TESTO Commento su Siracide 18, 11-14; Seconda Corinzi 2, 5-11; Luca 19, 1-10
don Raffaello Ciccone Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza
Ultima domenica dopo Epifania (anno C) (10/02/2013)
Vangelo: Sir 18, 11-14; 2Cor 2, 5-11; Lc 19, 1-10
1Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Siracide 18, 11-14
Se il capitolo precedente (17, 20-27) incoraggia alla conversione al Signore:"Ritorna al Signore, e abbandona il peccato" (17,25), il capitolo 18 si apre in un canto di gioia verso il Dio misericordioso. E' importante garantire, nella fragilità e nella debolezza, colui che faticosamente accetta di seguire il Signore e tutto il brano lo incoraggia. Proprio questa fragilità induce a compassione e a misericordia il Signore nella sua grandezza.
Infatti è piccolo il tempo della vita: "(18, 9-10) Che cos'è l'uomo? A che cosa può servire? Qual è il suo bene e qual è il suo male? Quanto al numero dei giorni dell'uomo, cento anni sono già molti, ma il sonno eterno di ognuno è imprevedibile a tutti". L'incoraggiamento, allora, si apre in una grande esperienza che fa ripercorrere la propria storia: con il Siracide siamo nel II secolo a.C. e la lunga esperienza di fatiche, di guerre, di deportazione e di sottomissioni fa ripensare a Dio in modo diverso.
Il clima della Scrittura, nei testi più recenti, sente il segno di un tempo nuovo e quindi, particolarmente, il tempo della misericordia. Vale per il libro di Giona (4,11): "E io non dovrei avere pietà di Ninive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?».
Anche nella lotta di liberazione con i fratelli Maccabei del sec. II, se viene spesso fatto un confronto con i popoli pagani, ci si apre alla fiducia del Signore il quale usa misericordia mentre mantiene la giustizia. (2Mac 6,14.16) "Poiché il Signore non si propone di agire con noi come fa con le altre nazioni, attendendo pazientemente il tempo di punirle... egli non ci toglie mai la sua misericordia, ma, correggendoci con le sventure, non abbandona il suo popolo". Così anche Sap 12,19-22. "Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu concedi il pentimento.
Se infatti i nemici dei tuoi figli, pur meritevoli di morte, tu hai punito con tanto riguardo e indulgenza, concedendo tempo e modo per allontanarsi dalla loro malvagità, con quanta maggiore attenzione hai giudicato i tuoi figli, con i cui padri concludesti, giurando, alleanze di così buone promesse! Mentre dunque correggi noi, tu colpisci i nostri nemici in tanti modi, perché nel giudicare riflettiamo sulla tua bontà e ci aspettiamo misericordia, quando siamo giudicati". Questo testo, comunque, si allarga in un orizzonte universale. Se l'uomo può essere capace di misericordia, ma non può che limitarla al suo vicino che conosce (prossimo), Dio copre con la sua misericordia tutti gli uomini che ha creato e si estende su ogni essere vivente.
Così tutto vive questo amore di Dio: ogni essere vivente porta i segni della vita come un regalo e una custodia che Dio offre. Certamente questa rivelazione è un segreto che solo il popolo di Dio conosce. E, ancor più, lo conosce il popolo cristiano che ha fatto esperienza della presenza di Gesù e della sua grandezza: Egli si è impoverito per stare con noi e comunicarci i segreti di Dio. Ma questo amore è anche un amore educativo.
"Egli rimprovera, corregge, ammaestra, e guida come un pastore il suo gregge" (v 13). Quattro impegni che suppongono un universo educativo (numero 4): un dialogo, un apprendere, un capire ed un ubbidire maturando dalla propria esperienza e dalla parola del Signore stesso. L'incoraggiamento ad essere istruiti e zelanti per le decisioni di Dio sostiene la propria fiducia e la propria garanzia.
La Giornata della Solidarietà ci richiama alle tante fragilità delle persone, ai loro handicaps, alla mancanza di cultura, alla difficoltà di efficienza, ai limiti di adattamento, alle fragilità, alla mancanza di riconoscimento sociale, di permessi di soggiorno, di competenze.
Per ogni situazione importante che ci si renda conto, si accompagnino le persone perché raggiungano una loro autonomia.
2 Corinzi 2, 5-11
Paolo, ormai anziano, soffre la propria stanchezza poiché non si sente accolto profondamente dai suoi e sopporta con fatica le persecuzioni, i tradimenti degli amici, le ambiguità e i sospetti che i fratelli spesso fanno emergere. Nei primi sette capitoli di questa lettera (capp1-7), di cui fa parte il breve testo di oggi, Paolo di difende da coloro che chiama i "superapostoli", avversari che contestano la sua autorità di apostolo (2 Cor 11,5).
Tuttavia, nel testo che leggiamo oggi Paolo offre un grande insegnamento di perdono alla sua comunità. Nei versetti immediatamente precedenti parla di una visita che aveva fatto a Corinto nella comunità e, in quella occasione, era stato gravemente offeso. E' difficile ricostruire il fatto. Comunque, ritornato a Efeso, ha preferito scrivere una lettera per chiarire la situazione (v 4). E' la cosiddetta "lettera delle lacrime" che non ci è pervenuta. Poi Paolo voleva ritornare, ma vi aveva rinunciato "solo per risparmiarvi". Il rinvio infatti è stato una scelta di discrezione e di saggezza (1,23), altrimenti avrebbe dovuto "venire con tristezza" (2,1).
Di questo offensore anonimo non si sa nulla, né si sa che cosa sia successo. Comunque, tornata la calma, dopo che la comunità ha isolato l'offensore e lo ha castigato, Paolo chiede di perdonare e di accoglierlo nella comunità poiché si è ravveduto e si è sottomesso. E questo perdono Paolo lo offre lui stesso volentieri. Nel versetto 11 si fa esplicito riferimento a Satana. Egli vuole impedire l'azione missionaria dell'annuncio della fede e il metodo migliore per ostacolare l'annuncio è arrivare a seminare discordia e divisione di animi ("per non cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni").
Nel perdono viene anche ricordata la possibilità di riprendere la speranza e di ricuperare un cammino di fiducia. Il perdono è proprio di Dio per aiutarci a riprendere il nostro percorso senza abbandonare o disperarci.
Il perdono ricupera la solidarietà e aiuta l'altro a sentirsi in un popolo di fratelli e sorelle che sanno capire e sanno accogliere.
Il perdono ricupera splendore e apre orizzonti imprevisti.
La Giornata della Solidarietà dovrebbe aiutare a ripensare ai rapporti che si mantengono nei luoghi di lavoro.
Sono troppo facili la lamentela, la critica, il rancore e la gelosia. Ci sono troppe manovre e competizioni per la carriera e difficilmente si percepisce che è un dovere di coscienza costruire un clima di serenità e di pace. Non tutti sanno sufficientemente reggere rapporti difficili, ma chi ha il dono di un carattere più elastico e più sereno, aiuti i colleghi a reggere. Spesso il modo migliore è intervenire quando l'altro è in difficoltà ed offrire in amicizia un contributo di tempo e di competenza. Se si può.
Luca 19, 1-10
L'incontro di Gesù con Zaccheo fa parte di una lunga riflessione di Luca che vuole presentare il cammino del Maestro come ricerca per i perduti e salvezza per coloro che lo accolgono. Perciò, affrontando, in particolare, il problema della ricchezza e la ricerca del Signore, l'evangelista premette due episodi che convergono poi nell'incontro con Zaccheo: il dialogo del giovane ricco che vuole seguire Gesù (18,18-23) e la guarigione del cieco.
Il giovane ricco pone la domanda fondamentale per la sua scelta, ma poi non ha il coraggio di rivedere l'attaccamento ai suoi beni e se ne va via triste. Zaccheo, invece, ugualmente ricco, rimette in discussione ciò che ha, senza aspettare che glielo chieda Gesù stesso. Il cieco supplica di poter incontrare Gesù nelle vicinanze della città e vederlo, Gesù guarisce il cieco, seduto lungo la strada (18,35-43).
E si arriva al collegamento con Zaccheo, all'incontro e all'autoinvito da parte di Gesù a casa del capo dei pubblicani (19,1-10). Questi due ultimi fatti, ricordati di seguito: la guarigione del cieco e l'incontro con Zaccheo, si illuminano a vicenda. Tutti e due i personaggi del racconto desiderano vedere Gesù e tutti e due sono ostacolati nel loro desiderio. Per il primo c'è una folla che cammina davanti e "lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me"(18,39). Per Zaccheo nessuno gli fa largo. A tutti e due è impedito l'incontro. Tutt'e due desiderano "vederlo". Tutt'e due hanno fede e lo cercano. Tutt'e due riescono a ritrovarlo perché non si scoraggiano ed hanno avuto fiducia in lui. E se loro lo cercano, Egli si preoccupa di incontrarli.
Zaccheo è chiamato "arcipubblicano", parola che in greco non esiste ma Luca vuole identificarlo come il più importante dei pubblicani e quindi il più impuro, il più ladro, il più lontano da Dio. Probabilmente sovraintende al pedaggio del Giordano e delle dogane locali, sulla strada di Gerusalemme che è punto obbligato di transito, in particolare, per il commercio di balsami e di derrate. Questo significa che è a capo di molti esattori. E' anche piccolo di statura, perciò insignificante, uno sgorbio di uomo, disprezzato e tenuto lontano. Il fatto che poi, per vedere Gesù, debba salire su un albero dice che nessuna casa con terrazza l'avrebbe ospitato. Ci sono due sentimenti che reciprocamente si richiamano e qualificano il Regno. "Zaccheo corse avanti per vedere" (v 4) e Gesù "deve passare di là" (v 4). "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". Uno vuole vedere e l'altro deve fermarsi. E' l'incontro che permette la conversione, giocata sulla libertà della persona e la libertà di Dio. Questa è sempre aperta e disponibile, l'altra dipende da quanto si accetta di voler dare un senso pieno alla vita. Gesù chiama Zaccheo per nome. E' l'unico che si permette di dare valore a quel nome, col suo genuino significato. Infatti il nome significa: "il puro, il giusto". Colui che tutti giudicano, ormai, un perduto e un maledetto, e il suo nome una burla, un paradosso, sarà il segno della impensabile novità e purità: è come una scommessa. Dio sa fare l'impossibile e può convertire questo ricco maledetto. "Nulla è impossibile a Dio" (18,27)."Zaccheo, scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua". L'"oggi" è il tempo della salvezza che è giunto anche per Zaccheo, è il fermarsi di Dio, in un momento irripetibile dell'incontro, come nei Vangeli dell'infanzia (Lc 2,11) e qui "l'oggi"viene ripetuto 2 volte. Zaccheo è entusiasta. "In piedi", davanti a tutti, decide la sua scelta di conversione: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». La restituzione del quadruplo e del doppio viene imposto dalla legge solo in determinate condizioni. Nel libro dell'Esodo (21,37): "Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo sgozza o lo vende, darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame minuto per il montone" e sempre nell'Esodo (22,6):"Quando un uomo dà in custodia al suo prossimo denaro od oggetti e poi nella casa di costui viene commesso un furto, se si trova il ladro, quest'ultimo restituirà il doppio".
Nel libro del Levitico, si obbliga alla restituzione dei beni rubati con l'aggiunta di un quinto, il 20% (5, 20-24).
Zaccheo vuole restituire il 400%. "Quando qualcuno peccherà e commetterà un'infedeltà verso il Signore, perché inganna il suo prossimo riguardo a depositi, a pegni o a oggetti rubati, oppure perché ricatta il suo prossimo...., Dovrà restituire la cosa rubata o ottenuta con ricatto o il deposito che gli era stato affidato o l'oggetto smarrito che aveva trovato o qualunque cosa per cui abbia giurato il falso. Farà la restituzione per intero, aggiungendovi un quinto, e renderà ciò al proprietario nel giorno in cui farà la riparazione.
Gesù restituisce la dignità di 'figlio di Abramo' a Zaccheo: non è solo il discendente naturale del popolo d'Israele. D'ora in poi chiunque ha fede, e compie le opere del Padre, è figlio di Abramo.
La Giornata della Solidarietà ci apre gli occhi sul mondo dei senza lavoro che diventano persone senza dignità e senza autonomia, incapaci di offrire ad altri competenze e servizi perché mancano le possibilità. La Comunità cristiana, in questi casi, si deve attrezzare per saper leggere le fatiche e le difficoltà e per trovare, anche all'interno delle istituzioni, un lavoro che restituisca dignità e ricuperi, per tutti, la dignità di operare per il bene di tutti.