella sua Parola o nella sua presenza? A meno che non ci si rivolga a Lui solo nel momento del bisogno, con il solo scopo di ottenere le grazie che corrispondano ai nostri comodi; ma in questo caso non si avrebbe fede in un Dio personale, ma in un'entità idolatrica.

Dio non è indifferente alle nostre orazioni e approva che lo si preghi, così come insegna Gesù: infatti, se un giudice perverso e ottuso ha finalmente ascoltato ed esaudito una povera vedova (le vedove erano donne dalla miseranda condizione sociale!!!), come potrebbe il Padre misericordioso non mostrare premura nei confronti di chi a Lui si rivolge? E la nostra preghiera otterrà sempre una risposta. Anche quando non veniamo esauditi nei nostri desideri o quando ci colga l'impressione di essere stati abbandonati da Dio, Questi in realtà è quanto più vicino a noi e nello Spirito Santo un determinato messaggio ce lo suggerisce sempre. Basta restare in ascolto.

Ricordo di aver attraversato anche di recente parecchi periodi di crisi e di smarrimento interiore in relazione alla vita religiosa e all'Ordine a cui appartengo; tutte le volte che mi accostavo davanti al Santissimo o mi ponessi in attitudine in preghiera nelle varie circostanze della giornata, anche domando a Dio un Suo intervento o una via d'uscita per la soluzione dei problemi, avveniva che effettivamente non ottenevo quanto chiedevo, né i problemi trovavano soluzione tuttavia... riscontravo sempre alito, fiducia e sprone alla perseveranza, come se davvero "qualcuno" o "qualcosa" mi trattenesse dal prendere inopportune decisioni e mi istigasse a mirare avanti..... La preghiera serve sempre a qualcosa!!!

Ma quello che è maggiormente utile è tuttavia la fiducia in Dio e che sui abbia Lui come unico punto di riferimento. Ecco perché alfine Gesù si domanda: " Ma alla fine dei tempi, il Figlio dell'Uomo troverà ancora chi realmente SI AFFIDI A DIO?"; "Troverà chi è solito riporre la propria speranza nel Signore, per poi poterlo pregare ed essere sempre esaudito?"

Dalla strutturazione della domanda sembrerebbe che il maestro si attenda una risposta in negativo... Quindi nulla di strano se man mano che la storia procede vi saranno sempre meno persone disposte alla fede e alla speranza, visto che Lui lo aveva già previsto; tuttavia da parte nostra si rivendicherà sempre la necessità del primato del divino sull'umano e la costante evangelizzazione della Buona Novella, che conduce alla fede.

 

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