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TESTO Commento Luca 9,28-36

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II Domenica di Quaresima (Anno C) (07/03/2004)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

NESSO TRA LE LETTURE

L'alleanza che Dio stabilisce con Israele e giunge alla sua pienezza in Cristo Gesù è il tema su cui si fissa oggi la nostra attenzione. Abramo ascolta Dio che gli ricorda la sua origine e la promessa che gli ha fatto. Il Signore si impegna per primo ad essere fedele alle sue parole. Abramo si mostra docile alla promessa e crede in essa e questo gli è accreditato come giustizia (prima lettura). Il vangelo, presentando la trasfigurazione, ci indica che il pieno compimento dell'alleanza avrà luogo nell'oblazione di Cristo Gesù. Tutto ciò che era stato annunciato nella legge (Mosè) e nei profeti (Elia), trova il suo compimento nella "partenza" di Gesù (la sua passione, morte e resurrezione). Così, ci dice san Paolo, Cristo trasfigurerà il nostro corpo mortale ad immagine del suo corpo glorioso (seconda lettura).

MESSAGGIO DOTTRINALE

1. La promessa ai patriarchi. Quello della promessa patriarcale è il tema ricorrente nel Pentateuco, come quello del messianismo è il tema della narrazione davìdica. La promessa del Signore è articolata in tre punti: la discendenza, la terra e la benedizione. Questa promessa era ben accetta ai popoli nomadi, perché la discendenza era pegno del futuro, della permanenza; la terra assicurava un luogo di riposo per il popolo; la benedizione era sinonimo di ricchezza e benessere. Nella Sacra Scrittura questa promessa viene approfondita e raggiunge il suo vero significato. Se Abramo crede nella promessa, avrà una discendenza più numerosa delle stelle del cielo, una discendenza che conoscerà e venererà il nome del Signore; questa discendenza godrà di un luogo dove riposare, perché osserverà la legge del Signore; e perciò Dio la benedirà e la farà prosperare.

L'alleanza che il Signore stipula con Abramo si realizza secondo l'antico rito di alleanza, ma con una caratteristica del tutto particolare. Nell'antichità, quando si contraeva un'alleanza si sacrificavano gli animali, si mettevano dall'uno e dall'altro lato, ed entrambi i contraenti vi passavano in mezzo, dicendo: "mi capiti questo e quest'altro se non osservo l'alleanza stipulata". Nel caso di Abramo, egli non passa in mezzo agli animali sacrificati, è solo un fuoco bruciante, simbolo del Signore che passa consumando le offerte. L'alleanza che Dio stipula col suo popolo è del tutto particolare: è Dio stesso che si impegna col suo popolo, è Dio stesso che assicura la discendenza, la terra e la benedizione, basta che Abramo creda che sia così. Qui si vede la misericordia di Dio, il suo amore infinito che si dona senza misura e che desidera solo fede da parte della sua creatura, e corrispondenza nell'amore.

Abramo è modello di chi si fida del Signore e gli va incontro. Per mezzo della fiducia nel Signore, Abramo prende possesso di ciò che spera. Da Dio ottiene quanto si aspettava. La discendenza di Abramo darà testimonianza che la speranza nel Signore non delude, in effetti, a essa a sua volta pregherà nel suo credo che Dio è fedele e che ha fatto meraviglie per il suo popolo. Tuttavia, questa promessa non arriva mai al suo culmine perfetto. Il popolo sarà sempre in viaggio verso la terra promessa: già, ma non ancora.

2. Il compimento definitivo della promessa. Tutto questo si compie nella sua massima espressione in Gesù Cristo che, nel vangelo di Luca, cammina verso Gerusalemme per siglare la vera alleanza. Gesù si trasfigura; per un momento manifesta la sua gloria e gli apostoli restano attirati da questa visione. La Gloria di Dio si manifesta e l'uomo ne è attratto, fa esperienza della trascendenza di Dio. A partire da questo "entrare nella visione della Gloria" si sveglia nell'uomo il desiderio di "rimanere in essa": "è bello per noi stare qui", e di fare tutto il possibile per arrivare ad essa: "il nostro misero corpo sarà trasfigurato come il corpo glorioso di Cristo". Una volta che l'uomo fa esperienza della gloria di Dio si sente interpellato a partecipare di essa e a farsi egli stesso portavoce di questa gloria. Quando Pietro, Giovanni e Giacomo scendono dal Tabor hanno subito un cambiamento definitivo: sanno di essere testimoni della gloria di Dio. Quando vedranno Gesù alzato da terra, sapranno che Egli è la vera gloria di Dio che si manifesta nella misericordia senza misura. Giovanni, specialmente, vedrà in Cristo elevato da terra, la glorificazione stessa del Signore, una nuova trasfigurazione. La sua vita sarà d'ora in poi un partecipare più pienamente al mistero di Cristo.

SUGGERIMENTI PASTORALI

1. Fiducia nelle promesse del Signore e fedeltà ad esse. Quando professiamo la nostra fede cristiana non lo facciamo per un vantaggio materiale, per guadagnare un posto, per avere una garanzia materiale o psicologica; crediamo solo perché Dio è buono, santo e è degno dell'ossequio della nostra intelligenza e della nostra volontà. Inoltre, spesso, come succede in diverse parti del mondo, professarsi cristiano comporta gravi conseguenze e mette in pericolo perfino la vita stessa dei credenti. I martiri conoscono questa verità: la loro fede in Cristo è in tal maniera la verità delle loro vite che non temono la morte. La prima cosa è confessare Cristo, vero Dio e vero uomo che ha il potere di farci risorgere dai morti. Sappiamo soffrire per Cristo, sappiamo dare testimonianza della verità e rimanere fedeli alle promesse del Signore, anche se ciò ci porta persecuzione, offesa, rifiuto del mondo. Il discepolo non è più grande del Maestro.

2. L'incontro con Gesù trasfigurato. Gli apostoli prediletti Pietro, Giacomo e Giovanni videro Gesù trasfigurato. Fu una grazia speciale. Certamente, noi non possiamo vedere Gesù come loro lo videro, però possiamo avere un contatto intimo, personale e trasformante con lui. Possiamo averlo ogni volta che aderiamo alla verità, anche se ciò implica per noi svantaggi di vario tipo; possiamo averlo ogni volta che lo incontriamo nel sacramento della penitenza, e ci viene concessa la grazia santificante. In quei momenti si opera in noi una specie di trasfigurazione: la nostra vita passa dall'oscurità del peccato alla luce della grazia; dalla vita secondo la carne alla vita secondo lo spirito. Possiamo averlo, infine, quando lo riceviamo nell'Eucaristia ed entra nel nostro stesso cuore: "quanto è bello per me stare qui, Signore".

 

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