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TESTO Commento Giovanni 20,1-9

mons. Vincenzo Paglia   Diocesi di Terni

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (11/04/2004)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

"Era ancora buio" quando Maria di Magdala si recò al sepolcro. Era buio fuori ma soprattutto dentro il cuore di quella donna (come nel cuore di chiunque altro amava quel profeta che "aveva fatto bene ogni cosa"); il buio per la perdita dell'unico che l'aveva capita: non solo le aveva detto cosa aveva nel cuore, soprattutto l'aveva liberata da ciò che l'opprimeva più di ogni altra cosa (scrive Marco che era stata liberata da sette demoni). Con il cuore triste Maria si recava al sepolcro. Forse ricordava i giorni precedenti la passione, quando gli asciugava i piedi dopo averglieli bagnati con unguento prezioso, e gli anni, pochi ma intensi, passati con quel profeta. Con Gesù l'amicizia è sempre prendente; si potrebbe dire che quest'uomo non lo si può seguire da lontano, come ha fatto Pietro in questi giorni. Arriva il momento della resa dei conti e quindi della scelta di un rapporto definitivo. L'amicizia di Gesù e di quella specie che porta a considerare gli altri più di se stessi: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15, 12). Maria di Magdala lo constata di persona quel mattino quand'è ancora buio. Il suo amico è morto perché ha voluto bene a lei e a tutti i discepoli, Giuda compreso. Appena giunta al sepolcro ella vede che la pietra posta sull'ingresso, una lastra pesante come ogni morte e ogni distacco, è stata ribaltata. Neppure entra. Corre subito da Pietro e da Giovanni: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro!", grida, trafelata. Neanche da morto, pensa, lo vogliono. E aggiunge con tristezza: "Non sappiamo dove l'abbiano messo". La tristezza di Maria per la perdita del Signore, anche solo del suo corpo morto, è uno schiaffo alla nostra freddezza e alla nostra dimenticanza di Gesù anche da vivo. Oggi, questa donna è un alto esempio per tutti i credenti. Solo con i suoi sentimenti nel cuore è possibile incontrare il Signore risorto. E' lei e la sua disperazione a muovere Pietro e l'altro discepolo che Gesù amava. Essi corrono immediatamente verso il sepolcro vuoto; dopo aver iniziato assieme a seguire il Signore durante la passione, sebbene da lontano (Gv 18, 15-16), ora si trovano a "correre entrambi" per non stargli lontano. E' una corsa che esprime bene l'ansia di ogni discepolo, direi di ogni comunità, che cerca il Signore. Anche noi forse dobbiamo riprendere a correre. La nostra andatura è diventata troppo lenta, forse appesantita dall'amore per noi stessi, dalla paura di scivolare e perdere qualcosa di nostro, dal timore di dover abbandonare abitudini ormai sclerotiche. Bisogna riprovare a correre, lasciare quel cenacolo dalle porte chiuse e andare verso il Signore. La Pasqua è anche fretta. Giunse per primo alla tomba il discepolo dell'amore: l'amore fa correre più veloci. Ma anche il passo più lento di Pietro lo portò sulla soglia della tomba; ed ambedue entrarono. Pietro per primo, e osservò un ordine perfetto: le bende stavano al loro posto come svuotate del corpo di Gesù e il sudario "ripiegato in un angolo a parte". Non c'era stata né manomissione né trafugamento: Gesù si era come liberato da solo. Non fu necessario per lui sciogliere le bende come per Lazzaro. Anche l'altro discepolo entro e "vide" la stessa scena: "Vide e credette", nota il Vangelo. Si erano trovati davanti ai segni della risurrezione e si lasciarono toccare il cuore. Fino ad allora infatti - prosegue l'evangelista - "non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti". Questa è spesso la nostra vita: una vita senza resurrezione e senza Pasqua, rassegnata di fronte ai grandi dolori e ai drammi degli uomini, rinchiusa nella tristezza delle proprie abitudini. La Pasqua è venuta, la pietra pesante è stata rovesciata e il sepolcro si è aperto. Il Signore ha vinto la morte e vive per sempre. Non possiamo più starcene chiusi come se il Vangelo della resurrezione non ci sia stato comunicato. Il Vangelo è resurrezione, è rinascita a vita nuova. E va gridato sui tetti, va comunicato nei cuori perché si aprano al Signore.

 

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