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Paolo Curtaz   Ti racconto la Parola

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno C) (11/04/2004)

Vangelo: Gv 20,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Domenica di Resurrezione

Pietro e Giovanni corrono nel silenzio della città ancora immersa nel sonno. I mercanti tirano fuori le mercanzie per la giornata dopo il sabato di riposo. Il sole si sta alzando e inonda di luce la pietra color ocra di Gerusalemme. Tra gli stretti vicoli di Gerusalemme, pestando il selciato appena rifatto dal grande re Erode, il fiato corto, i due escono dalla città. Corrono lasciando di fianco la cava di pietra in disuso riutilizzata dai romani. I pali verticali, come alberi rinsecchiti, svettano in alto, aspettando nuovi condannati. Il sangue rappreso tinge di rosso il legno scuro. Corrono, ancora, il fiato manca, la tunica impaccia la corsa. Pietro, meno giovane, si attarda; scendono rapidamente oltre la cava. I soldati romani di guardia sono spariti, la tomba di Giuseppe di Arimatea è senza la pesante pietra che ne bloccava l'ingresso.
Giovanni aspetta, le tempie pulsano, ansima.

Ripensa al volto sconvolto di Maria, dieci minuti prima, che li aveva tirati giù dal letto parlando di Gesù. Arriva Pietro. Giovanni lo guarda lungamente, poi abbassano la testa ed entrano.
Nulla.
Gesù è scomparso.

Nulla, solo il lenzuolo, come sgonfiato, e il sudario piegato.
Nulla, Gesù è scomparso.

Tutto è iniziato da quella corsa, amici. Quella tomba vuota, ultimo drammatico regalo del discepolo Giuseppe, ricco e potente, che non aveva potuto salvare dalla morte il suo Maestro, è rimasta lì, vuota, a Gerusalemme, muta testimone della resurrezione. Adriano, l'imperatore, l'aveva fatta riempire di terra, ed era diventata, insieme alla cava in disuso, il terrapieno che sosteneva – ironia della sorte – il tempio pagano di Giove. Aelia Capitolina, aveva chiamato la ribelle Gerusalemme, e col nuovo assetto urbano, l'imperatore voleva spazzare via ogni memoria di giudei e delle loro incomprensibili dispute. Tre secoli dopo era stata riportata alla luce dalla devota Elena, madre del primo imperatore cristiano Costantino.

La tomba è ancora lì: vi hanno costruito un'immensa basilica, è stata oggetto di pellegrinaggio per un millennio e mezzo, tentarono di distruggerla, pezzo per pezzo, a causa della furia di un sultano che – evidentemente – non conosceva il Corano. Ora è ricoperta di marmi, la tomba, divisa tra mille confessioni cristiane che ne rivendicano la proprietà.

Non importa, amici. E' lì, quella tomba, esattamente lì dove la trovarono Pietro e Giovanni.
Ed è vuota.

Ci pensate? Tutta la nostra vede è costruita sull'assenza di un cadavere. La morte è stata sconfitta, amici. Il Dio nudo, appeso, osteso, evidente, il Dio sconfitto e straziato, il Dio deposto sulla fredda pietra non è più qui, è risorto.

Risorto, amici. Non rianimato, non ripresosi, non vivo nel nostro ricordo e amenità consolatorie di questo genere. No, Gesù è davvero vivo, risorto, presente per sempre.

Non è facile credere, lo so bene. Incontreremo, in questi cinquanta giorni, la fatica degli apostoli, che è la nostra, a convertire il cuore a questa sconcertante novità.

Ci vuole fede a superare il proprio dolore. Tutti abbiamo una qualche ragione per sentire vicino Gesù crocifisso. Tutti ci commuoviamo davanti a tale strazio, tutti sappiamo condividere il dolore che è esperienza comune di ogni uomo.

Ma gioire no, è un altro paio di maniche, gioire significa uscire dal proprio dolore, non amarlo, superarlo abbandonandolo.

Stamani corriamo amici, anche noi. Pasqua, al di là delle uova di cioccolato e delle campane a festa è la vittoria dell'amore, la pienezza della vita.

La scommessa, terribile, di un Dio abbandonato alla nostra volontà, è vinta. A noi, ora, di credere, di vivere da risorti, di vedere le bende e di credere, come Giovanni e Pietro.

A noi, discepoli affannati nella corsa, sempre in ritardo rispetto alla forza dirompente di questo Dio, resta ora la sfida della fede.

Gesù è risorto, amici, smettiamola di cercare il crocefisso, smettiamola di piangerci addosso e di lamentare un Dio assente. Gesù è risorto amici.

Buona Pasqua a tutti, amati fratelli. Buona Pasqua a chi mi sta leggendo in Argentina, o nel cuore dell'Africa. Buona Pasqua a Emmanuelle in Colombia e alla sua splendida testardaggine (Dio ti vincerà, credimi). Buona Pasqua agli amici che conservano la fede nelle città che divorano e omologano, buona Pasqua ai tanti cercatori di Dio, così diversi eppure tutti toccati da questa Parola che ci cambia dentro.

Buona Pasqua a chi è in lutto, a chi sente di avere sbagliato tutto, come Gesù. Buona Pasqua fragili discepoli del Maestro, Gesù è davvero risorto, non lo sentite?

Libri di Paolo Curtaz

 

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