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TESTO Il mantello e l'arte dell'incontro

padre Gian Franco Scarpitta  

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (30/06/2013)

Vangelo: Lc 9,51-62 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,51-62

51Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme 52e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. 53Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. 54Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». 55Si voltò e li rimproverò. 56E si misero in cammino verso un altro villaggio.

57Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». 58E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». 59A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». 60Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». 61Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». 62Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Doveva essere davvero benestante Eliseo, visto che stava arando un terreno guidando dodici paia di buoi. E tuttavia non tiene conto di quanto sta abbandonando nel momento in cui Elia lo elegge come suo successore a profeta. Osserviamo la scena che descrive la scelta vocazionale di questo giovane fanciullo aratore: Elia, uomo che parla a nome di Dio e per suo mandato, gli si avvicina e gli getta il mantello. Un gesto che si ripete anche nella triste circostanza della lapidazione di Stefano, quando gli aguzzini lanciano il mantello ai piedi del giovane Saulo, che il compianto Cardinale Martini descrive in modo seguente: "Il mantello è simbolo della persona e, in qualche modo, anche dei suoi diritti. Gettare il mantello su qualcuno costituisce un segno di acquisto, di desiderio di alleanza" Lanciare il mantello significa quindi condividere la propria persona con quella di un nostro interlocutore, in modo da acquisirla per intero e realizzare con essa lo stesso destino, la stessa missione. Significa suggellare la vita che è nostra fondendola con quella di un altro, condividendone in tutte le esperienze, le prove, le passioni. Di conseguenza, Elia "conquista" la persona di Eliseo per renderla partecipe in tutto di sé e della sua missione. Ovviamente la missione di Elia è di provenienza divina, pertanto Eliseo concepisce che la sua vita dovrà essere modellata in tutto sulla volontà di Dio. Egli dovrà compiere esattamente quello che, per volontà del Signore, Elia ha realizzato finora.

Ecco Eliseo non esita a corrispondere alla chiamata. Si congeda solamente dai suoi con un banchetto d'addio, ma si pone immediatamente alla sequela di Dio che lo istruisce momentaneamente nella persona dello stesso Elia. Quando questi sarà rapito al cielo su un carro di fuoco, il giovane eletto assisterà a tutta la scena e vedrà poi il mantello (la vita, la persona di Elia) cadere giù dal carro per finire a pochi passi da lui.

Quando sii è scelti da Dio per un particolare progetto di vita, si dispone certamente della propria libertà di adesione o meno, ma prima ancora che nell'affidarci un compito o realizzare un progetto, Egli ci si propone in un misterioso rapporto di amore e di amicizia che misteriosamente avvolge e coinvolge... Insomma Dio ci ama e ci seduce; di conseguenza ci chiama. E anche i liti che per noi sono oscuri e impensabili diventano nitidi e possibili.

Ciò avveniva ad esempio agli esordi della mia vocazione al sacerdozio, quando, abbandonando un po' alla volta una vaga idea del giornalismo e delle lettere, un po' sul faceto un po' sul serio, cominciavo ad accarezzare l'idea del sacerdozio Diocesano. Non sapevo spiegarmi il perché di quel cambio di decisione, né mi domandavo se fossi idoneo o meno al sacerdozio secolare, semplicemente "sentivo" di dover intraprendere quell'itinerario abbandonando i propositi iniziali.

Con il trascorrere degli anni e la fine degli studi liceali, misteriosamente e senza che me ne dessi io stesso motivazione, per una serie di eventi e di decisioni personali, mi trovai sradicato dal seminario Diocesano per intraprendere la via del sacerdozio religioso. Non avevo mai considerato questa possibilità e mai l'avevo messa in cantiere. Eppure mi ci trovai quasi improvvisamente. Un po' alla volta ne rimasi affascinato, mi conquistò il carisma dei Minimi, lo assimilai e ne feci tesoro, risolvendo finalmente che non ero stato io a scegliere il mio destino, ma che il destino non esiste.

Qualcuno mi aveva misteriosamente avvinto della Propria Persona perché riteneva dovessi essere un sacerdote con qualche marcia in più, quella che mi avrebbe dato l'Ordine dei Minimi di cui sono membro tutt'ora con il ruolo di Superiore.

Diceva De Moraes " La vita, amico, è l'arte dell'incontro". La nostra vita, come quella di Elia, Eliseo, di altri profeti, degli apostoli e di tanti altri uomini illustri, non si contrassegna come vera arte senza l'Incontro con Colui che fa di noi un'opera d'arte.

Qualunque sia la ragione della nostra chiamata, Dio vi fa precedere la sua presenza misteriosa nell'incontro di intimità e di fiducia.

A realizzare questa relazione ravvicinata è Lui stesso, ponendo tutte le condizioni per una nostra adesione libera, consapevole e motivata ma non senza questo "mantello", cioè questo rapporto di fiduciosa condivisione della sua vita con la nostra.

C'è però una condizione perché la relazione di compagnia e di amicizia con Dio resti consolidata: la risposta alla chiamata, non importa di che natura essa sia. La vocazione è un rapporto di chiamata ma per ciò stesso è anche un atto di fiducia da parte del Signore, il quale vuole solamente una reazione da parte nostra: l'adesione. Accettare, una volta individuato, il progetto di Dio e portarlo a termine senza riserve e facendo ricorso esclusivamente ai suoi mezzi e al suo aiuto, significa coltivare la familiarità acquisita con il Signore, la quale a suo tempo darà risultati nella nostra vita e nella missione affidataci.

A tal proposito non ci resta che considerare un aspetto della scelta vocazionale operata da Gesù, quale ci viene raccontata oggi dall'evangelista Luca: prima ancora di dare disposizioni o indicazioni su ogni chiamata, è GESU' STESSO che adempie con decisione l'opera di redenzione affidatagli dal Padre. Ben conoscendo la nefasta sorte che dovrà subire a Gerusalemme per adempiere il disegno divino di salvezza, egli si muove con decisione e senza retorica, mosso dalla volontà di mantenere salda, nella missione, la sua relazione con il Padre. Gesù addirittura non elude neppure l'ulteriore ostacolo dell'ostilità dei Samaritani, che gli oppongono resistenza appunto perché diretto a Gerusalemme (la Samaria non ha buoni rapporti con la Giudea).

Gesù si mostra deciso e consapevole e di conseguenza ci invita alla determinazione della volontà nella nostra deliberazione per lui. Scegliere Gesù vuol dire quindi radicarsi nella sua parola, nel suo messaggio e accogliere la sua Persona di Messia e Figlio di Dio senza riserve, senza anteporre a lui neppure i nostri affetti familiari ("lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu vieni e seguimi") pronti a rinunciare anche alle nostre decisioni personali, ben consci di dover avere sempre il piede alzato.

E' caratteristica di chi segue il Signore muoversi con sicurezza e decisione una volta assunta piena convinzione di lui; non esitare ma spingersi in avanti con coraggio e determinazione, cogliendo tutte le opportunità al volo quando ci si presentano.

E anche la radicalità e la coerenza sono prerogativa di chi si pone alla sequela di Gesù. E' infatti noto che tante volte nelle nostre comunità cristiane si preferisce di Gesù solamente quello che più ci aggrada, ci è di comodo e non impone obbligo alcuno, respingendo con viltà quanto invece richiede impegno e sacrificio. Spesseggiano le circostanze nelle quali si trovano pretesti per fuggire le rinunce che la sola scelta di Gesù impone già nel battesimo. Si ricorre spesso alla preghiera solamente quando si si è oppressi da problemi e da imprevisti, ma quando si è immersi nel beneficio e nella prosperità addirittura si dubita perfino dell'esistenza di Dio.

Eppure Gesù, proprio in forza del suo amore che lo conduce alla via della croce, insiste sulla determinazione e sulla risolutezza della nostra scelta per lui, affinché ci si decida anche noi a sceglierlo in tutto e per tutto. Perché si realizzi costantemente l'arte dell'incontro.

 

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