TESTO Forzati dei sensi di colpa
don Cristiano Mauri La bottega del vasaio
III domenica T. Pasqua (Anno C) (14/04/2013)
Vangelo: Gv 8,12-19
12Di nuovo Gesù parlò loro e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». 13Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». 14Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. 15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. 16E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. 17E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. 18Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». 19Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
Infatti, non mi vergogno del vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di ogni credente, del Giudeo prima e poi del Greco, in quanto in esso si rivela la "misericordia" di Dio, da fede a fede, come sta scritto: "Il giusto per fede vivrà". (Rm 1,16-17)
Non è che l'abbiano voluto, è che ci si sono trovati: forzati dei sensi di colpa, con la schiena piegata dalla paura, e le mani piagate dallo spaccare le pietre dei rimorsi, dei fallimenti e dei sensi di inadeguatezza. Non hanno alcuna pena da scontare, ma la loro vita è un po' tutta una pena, per colpa di chi, con l'intenzione di farne dei buoni cristiani e onesti cittadini, li ha imbottiti di un concentrato di precetti morali, spezzoni di catechismo, principi di buon senso e spunti di sapienza popolare, conditi con l'idea che solo dalla perfetta osservanza di quella specie di dottrina sarebbe dipesa la loro salvezza. Non bastasse, hanno ricevuto in dono un'enorme senso del dovere che, alimentato dall'ideologia della buona testimonianza - testimoni perfetti per non ferire la credibilità del Vangelo - suscita in loro uno scrupolo continuo verso le proprie azioni. I forzati, così, non levano mai la testa dal loro lavoro, anche perché del cielo hanno sacro timore e verso chiunque sta loro intorno nutrono una intima e gelida diffidenza. Perciò è tutto un faticare, tutto un affannarsi, tutto un timore, tutta una diffidenza. D'altronde le pietre attorno a loro crescono in continuazione: un'incomprensione con un familiare, una menzogna detta per difendersi, uno scatto d'ira, un minuto di troppo dedicato a se stessi, un acquisto in più del dovuto, un pensiero malizioso, un piacere provato, una preghiera non detta, una dimenticanza qualsiasi, una parola volgare, un cattivo esempio offerto, una Messa saltata. Ecco lì: il rimorso, il senso di fallimento, l'impressione di essere inadeguati, la paura di non aver fatto abbastanza, il timore delle conseguenze, l'angoscia per le possibili implicazioni, la sfiducia nei confronti di se stessi. Una pietra dopo l'altra e via che l'affanno cresce. E il respiro si accorcia, perché la cappa di piombo dell'incombente giudizio divino toglie la possibilità di allargare i polmoni in un sospiro di sollievo stringendolo in una morsa di soggezione e ansia.
Così, i forzati del senso di colpa, convinti di testimoniare la potenza del Vangelo come dei novelli San Paolo, ne sono invece il peggior spot che si possa immaginare, restando confinati, oltretutto in una vita distante dallo stesso messaggio di Cristo. Perché la potenza del Vangelo che Paolo non si vergogna di annunciare è la Giustizia di Dio, che nel mondo teologico e semantico paolino acquista il senso di misericordia, pazienza, bontà, pietà. Altro che paura e timore delle proprie mancanze. Il senso di colpa, dunque, affligge tipicamente chi non vede la Misericordia perché gli è stata nascosta o perché si rifiuta di accoglierla, e il vivere nei continui rimorsi verso Dio e verso il prossimo è una forma reale di incredulità, se non di ateismo pratico. Come si può testimoniare il Vangelo che è potenza della Misericordia in atto se si vive nel timore delle proprie miserie? Annegare nei sensi di colpa - di qualunque tipo e per qualunque ragione - è perciò una seria e grave controtestimonianza.
Non c'è migliore annuncio della potenza della Misericordia che liberarsi da ogni senso di colpa. Non certo in quel modo illusorio che consiste nel sovvertire ogni ordine morale, nel combattere banalmente i cosiddetti "tabù" e nell'impegnarsi a violare ogni criterio etico. Quella è ancora una schiavitù dei sensi di colpa; inversa, forse, ma sempre una schiavitù. L'unico modo per liberarsi dai lavori forzati dei sensi di colpa è maturare invece il senso del peccato.
Quando si fa esperienza dell'amore di Dio, della Sua pazienza, fedeltà, compassione e se ne sperimenta la forza attrattiva, si avverte come ogni aspetto della nostra esistenza chieda di essere vissuto alla luce della Carità quale unico criterio etico ed interpretativo e si comprende che ogni volta che ci si allontana da quel Bene o ci si oppone ad esso, allora si cade nel peccato. Se chi vive di sensi di colpa non conosce Dio, chi conosce Dio matura il senso del peccato. E tanto quanto chi si macera nei sensi di colpa sta nella paura e nel senso di inadeguatezza, chi vive il senso del peccato gode della pace e del riposo del cuore che la misericordia di Dio sa donare. Il senso del peccato infatti, proprio perché nasce dalla conoscenza dell'amore di Dio, non è mai accompagnato da sfiducia, timore o rimorso, ma il breve dolore per aver mancato si tramuta presto nella sorpresa per la bontà di Dio e nel desiderio di rilancio immediato. Chi è libero dai sensi di colpa non ha più paura del peccato. Lo disprezza, certo, e si impegna da evitarlo, ma non ne ha più timore, perché sa che Dio odia il peccato ma ama perdonare.
Sarebbe un gran passo cominciare ad insegnare i risvolti etici della vita cristiana come la via per incontrare e accogliere la Misericordia di Dio più che gli strumenti per stornarne la collera e superarne il giudizio. Avendo presente che la Chiesa della Misericordia genera figli e fratelli liberi e lieti, mentre quella dei sensi di colpa solo una fila di schiavi tristi e maleodoranti. Oltretutto, sempre più pochi.