TESTO Commento su Primo Re 19,16.19-21; Salmo 15; Galati 5,1.13-18; Luca 9,51-62
mons. Vincenzo Paglia Diocesi di Terni
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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/06/2013)
Vangelo: 1Re 19,16.19-21; Sal 15; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62
51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.
57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».
Introduzione
C'è qualcosa di radicale nella vocazione a seguire Gesù (è una caratteristica di ogni cristiano autentico) che ci sconvolge. Si potrebbe essere tentati di invocare una particolarità di modo di pensare, perfino di linguaggio, per addolcire o stemperare gli argomenti del Vangelo. Eppure abbiamo ogni interesse a prendere il Vangelo per ciò che è, ed approfittare della sua freschezza, del suo vigore.
Seguire Cristo non è una cosa come un'altra, che si possa conciliare con esigenze parallele o contrarie. Chi intraprende questo cammino deve sapere fin dall'inizio che sarà il discepolo di un povero che non ha un luogo dove posare il capo, di un uomo che ha saputo non senza pericolo rompere certi legami, e che, una volta impegnatosi in una missione, non si è più guardato alle spalle.
Ci si abitua troppo facilmente a vedere i cristiani prendere e lasciare il messaggio evangelico; ora, questo disturba e deve disturbare il male che non cerca che di radicarsi in noi. Bisogna rinnovare il nostro impegno battesimale ricevendo per oggi le dure parole di Gesù, ed accettare coraggiosamente di essere dei discepoli che camminano sui suoi passi, sicuri di trovare, oltre il cammino pietroso, la felicità della vera vita.
Omelia
Perché è così difficile annunciare il cristianesimo? Ma l'annuncio comporta la previa accoglienza del messaggio e della persona del Cristo. Ed allora: perché è cosi difficile accogliere il cristianesimo? Interrogativo che ha tenuto desto il pensiero? e continuerà in avvenire? la ricerca di persone e popoli. Nel Vangelo di Luca in questa prima domenica di luglio e tredicesima del tempo ordinario vengono proposte alcune piste di riflessione, sia per la vita cristiana del credente sia per la vita della comunità più ampia. Questo linguaggio dell'evangelista aiuta a sfrondare la via cristiana da facili irenismi e, nel contempo, a ripulire di soggettivismo e autoreferenzialità molta della prassi pastorale e della pastorale vocazionale in particolare.
L'intero quadro biblico si svolge sulla strada, per via, procedendo da un luogo ad un altro. È proprio una delle caratteristiche di Luca quella di porre Gesù in un atteggiamento di pellegrino, viandante che non percorre la via come mezzo per arrivare, ma quale stile esistenziale. E la strada non sempre è tracciabile ma è già tracciata, oppure, indicata quale possibile tra diverse alternative. È proprio questo termine che evoca e segna tanto dell'agire pastorale. All'inizio, per esempio, di questo periodo estivo sono molte le iniziative a favore di bambini, adolescenti e giovani mediante campi-scuola, grest, settimane di spiritualità e quant'altro. Certamente queste proposte si pongono, per il giovane, come alternative tra tante altre esperienze che gli si pongono innanzi, identificabili nel lavoro, esperienza all'estero come stage, nulla facente per due mesi. Rimanendo vera la forza e valenza del "Se vuoi" è altrettanto vero che, specie ai giovani, va chiesto e non solo proposto, di prendersi a quattro mani la propria vita e capirne che farne e verso chi dirigerla.
Nel presente clima culturale e sociale la ricchezza di alternative è buona se si aiuta a soppesarne la profondità e la superficialità di ciascuna di esse. Non è raro sentire pronunciare l'espressione "Che male c'è" o "In fin dei conti è uguale" in bocca di giovani e adulti. Come a dire: se non fa male, fa bene. Provare non nuoce e ti apre al senso della sfida e del rischio. Ma tale modalità di pensiero porta la persona a non comprendere più che cosa è bene e cosa è male, giusto è sbagliato, buono e cattivo. A tale proposito il parlare deciso e sferzante di Gesù verso chi gli diceva di seguirlo lascia intendere che nel fare una scelta si deve guardare sia le conseguenze che le responsabilità.
C'è una tendenza ad adagiarsi sul già scelto "ora" senza avere la sana tensione di dover rispondere "domani". In quel "non ha dove posare il capo" Gesù indica a quel tale (ognuno di noi) che l'essere suoi apostoli implica uno spogliarsi di schemi personali ed aprirsi invece alla libertà di cuore, mente e spirito. "Dovunque tu vada": spesso non ci si rende nemmeno conto di ciò che diciamo al Signore nella preghiera, non calibrando le parole con la capacità di portarle alla meta. Sono poi le "cose di casa" e di tutti i giorni a tenere ben stretta la persona alle proprie certezze. In quel padre da seppellire e nel congedo da quelli di casa Gesù non pone un out-out come se volesse mostrare la sua insensibilità. Tutt'altro: vi è un forte invito a rendere più maturo e qualificato il grado di discernimento e donazione. Non si può entrare, per esempio, in seminario solo perché si ha la fede e la buona volontà. Se non c'è quel "seguimi" detto da Gesù che va a sbloccare ogni paura e timore sarà difficile un qualsiasi cammino di consacrazione, compreso una donazione tra uomo e donna.
Accogliere il cristianesimo significa accogliere Cristo e non l'idea che si ha di lui. L'aratro di cui parla Gesù è un attrezzo agricolo che non si limita a tagliare il terreno ma ne rovescia la zolla, portando alla luce ciò che prima era nascosto. Mettere mano all'aratro in campo pastorale richiede la costante verifica di chi vi sia a trainare l'aratro e, soprattutto, verso chi e cosa si guardi avanti. Volgersi indietro quasi a rifuggire dalla novità che Cristo sta per compiere rallenta il passo verso l'ingresso a Gerusalemme.