TESTO Figlio, di chi?
Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (19/05/2013)
Brano biblico: Rm 8,8-17
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre»,
23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi
Lo spirito che abbiamo ricevuto non è uno spirito di un servo nei confronti di un padrone, ma quello di figlio nei confronti di un Padre. Il servo ubbidisce per timore, per soggezione del padrone o per paura di una punizione. Un figlio invece è ubbidiente per gratitudine verso il Padre che gli ha dato la vita e per l'affetto nei suoi confronti. Nello spirito la figliolanza si concretizza, si evidenzia, fino a essere gridata la relazione col Padre.
Invece agli Ebrei era fatto divieto di pronunciare semplicemente il suo nome (Es 20,7), solo il sommo sacerdote una volta all'anno saliva nel tempio e pronunciava il nome di Dio mentre il popolo schiamazzava per evitare di sentirne il suono; a tanto arrivava il timore di Dio.
Paolo in questa lettera indirizzata alla Chiesa di Roma, formata principalmente da ebrei battezzati, fa una rivelazione incredibile: «non c'è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù» (Rm 8,1). Niente e nessuno riuscirà a neutralizzare l'amore di Dio che ci giunge per mezzo di Cristo: «né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).
Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio.
Nessuno per se stesso può essere certo di chi è figlio; per quanto fossi presente alla mia nascita, è a mio padre e a mia madre che devo chiedere, e fidarmi della loro testimonianza. I latini dicevano che la madre è sempre certa e di lei bisogna fidarsi per conoscere il padre.
C'è una sottigliezza nel mistero trinitario, o meglio nelle parole che lo descrivono, che ci sfugge ma non a chi è di origine semitica. La parola che in ebraico esprime lo Spirito è Ruah, letteralmente Vento, ed è di genere femminile. Allora più facilmente possiamo intendere le parole di Gesù: «Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito» (Gv 3,8). Nello Spirito Santo siamo stati concepiti e nello Spirito Santo siamo nati a nuova vita. Allo Spirito (alla madre) dobbiamo chiedere di chi siamo figli e lo Spirito Santo stesso testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio. L'immagine che san Paolo ci regala è di enorme profondità perché non solo ci rivela la dinamica spirituale della nostra relazione con Dio, ma anche il mistero profondo del nostro essere.
Ai Tessalonicesi Paolo scrive: «tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 5,23). Qui ci dice la relazione profonda tra lo Spirito di Dio e il nostro spirito. «Lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui?» (1Cor 2,10-11) Non siamo solo corpo e anima, siamo anche spirito e questo spirito ci rivela il segreto di Dio e dell'uomo: siamo figli di Dio.
Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete
La realtà di essere figli di Dio non ci libera dalle contraddizioni della vita. Nonostante il Battesimo e il dono dello Spirito, carne e Spirito convivono insieme: falsità e verità, egoismo e altruismo, apertura e chiusura, sono realtà che coesistono nella stessa persona, non esiste il santo assoluto né il totalmente cattivo ma viviamo la dialettica dei contrapposti. Ogni sforzo moralistico di superamento delle contraddizioni è destinato al fallimento, perché è «secondo la carne». Ma è lo Spirito che abita in noi che «darà la vita anche ai vostri corpi mortali». Dobbiamo fidarci e farsi guidare, lasciare spazio all'azione dello Spirito, lasciarsi modellare dallo Spirito, per scoprire una progressiva liberazione, che qualcosa sta cambiando in noi.