TESTO Abbi dubbi
don Cristiano Mauri La bottega del vasaio
3a domenica Tempo di Avvento (anno C) (02/12/2012)
Vangelo: Lc 7,18-28
18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 25Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. 26Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 27Egli è colui del quale sta scritto:
Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,
davanti a te egli preparerà la tua via.
28Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui».
Non sta bene che il Battista abbia dei dubbi riguardo a Gesù. No, per nulla.
Non è che stiamo parlando di una scartina qualsiasi. Qui si parla del Precursore, non so se mi spiego. Il Precursore. L'ultimo dei profeti, quell'"Elia che deve venire", dopo lui nessuno più se non il Messia. Le mostrine delle profezie antiche attaccate al petto, una condotta di servizio irreprensibile, le parole giuste al momento giusto. Una sferza, un pungolo, una pietra d'inciampo per le coscienze tranquille. Voce autorevole, dottrina granitica, piglio da leader. Una crepa in uno così mica te l'aspetti. Costui, "il più grande tra i nati di donna", vacilla.
E' confuso Giovanni. Pure Giovanni! Eppure l'aveva così ben descritto quel "più grande" che sarebbe venuto dopo lui. Le idee erano chiare. Chiare a tal punto da essere punto di riferimento per una schiera di discepoli.
Invece: un dubbio di fede, un'inquietudine, uno sbandamento: "Sarà lui? Non sarà lui?". Il modo in cui Gesù andava raccontandosi rivelando anche il Padre strideva con le profezie giovannee. Troppo normale. Troppo ordinario. Dov'è il giudice escatologico che viene sulle nubi con grande potenza e gloria? Dov'è colui che spazzerà l'aia con il ventilabro e brucerà la pula? Dov'è colui che è come il fuoco del fonditore e la lisciva del lavandaio? Questo Gesù di Nazareth non veste bene i panni del Messia dipinto da Giovanni.
Il Precursore è inquieto. C'è una Presenza in quell'uomo, un'autorità che nemmeno lui ha, dei segni che lasciano trasparire un Oltre. Egli descrive il Cielo come la Sua propria dimora. Parla della terra come ne fosse l'autore. Dimostra una conoscenza soprannaturale del cuore umano. Ma tutto questo Giovanni lo intravede solo. Lo intuisce, ne è affascinato, a tratti convinto ma senza riuscire ad afferrarlo una volta per tutte. Avverte che in Gesù c'è in atto il racconto di un Mistero ma nella forma di una vera Ri-velazione. Svela, velando; vela, svelando. La narrazione del Nazareno apre degli squarci che mostrano il volto di Chi lo ha mandato, ma nell'attimo stesso in cui pare di stringere qualcosa tra le mani... Ecco che subito si è disorientati dall'inafferrabilità di quel volto.
Giovanni domanda. Non è chiaro chi sia Gesù. Non gli è chiaro. Giovanni deve domandare. Non gli è possibile risolvere la cosa con i propri mezzi. La propria conoscenza e la propria fede non gli consentono di andare oltre. Giovanni, in panne, deve chiedere. Si trova costretto a ricevere da Gesù i contorni della sua figura.
E Gesù si concede. Di nuovo però ri-velando. Un dire, il Suo, che non spegne definitivamente la domanda ma la attiva, la rilancia, la vivifica. Possiamo dire che Gesù accende in Giovanni una fede fatta non più di canoni profetici, ma di una domanda. In quel domandare si realizza la consegna di sé e si riconosce il Primato dell'Altro. Giovanni si rende conto di non poter "comprendere" il Messia, ma di doversi comprendere a sua volta dentro quel "Ri-velare Ri-velandosi" che Gesù va compiendo. La domanda di Giovanni è una riconsegna per la quale sperimenterà un dover rinascere dalle parole di Gesù. La fede di Giovanni non è più un nucleo di certezze messianiche ma una "relazione messianica" alla quale affidarsi nella forma della domanda e dalla quale farsi rigenerare.
La fede cristiana non va confusa con il possesso di un blocco granitico di certezze teologiche che faccia da basamento al nostro agire. Essa è piuttosto una domanda con la quale continuamente rimandiamo a un Altro il fondare la nostra vita. Il rischio di chi spegne il fuoco delle domande con l'estintore delle certezze è quello di morire congelato in una fede che ha perso il calore della relazione, del dialogo fatto di ascolto, replica, domanda, risposta con il Padre che ordinariamente si ri-vela. E' il rischio - sempre quello - dell'autosufficienza, del fai-da-te. E' il rischio del porre la Legge al posto di Dio. L'antidoto alla sensazione di fragilità e debolezza che le domande e i dubbi insinuano non è il rifugiarsi nella gelida prigione delle certezze rocciose, ma il consegnarle a Colui che è il grembo capace di comprenderle. Questa consegna, questa domanda, si chiama Fede.
Il resto è noia.