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TESTO Commento su Gv 8,1-11

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V Domenica di Quaresima (Anno C) (17/03/2013)

Vangelo: Gv 8,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Il fatto dell'adultera, nel Vangelo di Giovanni, è posto in mezzo a due dispute drammatiche che contrappongono Gesù agli scribi e ai farisei: la controversia sulla sua messianicità e quella sulla sua divinità. Proprio questa vicenda conferma Gesù messia figlio di Dio, il solo capace di perdonare e di giudicare il cuore dell'uomo, cambiandolo.

Nel loro cuore scribi e farisei hanno già condannato quella donna colta in errore. La scortano da Gesù solo per metterlo in trappola e cogliere lui in errore. La legge giudaica è precisa: l'adultera deve morire. Se Gesù l'assolve si mette contro la Legge; se la condanna perde la stima e rinnega il suo insegnamento sulla misericordia di Dio. Anche stavolta scribi e farisei hanno teso davanti a Gesù un laccio insidioso. Gesù però non si fa ingannare.

Si siede e si mette a scrivere sulla terra col dito È un invito a tacere, a riflettere. Quelli, invece, insistono. Allora si alza e pronuncia una risposta saggia, semplice, profonda, che disarma gli avversari: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". E torna a scrivere sulla terra. Ora tocca ai giudici prendere una decisione responsabile e alla luce del sole, ma sapendosi tutti peccatori, se ne vanno. Gli anziani vanno via per primi non perché hanno più peccati, ma perché hanno capito prima la lezione.

Sulla scena restano solo Gesù e la donna, una fragile creatura e l'unico uomo senza peccato, nato al mondo non per condannare, ma per salvare tutti, a cominciare da quella fragile creatura che dopo aver perso l'onore, rischiava di perdere la vita. Una scena drammatica che mette di fronte la miseria della creatura e la santità di Gesù, misericordia infinita. sant'Agostino ha commentato: "Relicti sunt duo, misera et misericordia" ("Rimasero in due, la misera e la misericordia"). Più forte ancora lo stesso evangelista Giovanni nella sua prima lettera: "Chi dice: ‘Non ho peccato!' è bugiardo" e "Chi ha conosciuto Dio non pecca". Solo chi ha incontrato Dio in Gesù e ha conosciuto la misericordia di Dio, può non peccare. E anche questo è grazia, misericordia.

Lo scrittore Erri De Luca, commentando il V comandamento "Non ammazzerai", scrive che mentre Dio, tramite Mosè, incide i comandamenti sulla pietra davanti al tutto il popolo, questi come per profezia vede l'episodio dell'adultera. "Videro una folla che portava una donna a lapidare. La processione attraversa piazze e strade. Lungo il percorso incontra un forestiero, di Nazaret, e lo interroga. Quella legge ammette un ultimo grado di appello presso un passante; la sentenza emessa può essere essere messa in discussione, sulla strada. Il forestiero a sorpresa si china a terra e sulla polvere traccia lettere col dito. La narrazione non riferisce cosa scrive, ma l'assemblea del Sinai, presente alla visione, legge sulla polvere del suolo ‘non ammazzerai'. Perché? Forse che è sabato? Ma quello non può essere sabato, non si emettono sentenze né si eseguono condanne di shabbàt. È appunto quello che sta dicendo a loro: quando si tratta di condanna a morte ogni giorno si trasforma in shabbàt".

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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