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TESTO Questione di prevalenza

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (05/09/2004)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Nonostante sia comprensibile e legittimo il rammarico dei genitori che li vedono partire, per moltissimi giovani, specialmente al giorno d'oggi, è quanto mai necessario abbandonare la città di origine e la casa paterna ai fini di raggiungere il loro ideale di vita o comunque la loro realizzazione professionale. Per realizzare le proprie mete o per trovare adeguata sistemazione molte volte è ineluttabile che si debba prescindere dagli affetti, omettere i rimpianti e accommiatarsi da casa di fronte alla desolazione dei genitori; e tuttavia questo non comporta che da parte di questi ragazzi decisi a costruirsi l'avvenire vi sia indifferenza o ritrosia nei confronti di chi ha dato loro i natali: in questi casi non si mostra disinteresse o disprezzo verso i genitori, ma li si colloca un tantino in second'ordine rispetto a quello che ora è l'obiettivo maggiore dominante: il posto di lavoro, la nuova dimensione di vita e il futuro.

Il paragone -credo- calza a pennello con l'insegnamento della liturgia odierna la quale si premura di chiarire subito un equivoco: anche nella sola dimensione esistenziale, preferire Gesù a tutti gli affetti familiari, alle persone e alle altre situazioni, non corrisponde affatto alla necessità di recare odio o nutrire sentimenti di disprezzo e di indifferenza nei loro confronti. Semplicemente, si vuole collocare i medesimi affetti in secondo piano rispetto al Signore, essendo Questi l'unico a meritare la prevalenza su tutto. Lo stesso verbo "odiare", che già suscitava scandalo nell'essere adoperato ai tempi di Gesù, ha una valenza fondamentalmente atta a designare il "amare di meno", "preferire" .

Fatto sta comunque che, se è già necessario "preferire di meno" i propri familiari per potersi apriore il futuro professionale, tale esigenza è ancora più marcata per quanto riguarda Gesù: la scelta di Lui va fatta senza condizioni, rimpianti o ripensamenti di sorta; seguire Gresù presuppone quindi la radicalità categorica per la quale si è "convinti" di lui e disposti a mettere in gioco perfino la nostra vita.

Al giorno d'oggi nella nostra dimensione pastorale si riscontra quanto sia carente la cognizione di responsabilità a cui ci si sottopone nello scegliere Gesù: molte volte si approda ai Sacramenti (Battesimo, Comunione, Cresima) per la sola soddisfazione di una prassi tradizionale, e pur di ricevere un servizio religioso si è disposti a "sopportare le chiacchiere del prete" al solo scopo di organizzare la bella serata al ristorante, senza neppure aver mostrato interesse di comprendere il senso di questa festa. Non sono affatto pochi i casi di famiglie che, pur professandosi cattoliche, vivono il loro quotidiano da veri e propri miscredenti, senza preoccupazione alcuna per il sacro o il riferimento al religioso con disastrose conseguenze nella formazione di se stessi e dei figli, mentre la giustificazione per cui i "preti non danno l'esempio, ecc" – a volte anche fondata!- è tante volte un mero pretesto per legittimarsi a non frequentare i Sacramenti. Ma anche chi presume di possedere già una formazione spirituale e religiosa molto spesso tende ad interpretare Gesù Cristo secondo le proprie preferenze e a sottometterlo ai propri gusti, senza accogliere l'obiettività degli insegnamenti del Vangelo.

Vi è insomma una mancata comprensione di quello che effettivamente riguardi la vita di Gesù e di questo non è solo colpevole la secolarizzazione il consumismo dominante... Chissà... Forse vi è qualch carenza metodologica anche nella pastorale medesima, oppure non si è riusciti a trovare il sistema per "affascinare il popolo" e per conquistarlo a Gesù Cristo. O ancora, come sopra detto, si tende a percepire la vita cristiana alla stregua di una mera tradizione consuetudinaria senza voler valutare appieno il significato della scelta cristiana. Occorre pertanto riscoprire il senso reale del cristianesimo come "primato di Gesù su tutto", ma a partire da quali concezioni questo è possibile?

Beh, in primo luogo il vangelo stesso di oggi ci mostra una certa indicazione: "Calcolare la spesa prima di costruire la Torre". Forse nella nostra pastorale non si insiste mai abbastanza sul fatto che la scelta della vita cristiana è questione di coscienza e consapevolezza; e pertanto andrebbe tenuto conto delle intenzioni di preghiera di Salomone (I Lettura) che in linea analogica impongono una scelta deliberativa secondo sapienza e pertanto non dettata da istinti o velleità bensì illuminata, specialmente una volta appurato che il cristianesimo comporta una determinata dimensione che occuperà la vita per intero.

Quello che conta è che noi si sia convinti della necessità che la scelta di Gesù non sia frammentaria ma che lo si adotti quale punto di riferimento costante e determinate nella globalità per intero; ma poiché questo ( a nostro avviso) sembra essere il timore di fondo, vale la pena che ci soffermiamo a comprendere che la scelta radicale di Cristo non vuole afatto sminuire o togliere valore alla nostra umanità, come se Cristo privasse l'uomo della possibilità di essere se stesso e di realizzarsi: piuttosto, anche in ciascuna delle rinunce che Egli impone a noi cristiani, Egli intende colmare le nostre lacune sistenziali, indurci a treovare i sentieri della nostra realizzazione. In altre parole, se Gesù vuole essere collocato quale elemento primario nelle scelte, nelle decisioni e nella vita per intero, ciò non vuol dire non che Egli ti invita a smentire o deprezzare la realtà che ti circonda ma semplicemente che di questa realtà vuole partecipare Egli stesso, accompagnandoti sempre quale sostegno e punto di riferimento, perché nella stessa gestione dei tuoi affetti e dei tuoi interessi possa trovare realizzazione e raggiungere al meglio e in modo più conveniente i tuoi obiettivi. Scegliere Gesù quindi è difficile, sì, ma è anche molto fruttuoso quando di Lui si riscopre il carattere di positività.

 

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