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TESTO Sullo sfondo, la logica del servizio

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/08/2004)

Vangelo: Lc 14,1.7-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Il Signore, commensale invitato a pranzo come tanti altri, nota che parecchi invitati aspirano ad occupare i primi posti a tavola; ed evidentemente deve aver fatto dentro di sé la seguente riflessione: "Se costoro aspirano ai primi posti quando sono invitati a pranzo, indipendentemente dalla volontà del padrone di casa -Che dovrebbe decidere lui, dove farli sedere!- quale sarà il loro atteggiamento nella vita di relazione o in società? Certamente quello di aspirare alle collocazioni altolocate ed elitarie, quindi quello della superbia. Un determinato atteggiamento a tavola è infatti il riflesso di come ci si comporta generalmente nella vita e in questo caso tede a riscontrare in questi ignoti personaggi una malcelata tendenza all'insubordinazione e al predominio sugli altri: i primi posti.

La domenica precedente avevamo riflettuto su come, al momento dell'incontro con Dio al termine della nostra dimensione fisica o alla fine della storia, coloro che avranno presunto con orgoglio di ergersi a dominatori degli altri a sorpresa saranno cacciati fuori dal Regno per lasciare il posto a quanti saranno stati costretti a subire le loro vessazioni e i soprusi; adesso tuttavia Gesù, senza smentire codesto insegnamento, afferma che è inevitabile che sia la vita stessa a rendere prima o pio il giusto merito a certe persone arroganti e presuntuose. Davanti a Pilato, egli affermerà che "tu non avresti alcun potere se non ti provenisse da chi sta al di sopra di te" e con questo sottolineerà il dato di fatto importante che qualunque posizione di dominio e di potere potrebbe esserci tolta come ci è stata data: non siamo noi a stabilire quale posizione occupare nella vita ma... il padrone di casa che ci ha "invitati al banchetto", vale dire Dio; ed è cosa logica che ad un certo punto Questi possa decidere di toglierci la posizione che stiamo occupando, nella maggior parte dei casi proprio perché stiamo esercitando in quella posizione solo un mero predominio di altezzosità e di prestigio senza comprendere il nostro dovere di responsabilità verso gli atri, e peggio ancora facendoci forti delle nostre sicurezze. E' mia personale esperienza che parecchie persone, una volta raggiunto un posto di lavoro sicuro, ben remunerato e con ruoli di rilievo, abbiano interpretato la loro posizione come occasione di vanto nei confronti degli altri sfruttando il proprio presunto "piedistallo" per sfoderare il proprio orgoglio e mettere altri in condizioni di crisi, quando all'improvviso, sul lavoro, commettono un madornale errore che li penalizza fino a procurar loro la perdita del posto. Lo stesso dicasi di parecchi artisti o uomini di spettacolo che ad un certo punto perdono la popolarità che avevano prima acquistato, ritrovandosi in crisi a motivo di un mancato consenso di pubblico. Si tratta davvero di situazioni che riecheggiano l'episodio della Torre di Babele (Gen 11) allusiva al divino sbaragliamento della presunta superbia umana.

Gesù insegna invece un'altra via di comportamento, sempre cogliendo l'occasione dell'invito a pranzo: le posizioni "alte" nella vita, proprio perché richiedono maggiore responsabilità e disposizione al servizio in una dimensione dalle molteplici urgenze e responsabilità, si danno solo per vocazione; solo Dio infatti è in grado di stabilire chi, in che misura e fino a che punto è in condizioni di svolgere un ruolo delicato di supremazia e di potere; è Lui ad avere il diritto di eleggere persone appropriate per incarichi appropriati, e molte volte succede che il Signore scelga proprio chi crede di non essere all'altezza dell'opera ma in un secondo momento se ne mostrerà molto capace. In pratica Dio sceglie gli umili e i servizievoli, prescindendo dai parametri di valutazione umana. Ecco il senso delle parole "Quando sei invitato non prendere i primi posti, ma aspetta che siano altri a..."

Sullo sfondo di tutto il discorso vi è una sola logica: quella del servizio. Infatti, che noi si sia orientati a i primi posti o agli ultimi, questo è solo Dio a doverlo stabilire; nostro compito irrinunciabile è piuttosto quello di porci a servizio degli altri a prescindere dal posto,

collocazione, stato vocazionale o dimensione in cui veniamo a trovarci,

esercitando un servizio franco e disinteressato. Ed è in questo senso, potremmo dire, che Gesù approfondisce il suo insegnamento rivolgendosi anche al padrone di casa: "Invita poveri, ciechi, zoppi": non si vuole evincere altro, in queste parole se non la vocazione ineluttabile all'amore e alla donazione che concretamente riguarda non già il dare aspettandoci qualcosa come contraccambio, bensì il dare effettivo, sincero, senza riserve e ragioni di interesse.

Chi "invita a pranzo" (vale a dire) dona col solo intento di ricevere non può che essere ritenuto un opportunista (adesso io do questa cosa a quello lì, così lui poi mi fa' questo favore... Oppure mi darà quella cosa che mi interessa tanto.) e non può essere considerato meritorio da Dio; l'amore invece va inteso come CARITA' effettiva che qualifica già l'uomo d'amor in quanto tale ed è proprio questo il nostro reale obiettivo, prescindendo da quale sarà il nostro posto nel mondo.

Di questo amore si propone come esempio lo stesso Gesù: noteremo infatti che per implicito nella sua pedagogia al padrone di casa vi è un riferimento a Se stesso, sia pure non palese: chi infatti ha invitato l'umanità al banchetto del Regno se non lo stesso Signore Gesù Cristo? E chi ha invitato, effettivamente? Tutti, ma specialmente gli esclusi, gli ultimi, gli emarginati, poiché il suo Regno, dimensione di amore e di servizio nell'amore è annunciato soprattutto a loro.

 

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