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TESTO Rivèlati a noi stessi

Paolo Curtaz  

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (25/08/2002)

Vangelo: Mt 16,13-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». 14Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». 15Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». 16Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». 17E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». 20Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Ogni anno, puntuale, ritroviamo nel nostro itinerario, secondo le diverse interpretazioni fatte dagli apostoli, la pagina di Cafarnao, il momento più importante dell'avventura degli apostoli, il momento in cui il Signore li invita a fare il punto della sequela.

Già: perché seguiamo Gesù? Perché, come loro, siamo rimasti affascinati dalle sue parole che sono Spirito e vita? E, soprattutto, chi è questo Gesù per noi? Ogni anno, a questo punto, il Signore ci chiede di non dare nulla per scontato, anzi insiste perché, nel silenzio della preghiera, ricollochiamo nella nostra vita la sua presenza.

Gesù non fa un sondaggio d'opinione, non vuole avere notizie sulla sua fama diffusa, dopo aver fatto il giro d'opinioni tra gli apostoli ci pone - tagliente - la domanda: "dì, e per te cosa rappresento?" Come domenica scorsa con la Cananea, è il passaggio dalle discussioni teoriche alla messa in discussione di se stessi. La Cananea contestava la divinità che, a suo parere, doveva esaudirla. Gesù, duramente, la portava ad interrogarsi sulla sua (limitata) visione di Dio. Un altro passo compiamo oggi: che idea ha la gente di Gesù. Se ne parla, spesso, forse mai nessun personaggio della storia ha suscitato tante discussione.

Ma non restiamo nel vago, non facciamo salotto: schieriamoci, prendiamoci da parte e lasciamo che la bruciante domanda del Rabbì ci perfori il cuore: chi è davvero Gesù di Nazareth per me? Un grand'uomo del passato? Una distratta divinità a cui rivolgerci? Pietro si schiera: egli è l'atteso, anche se quest'affermazione deve ancora portare a conversione Pietro che ancora s'immagina un Messia trionfante, un Dio vittorioso...

Domenica della scelta, questa. O della ri-scelta che continuamente siamo chiamati a compiere. Quest'anno, però, voglio condividere una riflessione che ho sentito tempo fa da un confratello e che mi ha riempito il cuore di gioia.

È una lettura profonda del dialogo che intercorre tra Pietro e Gesù. O, meglio tra Simone e Gesù. Ridotto all'osso potremmo dire che Simone dice a Gesù: "Tu sei il Cristo", che significa: "Tu sei il Messia che aspettavamo", una professione di fede bella e buona e decisamente ardita. Ardita, non mi stancherò di ripeterlo, perché Gesù non risponde ai canoni del Messia atteso: niente patriottismo, né regalità, né comportamenti aulici e strabilianti.

Al contrario: un tono pacato, quasi dimesso, che dà una interpretazione del tutto nuova del mistero di Dio. Pietro fa un salto di qualità determinante nella sua vita, un riconoscimento che gli cambierà la vita. Gesù risponde: "Tu sei Pietro". Il cambio di nome Simone-Pietro è probabilmente avvenuto qui. Simone scopre il suo nuovo volto, una dimensione a lui sconosciuta, che lo porterà a garantire la saldezza della fede dei suoi fratelli. È stupendo questo dialogo, nella sua essenzialità: Pietro rivela che Gesù è il Cristo e Gesù rivela a Simone che lui è Pietro.

Quando ci avviciniamo al mistero di Dio sveliamo il nostro volto; quando ci accostiamo alla Verità di Dio riceviamo in contraccambio la verità su noi stessi. Confessare l'identità di Cristo ci restituisce la nostra profonda identità. Che bello! Quanto siamo lontani (anni luce!) dalla visione di un Dio concorrente alla mia umanità. Perché, in fondo in fondo, alcuni sono persuasi che aprendosi alla misericordia di Dio quasi venga a mancare una parte della loro umanità. Niente di più fasullo: se il Dio in cui crediamo ci fa decrescere in umanità non è il Dio di Gesù Cristo.

Quanti, avendo seguito con più decisione la presenza del Signore Gesù, giungono a dire che hanno imparato a diventare veramente uomini! Non abbiamo paura, quindi, a fidarci di questo Dio che davvero ci può rivelare a noi stessi, con semplicità ma con verità. Un'ultima annotazione su Pietro e sul suo ministero. Credo che dobbiamo avere il coraggio, parlando di Pietro, di mettere da parte tutto il contorno che, inesorabilmente, offusca il ruolo del suo ministero attuale.

Che questo Papa mi stia più o meno simpatico, che condivida o meno il suo stile, poco importa. Purché assolva (e lo assolve!) il suo ministero. Purché, cioè, sia qui a garantirmi che la fede in cui credo, la fede che vi annuncio, è la fede che da sempre, dagli apostoli in poi, la Chiesa proclama e professa. Occorre ricuperare, cioè, la dimensione teologica del carisma di Pietro. Che il Signore ci accordi di vedere questa realtà con lo sguardo della fede!

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