TESTO Zaccheo non paga l'IMU
don Cristiano Mauri La bottega del vasaio
Ultima domenica dopo Epifania (anno C) (10/02/2013)
Vangelo: Lc 19,1-10
1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Un luogo. Un tempo. Un fatto.
Un luogo: la casa. Uno spazio fisico, ovviamente, ma pure una categoria esistenziale: gli affetti, l'identità, la sicurezza, la vita, l'intimità, la condivisione, il crescere, l'educare, la trasparenza dei rapporti, la cura... E tutti i loro opposti, ovviamente. Il luogo in cui siamo ricondotti alla nostra dimensione più autentica dell'essere generati e del generare, dell'affidarci e del custodire chi si affida, del soffrire il limite altrui e del far soffrire per i limiti nostri, il luogo dei bisogni, dei desideri e delle frustrazioni.
Un tempo: l'oggi. Una notazione temporale, ma anch'esso una categoria esistenziale: il luogo in cui la libertà si gioca e avviene, orientandosi e determinandosi. E lo fa nella sua forma drammatica dello scegliere cosa prendere e cosa lasciare, a cosa affidarsi e da cosa fuggire. L'oggi che è l'ambito in cui diventiamo quel che siamo attraverso tutte le dimensioni dell'esperienza umana: lavoro, vita sociale, cultura, divertimento, politica.
Un fatto: la salvezza incontra Zaccheo. Il Vangelo è anzitutto un fatto. Un evento che ha la forma di una visita, una presenza che si realizza senza fare altro che offrirsi in quanto tale. Una visita che, nel caso di Zaccheo e grazie alla sua accoglienza, non diviene toccata e fuga ma uno stabile dimorare.
Nello specifico, l'evento è il dono di una nuova dimora per Zaccheo. La salvezza che viene ad incontrarlo è anzitutto il dono di un nuovo modo di abitare, di fare casa intesa come sopra, cioè una nuova identità, un nuovo modo di relazionarsi, di condividere, di crescere, di vivere l'intimità. Una novità che intercetta e interpella il suo modo di essere e di mettersi in gioco così com'era a quel punto della sua vita, e che chiama in causa tutti gli ambiti della sua propria esistenza.
E' così vero che Zaccheo possiede una nuova dimora che demolisce immediatamente quella precedente dando via tutto. Non ne ha più bisogno. Ora le sue piccole sicurezze, i suoi traffici, i suoi mezzucci di sopravvivenza, non sono più casa. Abita altrove, in un Altro. Il rapporto con Gesù e la novità annunciata dalle Sue parole sono il nuovo spazio in cui Zaccheo è chiamato ad esistere.
Per giunta gratis e senza tasse sulla nuova casa. Perché l'evento della salvezza non sta certo nella promessa di Zaccheo di restituire il maltolto e di donare i suoi beni, ma piuttosto nella libertà di poterlo fare. La salvezza di un prigioniero non è infatti poter correre, ma essere stato liberato dalle catene. Zaccheo che restituisce e dona è solo uno che ha ricominciato a correre e in cui si vede la logica del Regno scorrere impetuosa. E' uno che è stato raggiunto da Dio e ora cerca solo Lui con la Sua giustizia, applicando in tutto il suo modo di essere un'economia diversa, quella della Paternità di Dio che fa gli uomini fratelli. La generosità di Zaccheo non è perciò il prezzo per abitare la nuova esistenza, ma l'evidenza dell'aver abbracciato una nuova vita.
Come è avvenuto tutto questo? Cosa è successo davvero? Chi lo sa? Noi vediamo solo cambiare il modo con cui Zaccheo edifica la propria casa. Dando via tutto, lascia che sia un Altro a ricostruire la sua dimora. Noi sappiamo solo che quel pubblicano da lì in avanti ha una «casa» fatta di Vangelo. La sua «casa» è un fatto di Vangelo. Lui stesso è un «fatto» di Vangelo.
Che le nostre case, nel senso descritto sopra, siano un fatto di Vangelo. Che noi siano fatti di Vangelo. Che il Vangelo in noi sia un fatto, un accadimento. Ma tutto questo non in quel senso moralistico e un po' retorico con cui sempre riduciamo il messaggio evangelico a un esercizio di sterile volontarismo, bensì nel senso più autenticamente cristiano: che Gesù visiti in quest'oggi la nostra casa, ristrutturando ogni cosa secondo altre regole che non siano quelle esclusivamente umane e regalandoci l'esperienza di essere liberati e messi in grado di correre al modo di Zaccheo. C'è da sperare che siano demolite giorno per giorno le nostre piccole sicurezze e le nostre logiche economiche tutte umane, quelle che ognuno di noi ha e a cui finisce per affidarsi.
Su come questo possa effettivamente accadere sappiamo poco perché il Vangelo è un po' reticente. Intuiamo giusto che occorre cercare, facendolo con le opere e non solo con le parole. Ma comprendiamo subito che il credere che tutto dipenda da nostro darci da fare è decisamente riduttivo. Forse però, che il resto sia taciuto è solo un bene, perché la salvezza, la trasformazione evangelica è opera Sua e deve restare tale. Quel che, alla fine, è lasciato alla nostra responsabilità è lo sforzo di arrampicarci sopra tutto ciò che la vita quotidianamente affastella davanti alla nostra vista e che ci impedisce di vedere passare il Signore in quest'oggi. A pensarci bene, questo dovrebbe essere l'unico vero affanno di ogni credente.