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TESTO Buoni ma anche astuti!

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/09/2004)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Come già in altre circostanze simili, anche oggi la Liturgia ci è di sprone ad un'accurata riflessione sul denaro, il possesso e le ricchezze materiali; e ancora una volta ci viene ribadita la certezza che non va mai condannato né riprovato nulla di quanto in se stesso concerne il guadagno, la ricchezza o il possedimento, e che non sempre è legittimo biasimare quanti si dedicano alle attività affaristiche o comunque finalizzate all'accumulo di denaro.

Quello che infatti moralmente è da condannarsi non è la ricchezza in se stessa, quanto piuttosto tutto quello che può condurre ad cattivo impiego dei beni di consumo e in particolar modo la cupidigia, la lussuria e la spietatezza nel guadagno facile e incondizionato, tutte prerogative che inducono a farci considerare i beni materiali come un fine anziché come un mezzo. Il fatto invece che esistano persone facoltose e uomini di affari dediti alla finanza e al commercio o comunque intente alla gestione dei capitali costituisce di per sé una fortuna, in quanto in essi vi è la possibilità che vengano materialmente aiutati tanti bisognosi: non sono affatto rari infatti i casi in cui parecchie situazioni di disoccupazione e di indigenza si risolvono grazie a parecchi industriali che nelle loro occupazioni ed attività creano tante situazioni di impiego; e in linea generale chi possiede del denaro ha l'opportunità di fare del bene in misura maggiore e più spiccata rispetto agli atri, non senza ottenere i dovuti meriti e ricompense.

Nella liturgia di oggi notiamo come la ricchezza possa essere sfruttata sotto molteplici forme e come possa assumere ora una valenza in positivo, ora in negativo. Nella parabola evangelica, attraverso un certo ragionamento inerente l'amministrazione, Gesù insegna come effettiva e inevitabile la realtà di gente disonesta, intenta ad accumulare ricchezze attraverso truffe e raggiri ai danni del prossimo: il padrone del latifondo di cui si parla al vangelo loda l'amministratore disonesto non già per la sua cattiva condotta o per il modo reprobo di gestire gli affari, ma per la scaltrezza, la bravura e la furbizia che impiega nell'eseguire codesti imbrogli; e in tutto questo si riscontrano due esortazioni di fondo:1) occorre usare molta attenzione a non lasciarci ingannare, poiché la furbizia, guarda caso, è proprio una caratteristica degli intrigoni e dei disonesti: "I figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce". Purtroppo questo è vero e, anche a costo di uscire fuori dalla nostra trattazione, sottolineeremo che è sempre necessaria molta prudenza in tutte le circostanze anche da parte di noi cristiani: essere buoni, disponibili e generosi con tutti non equivale ad usare ingenuità e mancare di prudenza, piuttosto in tutte le circostanze occorre che siamo desti e pronti per non lasciarci "fregare" da chi vuol metterci nel sacco. Chi intende imbrogliarci è addestrato ad usare tutti i mezzi e i sotterfugi ed è nostra avvedutezza stare sempre in guardia. 2) Di conseguenza l'atteggiamento del cristiano sarà quello di essere "semplice come una colomba, ma astuto come un serpente", ossia furbo a sua volta, disinvolto.... In una parola "sveglio" per non lasciarsi sopraffare e allo stesso tempo per adoperarsi a favore degli altri: molte volte infatti anche lo stesso cristianesimo e la vita di amore al prossimo comporta che si eserciti una particolare scaltrezza e intelligenza orientata in senso onesto e positivo, poiché in certi casi non basta voler compiere il bene, ma anche saperlo compiere.

Ma se il Signore loda la furbizia di questo amministratore malvagio, ciò non vuol dire che approvi la sua disonestà: il suo modo di fare infatti non è giustificato; così come non è giustificata la disonestà e la cattiveria dei commercianti intenti a truccare le bilance o a manomettere il peso della merce per guadagnare più del dovuto, così come lamenta anche Amos nella Prima lettura. In essa si descrive una situazione perniciosa e immorale relativa all'VIII secolo a. C, nella quale si era soliti in campo commerciale fare ricorso a trucchi e raggiri a scopo di lucro e ivi ancora una volta la Parola di Dio garantisce la giustizia futura per i danneggiati e al contempo la definitiva condanna per i reprobi.

Più volte, salendo in autobus nelle grandi città, si nota quasi sempre l'assenza del controllore che accerti il possesso del titolo di viaggio (biglietto) da parte dei passeggeri; tuttavia mi è capitato di notare in parecchie vetture un avviso sarcastico affisso sui finestrini: "Chi è senza biglietto, prima o poi viene scoperto". Appunto: chi usa disonestà negli affari e abusa della buona fede del prossimo non si illuda; non solo Dio, ma anche la stessa ordinarietà della vita farà in modo che venga smascherato con conseguenze di giusta retribuzione...

Oggigiorno, speculazioni finanziarie di ogni genere, assurde speculazioni e intrallazzi sui capitali, situazioni di guadagno facile alle spalle dei più deboli e la continua sperperazione della ricchezza per cose vane costituiscono sempre, se non un atto di disonestà, certamente un oltraggio alla miseria e alle situazioni di indigenza per le quali molta gente muore letteralmente di fame; e simili condizioni non mancano di apportare fra l'altro estreme situazioni di conflitto. Ecco perché sperperi, abusi e illiceità sul denaro non possono non essere riprovate da Dio.

Piuttosto, aggiunge Gesù nella seconda parte della parabola, preoccupiamoci di cercare degli "amici" con la ricchezza MATERIALE (Si adopera il termine "disonesta" perché essa di fatto può essere perseguita con mezzi e procedimenti illeciti, ma non sempre è tale); il che vuol dire: con tutti i beni che abbiamo a disposizione, prodighiamoci ad aiutare il prossimo affrontando tutte le situazioni di misera, in modo tale che coloro ai quali noi avremo fatto del bene (amici) al momento del giudizio saranno per noi motivo di divina salvezza... In altre parole, non affanniamoci nell'accumulo di "mammona", ma utilizziamo quello che possediamo a scopo di carità, come già abbiamo detto in apertura, e il bene che avremo fatto ci guadagnerà la ricompensa di Dio.

 

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