TESTO Lui viene perché tu divenga
II Domenica di Avvento (Anno C) (09/12/2012)
Vangelo: Lc 1,26-38
1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
5Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Maria e Giovanni Battista sono le due figure che ci accompagnano al Natale. L'8 dicembre e la IV domenica d'Avvento Maria; oggi e domenica prossima il Battista.
Giovanni Battista fu una figura fondamentale per Gesù. Fu il suo iniziatore e probabilmente anche un suo discepolo. Storicamente Gesù considerò il Battista come suo maestro, a lui superiore, e si fece battezzare da lui per il perdono dei propri peccati. Egli si considerava uno dei molti che in Israele volevano convertirsi per sottrarsi all'imminente giudizio di Dio. Successivamente Gesù prese la sua strada e si distaccò dal Battista (Mt 11,2-15; Lc 7,18-30).
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare...
Lc, come i grandi scrittori del suo tempo, inquadra la vicenda che sta avvenendo dentro la grande storia. Ci sono i nomi dei sovrani del suo tempo: quelli politici e quelli religiosi.
C'è Tiberio, morto nel 14 d.C. (19 agosto). Siamo tra il 19 agosto del 28 e l'agosto del 29 (cfr. Gv 2,20). C'è Pilato, governatore della Giudea e Samaria tra il 26 e il 36. Gli storici parlano di lui come di un uomo corrotto e crudele. C'è Erode Antipa, figlio di Erode il Grande che regnò sulla Galilea e Perea (Transgiordania) tra il 4 a.C. e il 39 d.C. C'è Filippo che governò le regioni a Nord e ad Est del lago di Genezareth dal 4 a.C. al 34 d.C. C'è anche un tal Lisania, personaggio poco conosciuto. L'Abilene, su cui regna, è la regione di Damasco; faceva parte della Palestina. Ci sono anche i sovrani religiosi: c'è Anna sommo sacerdote dal 6 al 15. Anche dopo la sua deposizione la sua influenza continuò. Oltre ad Anna, altri cinque suoi figli furono eletti sommi sacerdoti. C'è Caifa', genero di Anna, sommo sacerdote dal 18 al 36. Insomma, ci sono tutti quelli "importanti" per il mondo. Ma Dio non scende lì.
Oggi diremmo: c'è Obama, c'è Monti, c'è Papa Benedetto, il patriarca della chiesa orientale, ma Dio scende sul cappellano delle carceri che "vede" davanti a sé ancora delle persone e non dei condannati ad una vita meschina; Dio scende sul palestinese e sull'ebreo che fra le ostilità dei propri compatrioti cercano vie di pace con l'altra sponda; Dio scende sulla suocera che decide di perdonare lo sgarbo della nuora.
La parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto
Il verbo "scendere" (gignomai) vuol dire anche "nascere, generare". E' un incontro vivo, che trasforma, che fa fiorire e genera il suo frutto. Dopo questa discesa il Battista se ne va per tutta la regione a predicare.
Quando la parola di Dio all'inizio della storia scende sulla creazione nasce il mondo e ogni essere vivente. Quando la parola di Dio attraverso l'angelo scende su Maria, nasce Gesù. La parola che scende su Giovanni lo invia, lo spinge e lo fa profetizzare. Dio quando scende, quando viene, produce una creazione, una nascita, un rinnovamento. Allora: l'incontro con Dio è un incontro che ti crea cioè ti cambia e ti invia ossia produce un movimento. Tu eri qualcosa ma dopo aver ascoltato, nel senso di "mangiato, assimilato, gustato, fatta penetrare" una parola, tu non sei più lo stesso. Quella produce un movimento, un cambiamento, un'apertura dentro di te. Come Francesco d'Assisi che lasciò risuonare la parola: "Francesco, va' e ripara la mia casa". Non fu più lo stesso. All'inizio non seppe bene cosa volesse dire, ma sapeva che quella parola era la "sua parola".
Quante parole ascoltiamo durante una giornata! Ma la parola di Dio non è così. Quante parole religiose abbiamo detto nella nostra vita! Ma la parola di Dio non è così. Quante volte abbiamo ascoltato il vangelo! Ma la parola di Dio non è così. La parola di Dio è quella parola che ti penetra nelle profondità, ti scuote (quindi è sempre destabilizzante) e ti tocca, ti centra nel tuo intimo. E' quella parola che ti viene sempre in mente, anche se puoi non sapere il perché, che ti risuona, che ti vibra, che senti che ti richiama e che ti riguarda. E' quella parola che non ti lascia indifferente. E' quella parola che fa succedere qualcosa. San Paolo esprime chiaramente cos'è la parola di Dio: "La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto" (Eb 4,12-13). Non è di certo una parola fra le tante!
Il Battista predica nel deserto
Deserto (in ebraico midebar) vuol dire "ciò che viene dal Verbo". Geograficamente il deserto palestinese è una regione montuosa, con scarsa vegetazione, poco abitata, sede di pastori, predoni ed eremiti (eremos in greco vuol dire proprio deserto).
Ma nella Bibbia il deserto è un luogo per cui si deve passare. Non si può giungere da nessuna parte, in nessuna terra promessa se non si ha il coraggio e la forza di affrontare il proprio deserto.
E' stato un passaggio necessario dopo la liberazione dall'Egitto (Es 5,1; 13, 17-21), per quella babilonese (Is 40,3); è stato un luogo necessario per Mosè (Es 3), per Elia (1 Re 19), per Paolo (Gal 1,17), per Gesù (Lc 4,1-13).
Il deserto più che un luogo fisico è una dimensione della vita. Viene, cioè, un momento in cui bisogna smettere di sfuggire a se stessi, smettere di cercare risposte fuori di noi, smettere di riempirci e di imbottirci di idee, filosofie e pensieri vari, e guardarci per davvero in faccia senza mentirci. Nel deserto non c'è nessuno: ci sei solo tu.
Molte persone hanno il terrore di stare con sé. C'è chi non può stare senza fare qualcosa: non è che faccia tante cose, è che non riesce a stare con sé. C'è chi deve parlare sempre e riempire tutti gli spazi vuoti; non può fermarsi e ascoltarsi. C'è chi non riesce a stare da solo e deve sempre stare in compagnia di qualcuno perché ha paura di sé. C'è chi non riesce neppure ad ascoltare quello che prova, che neppure può sentirlo perché lo teme troppo. Molte persone cercano il "tempo per sé": si riposano, leggono un libro, fanno qualche sport, escono con gli amici; fanno, insomma, quello che di solito non fanno mai. Bene! Ma "stare con sé" è un'altra cosa.
Un grande esercizio è quello di stare un giorno intero senza nessuno e niente. Niente libri, niente telefono, niente cose da fare, niente da scrivere, poco da mangiare. All'inizio incontrerete il vuoto, il disorientamento e cercherete il modo per scappare. Ma se avrete forza di rimanere farete una grande sorpresa:... (provate e capirete!).
Nel deserto il Battista predica un battesimo di conversione per il perdono dei peccati
Predicare: kerysso, vuol dire urlare, dire ad alta voce. La radice ker indica il cuore. Giovanni non fa catechesi, lunghi discorsi o omelie; messaggi semplici che partono dal cuore e che arrivano al cuore, messaggi brevi, appassionati, diretti e incisivi. Anche Gesù parlava così. Il messaggio non ci deve con-vincere (vincere è umiliare l'altro); dobbiamo aderirci perché ci tocca l'anima.
Il battesimo è di conversione per il perdono dei peccati
Conversione è meta-noeo (shub in ebraico vuol dire "tornare indietro") e indica il cambiamento di pensiero.
Perdono (afiemi) indica il lasciar andare, il liberare, il mandare via, il rimettere. Peccato in ebraico indica una freccia che non giunge al bersaglio.
Battesimo (baptizein, immergersi in greco) in ebraico tabel indica l'immersione nelle acque.
La creazione, dice la Bibbia, è immersa nelle acque del mondo, dove c'è tov e rà. All'inizio della storia (Genesi) tutto il creato era ricoperto dalle acque (samaym: che vuol dire "le acque che contengono il Nome", ciò che tu sei veramente) e quando Dio disse: "Sia la luce" (Gn 1,3) creò la luce e le tenebre (tov e rà). Ma tov e rà indicano non tanto la luce, il bene e il buio, il male; ma la luce e la non-ancora-luce.
E' la legge della vita: per conoscere Dio, la Vita, bisogna immergersi nelle acque che contengono la luce e la non luce. Bisogna confrontarsi con tutti i mostri interiori, che noi chiamiamo male, che tendiamo ad isolare, ad eliminare, a mettere in disparte e a non confrontarci.
Tutta la storia della salvezza è il tentativo di entrare dentro queste acque buie, di non-luce, tenebrose, di peccato, per confrontarsi con esse e uscirne, con l'aiuto di Dio, vittoriosi.
Il mondo non è un Eden meraviglioso ma un territorio dove tu devi accettare la tua luce e la tua non-luce, i tuoi lati di splendore e i tuoi lati oscuri, quelli di gloria e quelli di tenebra.
Anche gli Ebrei dovettero immergersi nelle acque del Mar Rosso (yam sof vuol dire "mare dei giunchi o del limite") e fare un lungo cammino di quarant'anni dove si confrontarono con tutta una serie di nemici (più che esterni sono i propri demoni interiori) per uscirne, con la presenza di Dio, vittoriosi.
Il cammino degli ebrei fu un cammino con grandi fedeltà, grandi luci, ma anche con grandi infedeltà e idolatrie, un cammino d'ombra. E dovettero percorrerlo fino in fondo, tutto, per arrivare alla Terra Promessa.
Anche Gesù si immerge nel Giordano (Yared, Giordano, vuol dire discendere). Anche Gesù è dovuto discendere in questo mondo di luce e di buio, di già e di non-ancora. Anche lui ha dovuto confrontarsi con il buio personale (4,1 le tentazioni), le tenebre del mondo e del male che lo ostacolavano, e che alla fine lo uccisero.
Anche noi il giorno della nostra nascita usciamo dalle acque uterine: come gli ebrei, come la creazione, come Gesù quando fu battezzato dal Battista (3,21). Con l'uscita dalle acque (materne) inizia il nostro cammino di confronto con la luce e il buio che vive dentro ciascuno di noi (battesimo d'acqua).
Solo con la nostra opera (battesimo di sangue) si potrà manifestare nella nostra vita la salvezza di Dio. Solo con quest'opera potremmo far emergere il Figlio dell'uomo che emerge in ciascuno di noi. Siamo già figli di Dio, ma solo immergendoci, incontrando il non-ancora che ci fa paura, che respingiamo, che a volte demonizziamo, ma che ci appartiene potremmo diventarlo.
Siamo un seme (di figlio dell'uomo) che può diventare pianta (il Figlio dell'Uomo). L'opera è semplice e complessa.
Raddrizzare i sentieri
Non è vero che facciamo pensieri osceni, aggressivi o crudeli? Non è vero che guardiamo la donna (o l'uomo) con l'occhio assatanato di chi la vorrebbe possedere? Non è vero che cova in noi tanta di quella rabbia che faremo a pezzi qualcuno, che elimineremo fisicamente qualcuno di quelli vicini, che faremo soffrire con divertimento qualche persona? Non è vero che certi notti facciamo sogni dove con un coltello facciamo morire dissanguati qualcuno? Non è vero che abbiamo dei comportamenti perversi (per-versi: nella direzione sbagliata) e indecenti? Non è vero che dietro al nostro bel volto sorridente, dietro a tanto "Dio", a volte c'è tutto questo?
E tutto questo "storto", questo irrisolto, dove andrà a finire? Come agirà libero dentro di noi?
Burroni riempiti
Non è vero che dentro di noi ci sono buchi affettivi enormi? Non è vero che ci sono mani che chiedono disperatamente amore e corpi che bramano tenerezza? Non è vero che a volte siamo stati abbandonati e che non c'era nessuno che ci ascoltava, che ci difendeva, che si prendeva cura di noi? Non è vero che ci sentiamo cadere nel nulla, nel vuoto più assoluto e che ci sentiamo inghiottire dal buio? Non è vero che siamo stati derisi, umiliati, che si divertivano a prenderci in giro e tutti ci davano addosso? Non è vero che siamo come un iceberg perché non c'era calore attorno? E che adesso temiamo come il peggior demonio il sole dell'amore?
E come si può vivere con tutto questo vuoto dentro, questa mancanza che tentiamo in tutte le maniere di riempire (soldi, sesso, droga, ammirazione, ecc.) ma che non si riempie mai, come un pozzo senza fondo?
Monti abbassati
Non è vero che siamo orgogliosi? Non è vero che siamo competitivi, che ci dà fastidio che il nostro amico abbia trovato un lavoro migliore del nostro o la fidanzata più bella della nostra? Non è vero che ci crediamo o che vorremmo essere migliori (più bravi, più onesti, più perspicaci, più intelligenti, più simpatici) del nostro collega o di chi c'è vicino? Non è vero che ci sentiamo superiori agli altri? Non è vero che giudichiamo gli altri perché ci sentiamo inferiori? Non è vero che quello che fanno gli altri è sempre "fatto male" perché solo noi facciamo bene le cose? Non è vero che c'è del marcio dentro di noi e che abbiamo anche noi la nostra parte di "schifo"? Non è vero che tutto questo non ci riguarda? Non è vero che crediamo che tutto questo riguarda solo gli altri ma non di certo noi?
E come si può incontrare la propria fragilità, la propria vulnerabilità con tutta questa supponenza? Come si può incontrare gli altri, o semplicemente amare qualcuno, con tutta questa altezzosità, nelle vene?
Passi tortuosi
Non è vero che ci sarebbero delle scelte difficili, tortuose, tormentate da operare? Non è vero che sappiamo che dovremmo fare quella cosa ma che non ci va di farla? Non è vero che lasciamo lì quello che dovremmo fare noi e solo noi, per non crearci troppi "casini"? Non è vero che cambiare è impegnativo e coinvolgente, e perché farlo? Non è vero che ce la raccontiamo pur di non iniziare certe strade ardue e tortuose?
Come si può essere protagonisti della propria vita con tutte queste scelte non operate?
Luoghi impervi
Non è vero che ci sono dei fatti duri da digerire e dei ricordi nascosti? Non è vero che abbiamo degli scheletri nei nostri armadi? Che dei mostri che c'inseguono di notte e di giorno? Non è vero che delle porte del nostro cuore sono chiuse a doppia mandata e guai a chi prova ad entrarci? Non è vero che ci sono dei traumi, che sappiamo che ci sono ma che tentiamo con tutto noi stessi di dimenticare? Non è vero che ci sono delle ferite che non vogliamo che riemergano perché ci farebbero così tanto soffrire?
E tutte queste zone, questi luoghi inaccessibili, dove nessuno vi può entrare, non è spazio, vitalità non utilizzata? Come si può essere figli della luce con tutto questo nascosto e questo buio dentro?
Il miracolo è che se tu fai questo vedrai la salvezza
Se tu fai questo emergerà il Figlio dell'uomo, cioè chi sei tu, nella tua bellezza originaria, pura, naturale. Quello che sei non ci assomiglia neanche lontanamente. Compi la tua opera e vedrai chi sei!
Se tu fai questo emergerà il Figlio di Dio, e lo vedrai faccia a faccia. Tutto ti sarà chiaro: non ci saranno più dubbi o domande. Quando si vede si sa che è così!
Se tu fai questo scoprirai che non c'è nulla da temere, nulla di cui aver paura perché potrai vedere distintamente tutto com'è: siamo tutti (uomini, mondo, universo, bene e male) sopra la Sua Mano, avvolti dal suo dolce sguardo; e mentre noi siamo affaccendati a conquistare chissà chi e chissà cosa, Lui sorride e ci protegge.
Pensiero della Settimana
Mi inchino di fronte a ciò che ho dentro
e con umiltà me ne prendo cura.