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TESTO Commento su Isaia 4, 2-5; Ebrei 2, 5-15; Luca. 19, 28-38

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

4a domenica Tempo di Avvento (anno C) (09/12/2012)

Vangelo: Is 4, 2-5; Eb 2, 5-15; Lc 19, 28-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,28-38

28Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. 29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli 30dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. 31E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». 32Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. 33Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». 34Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». 35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.

37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, 38dicendo:

«Benedetto colui che viene,

il re, nel nome del Signore.

Pace in cielo

e gloria nel più alto dei cieli!».

Lettura del profeta Isaia 4, 2-5
Un bellissimo annuncio di speranza nasce da una condizione di sofferenza e di sconfitta. Il primo versetto parla addirittura di "sette donne che afferrano un sol uomo e gli domandano di «portare il suo nome», cioè che possano averlo come loro signore e loro marito poiché gli uomini della città sono stati decimati dalla guerra (3,25-26). Le figlie orgogliose di Gerusalemme diventeranno concubine, ma sono disposte a sposare insieme un uomo solo e a mantenerlo, pur di averlo marito e di avere da lui dei figli. Non essere sposata era considerato essere disonorata, perché infeconda e priva di futuro (Dt 25,5-6).
Il profeta intravede una speranza nel futuro. Tutto inizia con "il germoglio del Signore", che sarà il Messia (Ger 23,5=33,15;Zc 3,8;6,12), e il "frutto della terra" che può indicare le benedizioni di Dio sulla terra e la ricchezza che rinasce sul suolo di Palestina.
Questo testo è probabilmente una riflessione maturata dopo l'esilio di Babilonia che riassume per i ritornati, i superstiti, il futuro di speranza.
Tutta la spiritualità ebraica conduce alla consapevolezza che la propria infedeltà causa la rovina di tutto il popolo, ma conduce con altrettanta fiducia alla convinzione che Dio ama il suo popolo e, quindi, un piccolo «resto» sfuggirà alla spada degli invasori e sopravvivrà. Ne parlano molti profeti: Amos, Isaia, Michea, Sofonia, Geremia ed Ezechiele.
Rimasto a Gerusalemme, questo "resto" continuerà a mantenere il valore di un popolo, fatto santo da Dio, ora purificato e ormai fedele. Esso diventerà una nazione potente.
Dopo la catastrofe del 587, quando Gerusalemme fu distrutta completamente, si pensò che il "resto" era tra i deportati, Convertendosi durante l'esilio alla legge del Signore e purificandosi dagli idoli che avevano in precedenza accettato, sarebbero sopravvissuti.
Ci sono i ricordi del tempo dell'Esodo poiché si elenca la nube di giorno e il bagliore di notte come segno della presenza e della protezione di Dio. E' il tempo dell'Alleanza, del fidanzamento e del matrimonio con Dio. La "protezione", qui ricordata, è anche un particolare riferimento al baldacchino, chiamato "chuppà" che ancora oggi è un elemento essenziale per la celebrazione delle nozze. Può essere un telo o una copertura e richiama la tutela di Dio..
La comunità cristiana vedrà in Cristo il vero «germoglio» dell'Israele nuovo e santificato.
Lettera agli Ebrei 2, 5-15
Nella Comunità cristiana c'è molta stanchezza che può portare al rilassamento. Bisogna, infatti, ubbidire con maggior impegno alla Parola di Gesù, con una coerenza e attenzione più mature che non l'ubbidienza della legge ebraica. Se la legge è stata data dagli angeli e " si è dimostrata salda, ed ogni trasgressione o disubbidienza ha ricevuto giusta punizione" (Eb 2,2), tanto più bisogna prendere sul serio una salvezza così grande, portata da Gesù. Dio stesso ha messo mano: è "il mondo futuro della salvezza". Tale salvezza "cominciò a essere annunciata dal Signore, e fu confermata a noi da coloro che l'avevano ascoltata, mentre Dio ne dava testimonianza con segni e prodigi e miracoli d'ogni genere e doni dello Spirito Santo, distribuiti secondo la sua volontà" (Eb 2,4-5).
Questo futuro ci viene da Gesù. Egli è vero uomo, come ogni uomo che "di poco hai fatto inferiore agli angeli" (Eb 2,7 che si rifà al salmo 8,5). Egli, che si è abbassato" poiché nella sua vita mortale si è privato della sua gloria (Fil 2,6-11: "svuotò se stesso, pur essendo Dio"), ha vissuto come ogni altro uomo la sua limitatezza, ma accettò fino in fondo la volontà del Padre, arrivando alla morte. Perciò il Padre lo ha «coronato», e alla fine dei tempi avrà il dominio su tutto. Questo è il mondo nuovo che porta la salvezza e che è tutto nelle mani di Gesù. Noi non ce ne rendiamo ancora conto di questa sovranità di Gesù sul mondo (Eb2,8) e i primi cristiani, che si sentono disprezzati e perseguitati, sembra che attendano con fatica, ancora, l'avvento del regno di Dio sulla terra (2Pt 3,4). Ma Cristo è già entrato nella gloria, e si è conquistato questo primato sugli angeli per sé ed anche per tutti noi.
E' sempre una strana scoperta ritrovare nella Parola di Dio che "le sofferenze e la morte rendono perfetto Cristo in quanto Salvatore, incaricato di introdurre gli uomini nella gloria di Dio.
Il verbo «rendere perfetto», «compiere», ritorna spesso nella lettera: evoca i diversi effetti dell'opera di Cristo nella relazione che l'uomo ha con Dio ed evoca anche il rito di consacrazione dei sacerdoti, l'«azione di riempire le mani (con le vittime)».
In questa salvezza Gesù crea una unità di cammino, anzi una parentela che lega tutti noi in una fraternità con Lui. C'è una comunione che ci viene dall'essere partecipi alla stessa natura umana di Cristo; "il sangue e la carne sono comuni". E questo ci libera dalla paura poiché Uno di noi sa lottare contro colui che ha il potere della morte, cioè Satana.
Il messaggio che ci viene è grande: nessuno ci faccia paura se siamo nella linea di Gesù che ci raccomanda al Padre, ci libera da Satana e dal male, ci riscatta dalla schiavitù che ci viene dalla fragilità e soggezione.
Lettura del Vangelo secondo Luca. 19, 28-38
Luca ci sta avviando verso la conclusione di tutta l'avventura di Gesù. E mentre racconta, si preoccupa di inviare messaggi al lettore poiché sia consapevole che si stanno compiendo realtà enormi.
Vengono premessi due fatti che diventano piste di orientamento: il banchetto di Zaccheo (19,1-10) con la sua conversione e la parabola delle monete d'oro (in greco mine- 19,11-27).
L'incontro con Zaccheo avviene nello stupore e nella diffidenza generale poiché da tale genere di persona: imbrogliona, arrivista, ladra e amico dei conquistatori pagani romani, per onestà e purezza di cuore bisogna stare lontani.
La parabola delle monete d'oro, che assomiglia alla parabola dei talenti di Matteo (25,14-30), è una premessa all'ingresso di Gesù su un asinello in Gerusalemme. Gesù vuole distinguere il tempo dei segni: ora compie la profezia di Zaccaria (entrare in Gerusalemme come re mansueto) dal tempo misterioso e lontano della venuta del Regno: "(19,11-12). Per questo c'è l'allusione di un nobile che parte per un paese lontano.
"Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, disse ancora una parabola, perché era vicino a Gerusalemme[ ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare".
Luca dice: "Per capire il seguito bisogna interpretare come credenti un banchetto ed una parabola".
Il banchetto è l'accoglienza per colui che pubblicamente è considerato il peggior ebreo di Gerico. E Gesù entra con fiducia e con simpatia (ad un banchetto non si entra rimproverando), sperando di poter incontrare il coraggio della conversione, come concretamente avviene. Infatti Zaccheo si gioca più della metà dei suoi beni
La parabola dice che ciascuno ha ricevuto molto per sviluppare un impegno nel mondo, ma il rendiconto ci sarà anche se è lontano. Si è responsabili, nell'attesa del ritorno del re, e allora apparirà che il pigro o il pauroso di impegnarsi saranno considerati malvagi.
Ora Gesù deve veramente osare e pone i segni del suo messianismo. Deve rischiare sulla manifestazione di una vocazione che finora ha sempre tenuta nascosta, anche se spesso lo hanno interpellato: "Sei il Messia?"
Gesù ha sempre saputo di correre il pericolo concreto di vedere trasformare il suo progetto di amore in strumento di guerra e di morte. Ma ora deve giocarsi tutto.
Così decide e Luca (19,29-38) racconta l'entrata di Gesù in Gerusalemme che si sviluppa con decisione: "Camminava in testa agli altri, salendo a Gerusalemme" (19,28). Il cammino è verso il tempio dove Gesù entrerà ed insegnerà. Luca raduna nel tempio tutto quello che Gesù farà a Gerusalemme nei giorni precedenti la sua morte e risurrezione. Così nel suo Vangelo il tempio è all'inizio (cc 1-2) e al termine della vita di Gesù (cc 19-21). I villaggi nominati sono sul versante del Monte degli Ulivi e Betania è il paese di Marta, Maria e Lazzaro.
Gesù è presentato come profeta: tutto avviene "come ha detto, parola per parola. I discepoli cercano un asinello su precise indicazioni di Gesù e, trovatolo, si sentono fare esattamente le stesse domande previste. Ed essi danno le stesse risposte senza entrare in trattative e senza aggiungere altro. Gesù dimostra di essere veramente il conoscitore del tempo e sa prevedere: è il segno dell'essere il profeta inviato da Dio.
Gesù è presentato come re: " fanno salire Gesù sulla cavalcatura e avanza". Si ricorda così la consacrazione di Salomone a re (1Re,1,33) e si sviluppa il gesto solenne della intronizzazione. Davanti, sulla strada, al suo passaggio si svolgono i tappeti (2 Re 9,13). Per Luca i discepoli sono i servi solleciti che si mettono a completa disposizione del Messia-Re.
Ogni re deve avere una cavalcatura che non sia servita a nessun altro: deve servire prima di tutto a Lui. Non sarebbe logico che il re non fosse primo in tutto.

Gesù è presentato come principe della pace. Già il profeta Zaccaria (9,9) aveva detto che il Messia era atteso proprio dal Monte degli Ulivi e sarebbe entrato in Gerusalemme cavalcando un asino. I discepoli intravedono questo richiamo nel nuovo grande profeta, sono tanti, si entusiasmano, e non sono armati. Essi gridano di gioia e ricordano i prodigi di cui sono a conoscenza perché testimoni. le grida si ricollegano ai canti d'ingresso con i quali i sacerdoti accolgono i pellegrini, che si recano a Gerusalemme, nel loro ingresso nel tempio. Ma il grido di "osanna" che i sacerdoti pronunciano nel canto viene qui tradotto in "benedetto" poiché Luca scrive per non ebrei convertiti.
La regalità di Davide si realizza nella regalità di Gesù che però non si appoggia sulle armi: la scelta di un asinello e non del cavallo ricorda che il nuovo re non propone la guerra e la violenza. Egli sopprimerà carri e cavalli da guerra (e il cavallo era fondamentalmente utilizzato dagli eserciti). Egli convocherà le nazioni per mezzo della sua umiltà. E' il servo umiliato che si prepara a subire violenza. Ma affronterà tutto e tutti con amore. Per questo sarà principe della pace e dominerà il mondo nuovo.
Il canto dei discepoli sulla pace ricorda il canto degli angeli a Natale (Lc 2,14). Allora erano delle creature celesti che annunciavano una pace sconosciuta, ora sono i discepoli che hanno assimilato la nuova pace. E' compito della Chiesa camminare su strade non violente per costruire il nuovo mondo.

 

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