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TESTO Commento su Deuteronomio. 26, 5-11; Romani 1, 18-23a; Giovanni 11,1-53

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

V domenica di Quaresima (anno C) (17/03/2013)

Vangelo: Deut. 26, 5-11; Rm 1, 18-23a; Gv. 11,1-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 11,1-53

1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Deut. 26, 5-11
Mosè suggerisce una sintesi della storia d'Israele che diventi consapevolezza e memoria di ogni israelita, iniziando dalla consapevolezza di una origine umile e povera: "Mio padre era un Arameo errante".
Quando ciascun ebreo deve richiamare la propria identità, non dimenticherà mai di essere poi parte di un popolo che il Signore ha voluto, ha liberato, ha condotto in uno spazio proprio e gli ha dato consapevolezza di aver ricevuto terra e doni della terra: frutti e animali che sono il risultato di una predilezione e di una benedizione.
I doni sono gratuiti, perciò suppongono alcune clausole di gradimento. Sono di ciascuno, ma le primizie vanno offerte: il ricevere deve aprire il cuore per poter riconoscere, gradire e offrire.
I doni, poi, che dovranno essere elemento di gioia e di ringraziamento, vanno vissuti e condivisi. Si ricordano due categorie di persone che non hanno la possibilità facile di possedere: i leviti e i forestieri. I leviti sono discendenti di Levi, uno dei figli di Giacobbe. Sono collegati, spesso ai sacerdoti, ma hanno funzioni distinte. I sacerdoti nel tempio sacrificano a Dio e offrono incenso. I leviti svolgono compiti di servitori, organizzatori degli aspetti esterni del culto e cantori. Pur parlando di 48 città affidate ai leviti, essi non possiedono e quindi vivono di carità, ricevendo dagli altri ebrei la possibilità di vivere. La stessa cosa va detta per gli stranieri che hanno spesso una precarietà di lavoro. Perciò il popolo, che possiede e che porta l'offerta al Signore, deve mantenere la memoria di questa rivoluzione storica che il popolo ha vissuto e di cui è consapevole e ringrazia. Va ricostituita la gioia piena della liberazione insieme con il levita e il forestiero. Così, alla fine, sicuramente ci si contrappone alla schiavitù, alla solitudine, all'abbandono. Le risorse ricevute, e che vengono offerte nella gioia, possano essere partecipate anche alla realtà povera.
Rm 1, 18-23a
Paolo si rifà alla esperienza del suo popolo e riscopre che l'intervento di Dio si sviluppa, inizialmente, nella sua ira per l'empietà raggiunta. E' la reazione di Dio che è giusto e vuole un mondo giusto e buono. Ma l'ira di Dio può essere considerata un preludio necessario alla salvezza. Tutti gli uomini sono peccatori, e Paolo stabilisce una situazione generale: essi, pur avendo una conoscenza iniziale di Dio attraverso le opere - la natura per i pagani gl'interventi nella storia per gli ebrei- non hanno agito di conseguenza e hanno smarrito quel barlume iniziale di sapienza, cadendo nella immoralità e nella idolatria. Dio, pur nella sua invisibilità e inaccessibilità dei suoi attributi, si rende visibile "per mezzo delle opere da lui fatte", sia dalle creature del mondo sia dai fatti di liberazione verso il popolo di Dio nella storia. Gli attributi di Dio che generano opere particolarmente significative sono "la sua eterna potenza e divinità" che muovono il creato e hanno liberato il popolo d'Israele. Il non saper intravedere questa formidabile presenza e armonia nel mondo rende gli uomini "inescusabili" poiché non lo hanno "glorificato né ringraziato come Dio". Sono diventati stolti poiché non hanno saputo approfondire questa presenza e si sono fermati a "figure di uomini corruttibili".
Il messaggio arriva anche a noi, nella sua drammaticità. Paolo lamenta che non si sviluppa né si matura il senso delle cose, ci si ferma all'immediato, alla vanità, alle apparenze e non si verifica ciò che conta davvero.
In tal modo non si scopre la profondità e non si sa ringraziare veramente e gioire della pienezza e della grandezza.
Iniziando da qui, si può riprendere a rileggere i segni dei tempi che si susseguono nel tempo, segni anonimi per chi non li sa guardare e interpretare, segni non firmati eppure proposti dal Signore per chi li vuole leggere.
Il Vangelo ci riporta uno splendido testo: " I farisei e i sadducei si avvicinarono per metterlo alla prova e gli chiesero che mostrasse loro un segno dal cielo. Ma egli rispose loro: «Quando si fa sera, voi dite: «Bel tempo, perché il cielo rosseggia»; e al mattino: «Oggi burrasca, perché il cielo è rosso cupo». Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi? Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona». Li lasciò e se ne andò (Mt 16,1-5).
Giovanni XXIII ci ha fatto riscoprire, nella "Pacem in terris" (1963) e nel Concilio, la carica di questi segnali che il Signore discretamente invia nella storia per interpretarli, avere speranza e viverli.
Gv. 11,1-53
Lazzaro, un amico di Gesù, gravemente malato, sta per morire. Il suo nome significa "Dio aiuta"; ma non sembra che ci sia speranza, tanto più che Gesù, che pur lo ama, appena avvisato della malattia, si trattiene ancora due giorni là dove si trova, a est del Giordano. Ci si aspetterebbe che Gesù si precipiti a guarirlo e invece il messaggio che Gesù offre è quello che l'amore del Signore non evita i passi difficili della vita, ma aiuta a rileggerli in una prospettiva nuova, piena di speranza. Su un piano esclusivamente umano, ci si trova però in una conclusione senza speranza, perché Gesù giunge dopo quattro giorni, quando non v'è più possibilità che l'anima del defunto si aggiri ancora nei pressi del cadavere (massimo tre giorni, pensano i rabbini). E poiché c'è il fetore dalla tomba, non si può parlare di morte apparente.
Il testo è complesso e l'interpretazione va dalla restituzione di Lazzaro alla sua famiglia alla restituzione della vita nuova a Lazzaro che giunge, già ora, alla pienezza della vita di Dio, andando dove il Padre destina i suoi amici.
Gesù è riconosciuto come colui che porta la vita e la offre a chi crede. Ma è anche colui che, per rigenerare nella vita il mondo, deve passare lui stesso attraverso la morte (11,53).
Le scene più importanti e i dialoghi aprono gli orizzonti delle attese e interpellano Gesù sulla morte.
- Nel dialogo tra Marta e Gesù, l'attaccamento e la fiducia di Marta si spalancano sulla fede nuova, ma ella non riesce a seguire Gesù fino in fondo, pur pronunciando l'atto di fede della comunità dei cristiani: "Credo che Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire in questo mondo". Ma non è la fede piena del credente, quanto piuttosto la fede dell'ebreo che attende il Messia (per il mondo ebraico "Figlio di Dio" ha ancora il significato di "giusto, santo, prediletto da Dio" e non il significato trinitario di cui noi cristiani lo abbiamo caricato).
- Il dialogo-monologo di Gesù di fronte al sepolcro si svolge davanti agli operai che devono togliere la pietra, davanti alle sorelle, ai discepoli ed agli amici venuti da Gerusalemme. Gesù si rivolge al Padre, ringraziandolo "perché mi hai ascoltato". A questo punto il grido di Gesù è il grido della forza di Dio di fronte al male ed alla morte: "Lazzaro, vieni fuori". Con questo segno Gesù mostra di poter donare la vita e di esserne la fonte, capace di una vita che inizia già ora e non finisce, anche se deve attraversare il passo difficile della morte. Ci troviamo di fronte ad un testo di grande valore battesimale. Siamo diventati figli di un popolo che lotta e vince contro la morte come Gesù e intercede per coloro che soffrono e sono incatenati dalle paure, dalle disavventure, dalle tragedie, dalla ingiustizia del mondo. Il Signore ci chiede di intercedere presso il Padre e di non avere paura e di essere sicuri che egli sa interpretare, capire e soccorrere colui che, per rigenerare nella vita il mondo, deve passare lui stesso attraverso la morte (11,53). Le scene più importanti e i dialoghi aprono gli orizzonti delle attese e interpellano Gesù sulla morte.
- Nel dialogo tra Marta e Gesù, l'attaccamento e la fiducia di Marta si spalancano sulla fede nuova, ma ella non riesce a seguire Gesù fino in fondo, pur pronunciando l'atto di fede della comunità dei cristiani: "Credo che Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire in questo mondo". Ma non è la fede piena del credente, quanto piuttosto la fede dell'ebreo che attende il Messia (per il mondo ebraico "Figlio di Dio" ha ancora il significato di "giusto, santo, prediletto da Dio" e non il significato trinitario di cui noi cristiani lo abbiamo caricato).
- Il dialogo-monologo di Gesù di fronte al sepolcro si svolge davanti agli operai che devono togliere la pietra, davanti alle sorelle, ai discepoli ed agli amici venuti da Gerusalemme. Gesù si rivolge al Padre, ringraziandolo "perché mi hai ascoltato". A questo punto il grido di Gesù è il grido della forza di Dio di fronte al male ed alla morte: "Lazzaro, vieni fuori". Con questo segno Gesù mostra di poter donare la vita e di esserne la fonte, capace di una vita che inizia già ora e non finisce, anche se deve attraversare il passo difficile della morte.
Ci troviamo di fronte ad un testo di grande valore battesimale. Siamo diventati figli di un popolo che lotta e vince contro la morte come Gesù e intercede per coloro che soffrono e sono incatenati dalle paure, dalle disavventure, dalle tragedie, dalla ingiustizia del mondo.
Il Signore ci chiede di intercedere presso il Padre e di non avere paura e di essere sicuri che egli sa interpretare, capire e soccorrere.

 

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