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TESTO Mi vuoi bene?

Riccardo Ripoli   Amici della Zizzi

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III Domenica di Pasqua (Anno C) (14/04/2013)

Vangelo: Gv 21,1-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: 2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. 3Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

4Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. 5Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». 6Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. 7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. 8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. 10Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». 11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. 12Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. 13Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. 14Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. 18In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». 19Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

E' nella natura umana ricercare nel prossimo la continua verifica dei suoi sentimenti nei nostri confronti. Vorremmo avere ogni giorno la prova che l'amore per noi non è venuto meno, ricerchiamo continuamente nell'altro frasi, atteggiamenti, pensieri che ci indichino i suoi sentimenti, finanche a chiedere "Mi vuoi bene?".

Abbiamo bisogno di sentirci amati, di non essere una routine per l'altro, abbiamo bisogno di attenzione e considerazione.

Purtroppo siamo così presi da mille cose che ci scordiamo di amare. Ci dimentichiamo di dare cibo alle persone a noi vicine e ce ne rendiamo conto solo quando questo alimento dell'anima non ci viene più elargito. Come spesso accade ci accorgiamo di quanto una cosa che abbiamo sia importante solo quando questa non c'è più. Il mio amore per la mia mamma era senza confini, smisurato, ma poche volte, specie nell'adolescenza, negli ultimi anni della sua vita, mi sono ricordato di dirlo, di dimostrarlo. Eppure basta così poco. Basta un semplice "ti voglio bene" sussurrato nell'orecchio della moglie mentre cucina o del marito mentre sta al computer, un "grazie di esserci" ad un papà o ad una mamma che ti svegliano al mattino presto lottando contro il sonno, un "che bello averti vicino" ad un figlio anche se ci fa arrabbiare.

Di cosa abbiamo paura? Di farci vedere deboli? Per me era così. Nella mia adolescenza credevo di essere il padrone del mondo e che tutti mi dovessero qualcosa, che qualunque cosa avessi era scontata e dovuta.

Quanto mi sbagliavo. Il Signore nel chiamare a sé la mia mamma mi ha dato un grande insegnamento di vita, quello di non dare mai nulla per scontato. Mai. Dietro ogni angolo ci può essere una sorpresa, sia essa un bell'incontro, sia una brutta malattia di qualcuno che amiamo e che lo porterà inesorabilmente alla morte.

Credetemi, tutte le parole che non avete detto diventeranno pesanti come macigni allorquando non avrete più la possibilità di pronunciarle per donare il vostro amore.

Oggi avete la possibilità di dimostrare il vostro amore alla mamma, al papà, ai figli, agli amici, ai compagni di vita. Oggi sicuramente l'avete, ma domani?

Forza, andate in cucina a dire a vostra moglie "ti voglio bene", stupitela portando a casa un fiore, meravigliatela scrivendole un biglietto con la prima frase che sgorga dal cuore. E voi figli non siate scontrosi, un abbraccio non è sintomo di debolezza, ma è fortificarsi in un bellissimo rapporto di amore, e chi ve lo dice è uno che una sera mise un disco e prese fra le sue braccia la mamma e la fece ballare. Le vennero le lacrime ed era felice e disse "ci voleva un tumore per ballare con mio figlio". Era felice, nonostante fosse il giorno in cui le avevamo detto che aveva un tumore.

 

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