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TESTO Commento su Gv 2,1-11

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/01/2013)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Più che la cronaca di un matrimonio e di sei ettolitri d'acqua che diventano vino pregiato, ci preme la presenza di Gesù e di sua Madre. Giovanni non chiama mai Maria con il suo nome, ma "Madre" o "Donna", perché ne vuole mettere in luce il ruolo. In tutto il Vangelo di Giovanni, Maria è presente solo a Cana, quando Gesù inizia la sua missione, e sul Calvario, quando il Figlio la completa consegnandola come madre al discepolo amato. A Cana, nel cuore della vicenda di una nuova famiglia, sono presenti Gesù e Maria. Al centro di un matrimonio che rischia di fallire fin dall'inizio per insufficienza e per povertà, ci sono Maria e Gesù.

Le nozze sono il simbolo dell'Alleanza. Lo sposo è Dio e la sposa è il popolo. Maria è l'umanità in attesa, che ha bisogno, desidera e attende la salvezza. Il vino nuovo è la risposta, il Vangelo, il simbolo dell'amore tra lo sposo e la sposa, la gioia che inebria. Quando manca è sciagura. Il vino di Cana è simbolo della Parola, della "grazia" portata da Gesù.

"Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". L'ora non è l'appuntamento col primo miracolo, ma il tempo della passione, morte e risurrezione. Pasqua spiega fino in fondo il segno del vino perché fa vedere la pienezza d'amore dello sposo sulla croce. Le parole di Maria ai servi - "Qualsiasi cosa vi dica, fatela" - chiedono disponibilità al progetto di Dio. Sono le stesse parole del popolo nel deserto: "Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo faremo". Come Mosè al Sinai fu il mediatore tra Dio e il popolo, così Maria a Cana, Donna-Madre che rappresenta il popolo dell'alleanza. Maria è la Madre-Sion, la nuova Gerusalemme, il nuovo Israele, vera immagine della Chiesa. Con le sue ultime parole registrate nel Vangelo, compie la sua opera: aprire l'umanità all'incontro con Cristo. Questo vuole Maria.

Il vino alle nozze stava per finire o mancava del tutto? Nel testo originale è scritto "non hanno vino", come per dire che a quelle nozze mancava qualcosa. La "denuncia" di Maria è piuttosto una preghiera; l'invocazione di un aiuto. È il bisogno di salvezza, il desiderio nuziale di Dio. Gesù risponde che il vino giungerà a Pasqua, sulla croce, facendo capire che il vino mancante è il sangue dello Sposo, il suo sacrificio d'amore. Se le nozze non riescono è sempre per il peccato.

Il dono non è solo l'acqua divenuta vino, un vino buonissimo!, ma il capovolgimento di un fallimento; se prima si andava dalla vita alla morte, al nulla, ora grazie all'amore di Dio si va dalla morte alla vita, dalla tristezza alla gioia, dal lutto alla festa. Tutto è sempre chiamato a risurrezione. Tutto è sempre immerso nella Pasqua di Gesù.

"E i discepoli credettero in Lui". Intanto hanno visto dove abita: nelle nozze, nel vino, nella gioia.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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