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TESTO Commento su Primo Re 3,5-15; Prima Corinzi 3, 18-23; Luca 18, 24b-30.

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

X domenica dopo Pentecoste (Anno C) (28/07/2013)

Vangelo: 1Re 3,5-15; 1Cor 3, 18-23; Lc 18, 24b-30. Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,24b-30

24Quando Gesù lo vide così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio. 25È più facile infatti per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!». 26Quelli che ascoltavano dissero: «E chi può essere salvato?». 27Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».

28Pietro allora disse: «Noi abbiamo lasciato i nostri beni e ti abbiamo seguito». 29Ed egli rispose: «In verità io vi dico, non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, 30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».

1 Re 3,5-15
Dopo Davide sale al trono Salomone, non certo pacificamente poiché nella stessa famiglia di Davide sono sorti drammi e congiure. Già in questa esperienza, terribile e non facile nel districarsi delle successioni tra fratellastri, figli tutti di Davide ma di diverse madri, emergono per Salomone i pericoli di un governo violento e di una giustizia lacerata. In più Salomone si sente incerto, nel governare un popolo molto numeroso, anche per la sua giovane età.
Salomone chiede aiuto a Dio perché gli dia una saggezza capace di governare con giustizia. In lui sorge la consapevolezza del ruolo del re: rappresentare Dio nel fare giustizia al suo popolo.
Il racconto del sogno che avviene nell'occasione di una preghiera e il rito di insediamento a Gabaon, una "altura", una delle tante, ereditate dalle tradizioni cananee. Si ritiene che sulle alture Dio abiti, e si utilizzano quelle tradizionali del posto, non essendo ancora costruito il tempio di Gerusalemme sull'altura del monte Sion. Quando sarà costruito, diventerà la dimora stabile del Dio di Israele, e saranno eliminate le altre.
"Chiedimi ciò che vuoi". Nel sogno, un modo utilizzato spesso per l'incontro e la comunicazione con Dio, Salomone dialoga con il Signore e chiede: "Dammi un cuore docile ( cioè un cuore capace di ascoltare)". Per la Bibbia il cuore non è tanto la sede dell'amore e dei sentimenti come suggerisce la nostra cultura occidentale, ma la sede del pensiero, della conoscenza e della volontà, il centro delle energie dell'uomo che lo spingono a decidere e ad agire.
Ciò che il re chiede è la capacità di compiere con sapienza il proprio compito nel reggere il popolo. "O Signore, fa' che sappia governare con giustizia, facendo emergere visibilmente, la tua stessa giustizia per il bene di un popolo che tu ami". E Dio si compiace di questa scelta poiché Salomone ha messo al primo posto il suo compito sociale e politico e non gl'interessi e i desideri personali di potenza e di potere. Ma, in tal modo, il Signore darà tutto il resto, non chiesto, in sovrappiù. E per mostrare la ricchezza dei doni, questo "I Libro dei Re" riporta altri brani interessanti di giustizia e di grandezza per descrivere la sapienza e la grandezza di Salomone (3,16-28; 5,9-14; 10,1-10 e la famosa visita della regina di Saba).
Anche per noi si pone un interrogativo parallelo su ciò che chiediamo a Dio, fondamentalmente nella preghiera. Chiediamo di saper svolgere bene il nostro compito? Chiediamo di sviluppare con responsabilità la nostra vocazione? Chiediamo di saper vedere i bisogni delle persone per soccorrerle con intelligenza e creatività? Chiediamo di saper lavorare con sapienza?
1 Corinzi 3, 18-23.
Paolo ripensa al suo metodo di predicazione e allo stile che ha sviluppato nelle sue comunità, in particolare, in questo caso, nella comunità di Corinto e sta ripensando ai risultati, a distanza di qualche anno, sulla scorta di notizie che gli sono riportate da questa comunità.

"Vi ho dato da bere latte poiché, all'inizio, vi ho trattati come neonati del Signore, preoccupato di aiutarvi a crescere, ma voi avete continuato a vivere come esseri carnali, non "come uomini spirituali" (3,1-2).
Anche ora "siete ancora carnali. Dal momento che vi sono tra voi invidia e discordia, non siete forse carnali e non vi comportate in maniera umana?" (3,3). Il significato del giudizio è drammatico. Lo cogliamo meglio se leggiamo un brano di Paolo nella lettera ai Galati dove riporta un lunghissimo elenco di "opere della carne": "Sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio" (Gal 5,19-21):
Come ci si comporta per non essere carnali?
Esistono particolari criteri della fede cristiana e Paolo li sintetizza ancora una volta: sono i criteri di una sapienza diversa rispetto alla sapienza del mondo a cui ci siamo abituati. E' la sapienza di Gesù, quella della stoltezza della croce che sola ci porta ad unirci a Cristo.
Non si è carnali quando non si pretende di voler vincere sull'altro a tutti i costi, quando non si spera di schiacciare gli altri. Non si è carnali quando si smettono le divisioni, i contrasti, le pretese che ci danno l'illusione del potere, della comprensione migliore, di più brillanti successi.
Certo Paolo non combatte la ragione umana. Ma bisogna stare attenti che la ragione non pretenda di erigersi a principio unico della vera salvezza. Gesù ci dice che di fronte alla salvezza l'uomo è veramente impotente.
Si riprendono allora i termini che hanno dato spunto a questa prima lettera ai Corinzi (1,12): «Ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "Io invece di Cefa"». È esattamente il contrario. Gli apostoli sono a servizio dei cristiani e tutte le realtà sono messaggi della volontà di Dio e segno del suo amore. Dice Paolo: "Voi non appartenete a quegli uomini; sono loro ad essere vostri servi. Essi non sono condottieri per costruire roccaforti e fare guerra tra voi. Essi sono al vostro servizio, come tutta la creazione". Tutto deve essere strumento per arrivare a Cristo e glorificare Dio, comunione di amore, sostenendovi l'un l'altro. Voi, a vostra volta, diventate di Cristo, come Cristo è di Dio Padre".
Viene sviluppata qui, in breve, una interessante rilettura pastorale della Chiesa: tutti figli di Dio, fratelli e sorelle di Gesù, tutti chiamati alla santità di Gesù, tutti operosi come adulti che costruiscono un popolo e lo rafforzano, tutti responsabili nella Chiesa. E quelli che debbono governarla sono particolarmente a servizio. Ce lo sta ripetendo Papa Francesco, orientandoci verso una Chiesa che apre le porte al mondo, impegnata a servire.
Luca 18, 24b-30.
Gesù è un maestro affermato, riconosciuto sapiente e generoso. Perciò spesso, come capita, viene fermato per la strada con le domande più diverse. E se Gesù è un rabbi, come tutti lo riconoscono, deve poter dire le risposte della sapienza. Qui un notabile, rivolgendosi a Gesù come a "un maestro buono", chiede: "Che cosa fare per ottenere la vita eterna?" (18.18). La risposta è articolata. Gesù mostra grande comprensione e simpatia verso questo interlocutore poiché lo trova onesto e generoso. Gesù suggerisce di rispettare i comandamenti (e in particolare quelli che hanno rapporto con il prossimo). Alla risposta: "Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza", Gesù suggerisce uno stile di libertà e di povertà nel seguirlo: "Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri... e seguimi".
Ma quello, udite queste parole, divenne assai triste perché era molto ricco" (18,21.23). Luca riferisce: "Vendi tutto".
Il seguito dei fatti, per sé, non fa problema: per i discepoli, che uno se ne vada poiché le esigenze risultano troppo cariche di fatica, dispiace, ma è una loro esperienza quotidiana ed una conferma delle loro scelte.
Lo sconcerto viene subito dopo, in seguito alle affermazioni di Gesù sulle ricchezze: "È più facile, infatti, per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio!" (25).
Finora una posizione così radicale contro la ricchezza non si è posta. Non è da escludere che, a conclusione della sequela di Gesù, non potessero desiderare benessere e addirittura ricchezza. "La ricchezza è segno di benedizione di Dio, la ricchezza è un dono che Dio dà ai giusti". E' nelle richieste della attese della madre dei figli di Zebedeo per i figli (Mt 20,20) "Questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno».
o dei fratelli stessi (Mc10,35), o nella insistente e onnipresente speranza del Messia vittorioso, che hanno tutti, ma anche loro, non si può pensare che non ci siano desideri di grandi ricchezze compensatorie.
L'interrogativo resta sui ricchi: non è possibile che non entrino nel Regno. Ma Regno di Dio non è prima di tutto il Paradiso, ma la presenza di Gesù tra noi che costituisce il nuovo tempo e il nuovo mondo.
Regno di Dio è entrare nella logica, nei valori, nelle scelte, nella sequela di Gesù. Ovviamente entrare nel Regno di Dio apre gli orizzonti della condivisione degli ultimi tempi e quindi del Paradiso. Tuttavia non si può tradurre questo brano come l'esclusione del ricco dal Paradiso. Si può dire che per il ricco è più difficile, e Gesù garantisce, ma non è impossibile. Ma deve sempre filtrare la sua vita nella misericordia e nella povertà di Gesù. Come? Resta un mistero che solo il Signore conosce e che noi scopriremo quando entreremo nel mondo di Dio. Gesù non si è mai sbilanciato a fare statistiche su chi si salva o chi no.
E tuttavia gli apostoli sanno quanto è difficile entrare nel mondo e nei criteri di vita di Gesù. E tuttavia non capiscono, spesso, ma si fidano di Gesù. Non è impossibile se il Signore interviene.
La riflessione sulla ricchezza filtra molto lentamente. Gesù educa perché i discepoli capiscano che è fondamentalmente una grande difficoltà, e molte parabole del Vangelo, in particolare di Luca, lo richiamano: il ricco stolto (12,16-21), l'amministratore abile (16,1-8), Lazzaro e il ricco epulone (16,19-31). E non va dimenticato il richiamo di Gesù: "Nessuno può servire due padroni... non potete servire a Dio e al danaro (mammona)" (16,13").
Il ricco, infatti, rischia di contare solo su se stesso piuttosto che riconoscersi incapace davanti a Dio come il pubblicano della parabola (18,13) o come i bambini (18,17) che sono ricordati proprio in questo capitolo.
Negli Atti degli apostoli (2,44-45; 4,32-37) Luca insisterà sulla rinuncia alla proprietà come caratteristica della Chiesa delle origini, anche se tutto il testo mostra che è più un orizzonte verso cui camminare che non una concretezza che viene sviluppata in ogni momento da questa comunità che sta maturando nella Parola del Signore
Il tema della ricchezza, per la Chiesa si pone spesso come un grave problema di non esemplarità e grave obiezione. Va affrontato sempre più per le scelte che si fanno e per gli squilibri e gli equivoci che sorgono. Spesso stiamo subendo tradizioni e costumi d'altri tempi che ripropongono l'apparato della Chiesa e l'immagine del Vaticano sull'orizzonte delle antiche corti medioevali.
Papa Francesco è una grande speranza: gli riconosciamo libertà e coerenza. Gli chiediamo di aiutarci e preghiamo lo Spirito per lui. La Chiesa non è più santa se si veste di abiti sontuosi, ma se pone scelte e condivisioni con i più deboli. Ma tutti noi, nella Chiesa, dobbiamo pur cambiare mentalità.

 

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