TESTO Vangelo Mt 22,15 - 22
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VIII domenica dopo Pentecoste (Anno C) (14/07/2013)
Vangelo: Mt 22,15-22
15Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». 22A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono.
Al tempo di Gesù la Palestina era diventata quasi da 100 anni una provincia dell'impero romano e si parlava spesso di una questione cruciale: "E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?".
Non tutti la pensavano allo stesso modo: sadducei ed erodiani, simpatizzavano per i Romani ed erano favorevoli a pagare le tasse. Al contrario degli zeloti, che addirittura predicavano la rivoluzione armata.
Infine i farisei, ostili ai Romani, facevano però buon viso a cattivo gioco e pagavano le tasse, per evitare il peggio.
Tutti pongono a Gesù il famoso interrogativo con l'evidente intenzione di farlo cadere in un tranello.
Infatti, se egli avesse detto sì, sarebbe stato bollato come un cattivo patriota.
Se avesse detto no, lo avrebbero denunciato alle autorità romane.
Era un dilemma dal quale sembrava non esserci scampo.
Ma non è così per Gesù il quale non si mette a fare una discussione astratta, ma chiede di mostrargli la moneta del tributo.
Gli presentano un denaro, moneta d'argento molto diffusa al tempo, che recava l'iscrizione: "Tiberio Cesare, figlio augusto del divino Augusto, pontefice massimo".
Per questo Gesù risponde: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare".
Ma questa è solo la prima parte della risposta; la seconda ("...rendete) a Dio quello che è di Dio") è quella che, "sorprende" gli interlocutori "A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono".
La frase, diventata famosissima (date a Cesare ecc.), effettivamente è una di quelle novità evangeliche che hanno fatto compiere un enorme passo avanti alla coscienza spirituale dell'umanità.
Per Gesù, riconoscere i doveri verso Dio non significa però negare i doveri verso lo Stato.
Il primo di questi doveri, per chi segue Gesù Cristo, è quello di essere noi per primi cittadini esemplari, primi a rispettare le leggi: da quelle minime, come rispettare l'ambiente, fare la raccolta differenziata, pagare sui mezzi pubblici, evitare gli schiamazzi notturni, non imbrattare i muri; fino alle leggi più grandi come pagare secondo giustizia chi lavora per te, non guidare in stato di ebbrezza, aver cura dei più deboli come i bambini e gli anziani, su su fino a "pagare le tasse" che non è solo dovere civico, ma (per stare all'argomento della controversia evangelica), anche morale e religioso.
Il secondo è di essere coscienza critica verso coloro che ci governano perché siano coerenti con il mandato ricevuto dalla gente che li ha eletti: quello di mettersi al servizio della comunità e non dei propri interessi;
Il più importante di questi doveri, eppure forse il meno praticato, è di pregare per coloro che ci governano. Lo abbiamo sentito anche nell'Epistola di oggi "...Raccomando prima di tutto. scrive Paolo a Timoteo, che si facciano preghiere per tutti quelli che stanno al potere, perché si possa tutti condurre una vita tranquilla e dignitosa"
Ora che siamo qui a Messa, possiamo da subito, questo dovere, metterlo in pratica.