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TESTO Strappare il velo

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III Domenica di Pasqua (Anno C) (25/04/2004)

Vangelo: Gv 21,1-19(forma breve Gv 21,1-14) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 21,1-19

1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

Sono davvero strani i discepoli di Gesù: almeno così ci pare leggendo i racconti evangelici della risurrezione. Il Vangelo di domenica (Gv 21,1-19) è emblematico: prima «i discepoli non si erano accorti che era Gesù»; poi «Simon Pietro si cinse ai fianchi il camiciotto e si gettò in mare». Prima sono distratti, confusi, e soprattutto avviliti per la pesca mancata; poi, improvvisamente, riconoscono il Signore, e ritrovano lo slancio perduto. Prima tornano a pescare sul mare di Tiberiade, pensando di non doversi aspettare più nulla di nuovo dopo la morte di Gesù; poi, di colpo, si accorgono che non tutto è perduto, e anche la rete si può ancora riempire di pesci...

Ma che cosa provocò questo cambiamento repentino? Che cosa avvenne di straordinario in quel tempo? I Vangeli descrivono questa rapida ed imprevista conversione raccontando l'incontro dei discepoli con Gesù risorto.

L'incontro con il Risorto non fu certo come quegli incontri della vita abituale dai quali si esce identici a come si era prima. Dall'incontro con il Risorto i discepoli uscirono cambiati. Non che fossero cattivi prima, ma erano increduli: ed era proprio l'incredulità che li aveva resi immobili e tristi, rassegnati al loro destino. Ebbene, il Risorto in quei giorni venne per guarirli dallo loro incredulità.

E dunque sulla riva del mare di Tiberiade non accadde soltanto qualcosa davanti ai loro occhi, qualcosa che poi non avrebbero saputo raccontare con chiarezza: ma accadde soprattutto qualcosa nel loro spirito. Ed essi compresero come esattamente questo accadimento interiore era ciò che soltanto contava. La presenza e il gesto esteriore di Gesù risorto si limitavano a strappare un velo: poi non erano più importanti. Strappato il velo, bastava ricordare i gesti e le parole di prima: e scoprire così che la morte non aveva potuto cancellare la notizia di speranza imparata alla scuola del Maestro.

Ecco, anche per noi sarebbe sufficiente che si strappasse il velo: pure per noi basterebbero i gesti e le parole di sempre se si strappasse il velo della nostra incredulità. E saremmo capaci di ritrovare la speranza anche attraverso quei gesti tentennanti e quelle parole confuse che a volte caratterizzano le nostre giornate.

Sì, basterebbero i gesti e le parole di sempre, se soltanto non pensassimo di aver già visto tutto e imparassimo invece a stupirci ogni giorno da capo, come fecero i discepoli in quel tempo sul mare di Tiberiade.

 

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