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TESTO Prossimo o "farsi prossimo?"

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/07/2013)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Il Grande Comandamento, espressione di tutta la Legge di Dio, si trova nel libro del Deuteronomio 6, 5: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze." Un altro, che si lega a questo, viene descritto da Gesù come complementare: "e (amerai) il prossimo tuo come te stesso." Accanto a tutti gli altri moniti divini, esso doveva essere conosciuto, assimilato, seguito dagli Israeliti, che dovevano trasmetterlo ai loro figli di generazione in generazione, soprattutto entrando nella terra che Dio stava dando loro in dono. Si è molto commentato su questo testo breve, conciso e compendioso, soprattutto sulla necessità di dover coniugare l'amore al prossimo con l'amore verso Dio e verso se stessi. L'amore sincero e fondato risiede in questa triplice dimensione: Dio, me stesso, il prossimo, senza che di esse se ne escluda una sola. Scrive Eric Fromm: ""Se un individuo è capace di amare in modo produttivo, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare completamente"

Ad ogni buon conto, basta osservare il commento che Paolo fa di questo passo veterotestamentario, per comprenderne la profondità e la portata:

"Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto:Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore» (Rm 13,8-10). L'amore verso Dio, verso gli altri e verso se stessi è la pienezza di tutti i comandamenti, il compendio della legge di Dio! Amore se stessi non equivale a smentire l'amore verso gli altri, poiché in Dio ci aiuta a vedere un "altro" appunto in me stesso, nella mia povera persona che va amata e apprezzata. L'amore verso gli altri scaturisce dall'umiltà con cui so riconoscere me stesso come un bisognoso di amore, e che tale bisogno mi viene appagato solo da Dio, Amore infinito. La vita cristiana è una relazione amorosa che sarebbe incompleta se non avesse come oggetto me stesso, Dio, gli altri. Non per niente Sant'Agostino esclama: "Ama, e poi fai tutto quello che vuoi."

Gesù, pur esaltando questa grande pedagogia, tuttavia procede molto oltre, in forza del suo essere Figlio di Dio che per amore si concede sulla croce all'umanità. Egli infatti esclama: ""Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati" (Gv 15, 12), invitando i suoi discepoli a restare nel suo amore osservando i suoi comandamenti per recare molto frutto perenne (vv. 10 - 16). Secondo parecchi esegeti quest'ultima espressione gesuana supera la predetta impostazione del Deuteronomio che a sua volta non avrebbe più valore. Sono convinto in realtà che Gesù non fa altro che completare e rivalutare, a suo modo, l'espressione di Dt 6, 5: Gesù semplicemente vi da l'avallo proponendo se stesso, Dio fatto uomo, quale modello di perfezione d'amore voluto dal Padre. Solo Gesù può infatti fornirci la pratica dell'amore triplice verso Dio, verso se stessi e verso il prossimo, soprattutto perché egli stesso ha amato fino alla fine sottolineando che l'amore è da Dio. Nella sua morte di croce, Cristo ha esplicitato la predetta legge dell'amore portandola a compimento, qualificandola davvero come la pienezza di tutti i comandamenti.

E' la croce il supremo elemento di auto donazione che esplicita l'amore verso Dio, ma intanto Gesù riafferma la necessità di questo amore "che non fa mai male a nessuno" attraverso un rinnovato concetto di "prossimo." Esso riguarda non più una determinata categoria di persone, come avveniva nell'Antico Testamento, ma sottende un comportamento, una normativa etica e uno stile di vita. Nell'ambiente giudaico "prossimo" oggetto esclusivo di amore e di attenzione era il connazionale, il vicino, l'amico (Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico); in Gesù invece il concetto non corrisponde più all'elencazione di categorie sociali: chiunque può "farsi prossimo", cioè donarsi agli altri indistintamente senza ritrosie o pregiudizi. Non si tratta quindi di capire chi è il prossimo, ma come "farsi prossimo", cioè come estendere l'amore. Il che è presto delineato dalla famosissima parabola che oggi ci sta intrattenendo: a differenza di un levita e di un sacerdote (addetti alla cura del tempio e del culto del Dio altissimo), un passante Samaritano prova compassione e amore nei confronti di questo sventurato che sanguina riverso sulla strada dopo l'incontro con i malviventi. Non considera le possibili reazioni di pregiudizio della gente del posto, ostile alla terra di Samaria, ritenuta impura e repellente; non considera neppure che egli stesso, secondo formazione ricevuta, dovrebbe addirittura lasciar morire per la strada il malcapitato in preda alle ferite e ai dolori. Nella concezione culturale di cui fa'parte, sarebbe stato legittimo usare riluttanza e indifferenza di fronte ad un Galileo sofferente. E invece "si rende prossimo" di questo pover' uomo ferito provvedendo a tutti i particolari per un soccorso efficace e congeniale: si china su di lui, lo cura, lo assiste, lo conduce in albergo disposto perfino ad indebitarsi con il locandiere pur di ottenere adeguata ospitalità per il meschino malcapitato. Così è l'ideale dell'amore cristiano: la carità non deve precludersi a nessuno e nell'amore devono assolutamente scomparire eventuali inimicizie o discordie e il concetto di "nemico" dovrebbe anche uscire dal nostro vocabolario. E' peraltro la stessa carità con cui Dio ama di cuore ciascuno di noi, con la quale vorremmo essere amati noi stessi e in forza della quale si esterna la nostra fede nel Dio vivente.

Nel concetto di "prossimo" voluto da Gesù, anche le distanze chilometriche sono ravvicinate e scompaiono le disuguaglianze, perché Gesù non spiega ad alcuno chi è il "prossimo" ma invita concretamente tutti a farsi "prossimi di chiunque". Chi ama diventa oggetto di amore e questo impone che chi si rende prossimo trovi gli altri sempre più vicini a sé, cosicché l'amore è il distintivo del cristiano, non senza queste preliminari condizioni di radicalità.

Le barriere razziali e i pregiudizi covati gli uni contro gli altri sono purtroppo all'ordine del giorno anche nella nostra epoca, che non ha superato la distanza aristocratica propria del giudaismo e dell'Antico Testamento o della discriminazione borghese, che spesso è alla base dei mali e dei conflitti. Il pregiudizio e il falso orgoglio precludono che ci "facciamo prossimi" degli altri e destano il clima del sospetto e dell'indifferenza. Eppure, un Dio che si è "approssimato" a noi uomini fino ad incarnarsi lui stesso facendosi povero con i poveri dovrebbe averci sensibilizzato a superare simili pregiudiziali distanze. Dovremmo piuttosto mettere in pratica il suo monito perentorio: "Va anche tu e fai lo stesso"; il che equivale a dire: "Fatti prossimo degli altri e di te stesso."

 

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