PERFEZIONA LA RICERCA

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Siracide 18, 1-2. 4-9a. 10-13; Romani 8, 18-25; Matteo 6,25-33

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

don Raffaello Ciccone è uno dei tuoi autori preferiti di commenti al Vangelo?
Entrando in Qumran nella nuova modalità di accesso, potrai ritrovare più velocemente i suoi commenti e quelli degli altri tuoi autori preferiti!

II domenica dopo Pentecoste (Anno C) (02/06/2013)

Vangelo: Sir 18, 1-2. 4-9a. 10-13; Rm 8, 18-25; Mt 6,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 6,25-33

25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

Siracide 18, 1-2. 4-9a. 10-13
Abbiamo letto un bellissimo inno, che celebra la sapienza e la grandezza di Dio, e viene dopo l'invito alla conversione: "Ritorna al Signore e abbandona il peccato, prega davanti a lui e riduci gli ostacoli.
Volgiti all'Altissimo e allontanati dall'ingiustizia" (17,25-26). Il Signore è misericordioso e la grandezza di Dio si mette a confronto con la fragilità degli esseri umani. E poiché Dio è grande, egli è ancor più compassionevole e generoso.
In questa attenzione ad una umanità povera e tuttavia chiamata a conoscere il vero Signore, si svolge il richiamo della creazione. Ci troviamo così, tutti noi, davanti alla sua misericordia, capace di intrecciare l'universo e la nostra povera generosità che, a malapena, riesce a perdonare solo chi gli è più vicino.
Si risente l'influsso della cultura greca che l'autore conosce, ma ancor più della cultura ebraica che valorizza e ama, rivelatrice di rapporti impensabili tra i popoli pagani.
L'autore del libro: "Gesù, figlio di Sira", e quindi Siracide, è stato detto anche Ecclesiastico (dal "libro da leggere nell'assemblea") ha, probabilmente, scritto questo libro nei primi decenni del II sec. a.C., destinandolo agli Ebrei che sperimentano, nella loro terra, la dominazione della cultura greca dei Tolomei prima e dei Seleucidi dopo. Composto originariamente in lingua ebraica, il Siracide si è conservato completo soltanto nella versione greca. E quindi, proprio per la sua diffusione in lingua greca, non lo si è riconosciuto nella Bibbia ebraica. Perciò è detto "deuterocanonico", presente solo nell'elenco dei libri, riconosciuti ispirati, dei cattolici. Non è presente nell'elenco ebraico, né nell'elenco delle confessioni cristiane protestanti.
C'è la meraviglia di una presenza di popolo che il Signore ha scelto e che sa intravedere le opere di Dio che, però, non si possono né misurare né raccontare. E tuttavia, da questa penetrazione sapiente nasce l'interrogativo fondamentale della nostra intelligenza: chi siamo noi, a che cosa serve la nostra vita, quali sono i significati e la differenza tra bene e male? (v 7).
Il Siracide percepisce che tra il peccato dell'uomo e la bellezza e potenza di Dio sta la libertà umana che deve maturare nel discernimento: esso nasce dagli interrogativi fondamentali a cui non si può sfuggire.
Ci troviamo di fronte ad una grande lezione di dignità umana adulta: il mondo è bello, noi siamo fragili, Dio è misericordioso, ma noi siamo chiamati a capire, a interrogarci, a reggere, a cambiare, ad essere fedeli. Allora, mentre accettiamo di "aver misericordia per il nostro vicino", scopriremo e gioiremo che Dio è misericordioso "verso ogni vivente". Queste aperture universalistiche si ritrovano in testi recenti dell'AT: "E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?» (Giona 4,11).
"Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature" (Salmo 145,9).
E ancor più carico il testo di Sapienza: "Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l'avessi voluta?
Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all'esistenza? Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita" ( 11,25-26). E' il testo dell'invito alla comunione con il Signore nella bellezza del creato, nella pienezza dell'umanità in cammino e nella profondità della misericordia. Sono le linee della pace.
Romani 8, 18-25
Il cap.18 contrappone la legge dello Spirito e la legge del peccato e della carne. Coloro che sono in Cristo, sono uniti a Lui che ha offerto la sua vita e che quindi, con la sua morte, ha distrutto il nostro peccato e la nostra debolezza. Lo Spirito di Gesù ha strutturato in noi una rettitudine morale di fronte a Dio e ci ha offerto la vita di figli di Dio, costituendoci in una rettitudine morale la cui pienezza si raggiungerà con la risurrezione dei corpi. Così " Voi - dice Paolo rivolgendosi ai cristiani di Roma - non avete ricevuto uno Spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio" (vv. 15-16).
La fatica del vivere ed operare con fiducia nella linea che Gesù ci offre, ci sarà ricompensata in pienezza, anzi in sovrabbondanza. Non è paragonabile alla gloria futura.
Nel maturare questa attesa e questa presenza carica di speranza e di novità su cui Cristo ci garantisce con la sua vita, sentiamo che dalla nostra fedeltà dipende anche l'aspettativa del creato. Si parla di uno strano destino e di una misteriosa comunione tra noi e il creato attorno a noi. Per il male che portiamo nel cuore anche il creato è stato travolto e, come noi, aspettiamo la liberazione. Anche la realtà creata attende una sua liberazione che la riporti allo splendore della creazione, come è uscita dalle mani di Dio.
Il male, l'orgoglio, l'egoismo, la rapina, la furia omicida e distruttiva hanno condannato questa nostra terra a subirne le conseguenze e le lacerazioni si percepiscono via via: viene minacciata la fertilità della terra, la purezza dell'acqua, la sanità dell'aria. Si minacciano le colture, si inaridiscono le sorgenti, si avvelenano i mari, si desertificano le pianure e le foreste. Si moltiplicano i terremoti, le inondazioni, gli incendi boschivi, le stragi di animali. Si allontana sempre più quell'esclamazione che si ritrova alla fine della creazione dei sette giorni. "E Dio vide che era molto buono" (Gen1,31). E insieme manca il lavoro eppure ci sarebbe un gran bisogno di operosità per riportare ordine e sicurezza, per rendere stabili le montagne che non franino sulle case e sulle strade, per regolamentare i corsi d'acqua e rendere solide le abitazioni, evitando distruzioni e morti. Il Signore ci chiede il coraggio della non violenza, la forza della solidarietà, la misericordia verso chi sbaglia, il riconoscere dignità ai poveri offrendo loro un impegno che li renda, essi stessi, portatori di sostegno agli altri. Paolo invita a non disperare e a non interpretare il grido di dolore del creato come quello di un morente. È piuttosto simile a quello della partoriente che sta per dare alla luce una nuova vita.
Ma questo avviene se i credenti incoraggiano, non si abbattono, ma recuperano fiducia, energia, responsabilità per rendere la stessa creazione migliore, superando la fame, la sete, la miseria e ripulendola dagli inquinamenti già avvenuti o che potrebbero avvenire, perché rispettosi della bellezza che Dio ci ha offerto come dono a tutti.
E lo sguardo sul mondo diventi carico di speranza, capace di intravedere ancora la bellezza, fiduciosi.
Gioca, qui, un ruolo preziosissimo, l'impegno educativo che nasce dalla testimonianza, dalle motivazioni oneste e mature, dalle solidarietà allargate soprattutto a chi è a rischio di solitudine. La Parola di Dio porterà a compimento la nuova creazione, poiché insieme ci sentiamo coinvolti in progetti vivi e nuovi per tutti gli uomini che diventano nostri vicini di casa..
Matteo 6,25-33
Il brano, scelto oggi dalla liturgia, va letto iniziando dal versetto precedente: "Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza" (6,24).
Gesù infatti pone, prima di tutto, un riferimento sconcertante e drammatico. Ne va di mezzo il senso della vita poiché essa non si misura su l'avere o non avere un Dio come scelta e quindi tra religiosità o ateismo, ma si misura sulla scelta comunque di un Dio, la scelta tra il Dio d'Israele o l'idolatria di un altro Dio che è la ricchezza..
L'uomo non può vivere senza riferimenti o dipendenza: il verbo "servire" va tradotto con Gesù con i verbi: "amare, odiare, preferire, disprezzare". Bisogna scegliere chi servire (e nel significato religioso significa ubbidire, decidere totalmente, mettersi a disposizione).
Se il testo traduce il pensiero di Gesù in "non preoccupatevi", in realtà il significato è molto più pesante, Si dovrebbe dire "non affannatevi: (il verbo greco, nel brano, è ripetuto 6 volte e, a dire il vero, significa letteralmente "non andate in pezzi"), preceduto, come abbiamo visto, dalla riflessione sulla scelta tra Dio e la ricchezza. Nella lingua di Gesù il danaro viene chiamato "Mammona". E indica, fondamentalmente, ciò che si possiede, i beni. La cosa curiosa è la radice di questa parola, in ebraico, "aman" (come il nostro Amen); vuol dire "stare saldo, cercare appoggio". Perciò mi affido, mi appoggio, trovo garanzia nel possedere. Ma Gesù dice: "Facilmente ciò che possiedi si trasforma e passa, da mezzo che dà fiducia e sostegno, a potenza, unica realtà importante, un Dio a cui tutto rivolgi e a cui dedichi la tua vita".
Se il nostro Dio è il Padre di Gesù, allora tutti gli uomini e tutte le donne non mi sono estranee, ma mi sono fratelli e sorelle con cui condividere cammini, competenze, vita, possibilità e scoperte. Se il Dio da cui dipendo è la ricchezza e quindi i beni che possiedo e che accumulo nel mio affannarmi, allora gli altri diventano o servi da sfruttare perché mi garantiscano o ladri che mi derubano e che rifiuto e maledico.
La tentazione si fa esigente e angosciante. Mi trovo a servire un idolo che metto al livello di un unico Dio.
Gesù ci riporta ad una sanità mentale che invita alla fiducia. "Mi chiedete :Quali sono le prove?" "Guardate gli uccelli del cielo e guardate i gigli del campo".
Dio li ha creati con i loro istinti e nutre gli uccelli e riveste i fiori. Per l'uomo e la donna non si fa l'elogio della pigrizia, ma si richiamano la vocazione e le scelte di vita di ciascuno. Responsabilità di tutti, dell'uomo e della donna, è lavorare e sviluppare il mondo e metterlo a servizio della crescita di ciascuno. Non è un caso che vengano qui ricordati due tipi di lavori: quello degli uomini che coltivano e quello delle donne che filano la lana..
"Perciò, - dice Gesù - operando secondo intelligenza e vocazione, verificate le precedenze. "Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta". Cercare è vivere, rintracciando un senso ed un riferimento. Nella speranza è vivere, pur impegnati nella fatica, ma proiettati nella possibilità di una vita dignitosa, grande, offerta da Dio e aperta per tutti, nel coraggio di scoprire e costruire il progetto di Dio sul mondo e sull'umanità, impegnata nel rispetto di ciascuno (la giustizia) per costruire la pace. E sappiamo che la pace costa sacrifici, pur differenti, certo, da quelli della distruzione e della morte della guerra, ma pur impegnativi perché siamo costruttori di convivenza.
Pace è raggiungere ciò che serve al nostro vivere (è la condizione della maggior parte dei nostri lavoratori) e non la ricchezza: Un credente ebreo prega: "Tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza; ma fammi avere il cibo necessario, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: «Chi è il Signore?», oppure, ridotto all'indigenza, non rubi e profani il nome del mio Dio" (Proverbi 30, 8-9).
Teniamo questa sapienza come orizzonte di vita.

 

Ricerca avanzata  (54760 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: