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TESTO Uscire dalla mediocrità per essere graditi a Dio

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/10/2012)

Vangelo: Mc 10,17-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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17Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». 18Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». 20Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». 21Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». 22Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

23Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». 24I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! 25È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». 26Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». 27Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

28Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». 29Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, 30che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà.

"Non rubo, non uccido, non do fastidio a nessuno e trascorro in pace la mia vita." Frasi di tal fatta non di rado vengono proferite da parte di moltissimi cristiani "praticanti" e devoti, che tendono a giustificare la propria posizione di credenti semplicemente omettendo di fare il male o avendo la coscienza pulita solamente per le pochissime, sparute, buone azioni. Non sono rare le persone che tendono a mettere in pace la propria coscienza sgranando rosari in chiesa, biascicando preghiere vuote e distratte, dandosi a continui esercizi di devozione e di pietà, senza neppure considerare in cosa consiste la vera volontà di Dio e vanificando anzi le proprie pratiche di orazione attraverso maldicenze, pettegolezzi e cattiverie di vario genere, "confessando poi al sacerdote i... "soliti peccati", forti della convinzione che molto spesso si può peccare con azioni o omissioni di quelle appena citate. Per molta gente che si professa cristiana, la volontà di Dio corrisponde a non infastidire nessuno e a farsi i fatti propri.

Siamo ancora ben lontani dal rendere efficace in noi la grazia di Dio che ci è stata data nel sangue di Gesù Cristo, che ci ha liberati perché vivessimo in uno stato di assoluta libertà definitiva!! Finché infatti il bene corrisponde a "non uccidere, non rubare, non fare nulla di male e farsi i fatti propri" il cristianesimo sarà sempre una religione non differente da altre culture etiche di matrice pagana o miscredente e anzi queste ultime saranno anche più significative ed edificanti di essa.

In un contesto ben preciso Gesù infatti categoricamente esclama: "se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? (Mt 5, 46 - 47). Già Democrito nel IV secolo a. C aveva affermato che "il bene non sta nel non commettere ingiusitizie, ma nel non volerle"; il Signore Gesù, apportatore della novità del Regno ci insegna molto di più: il bene consiste non solamente nel non preferire cattiverie, ma nel sostituire queste con concrete opere di misericordia; non nell'adottare vendetta o ritorsione, ma nel perdonare le offese, non nel non procacciare la ricchezza, ma nel preferire lo spirito di semplicità umiltà e povertà evangelica. Insomma, il cristianesimo ci invita a superare noi stessi uscendo dalla mediocrità con un slancio di qualità in più rispetto agli altri. Come altrove si è affermato da più parti, il cristianesimo è eroismo, poiché valica la comune tendenza di pensiero per la quale ci si contenta solamente di rispettare una legge scritta, ma impone a tutti e a ciascuno la legge interiore del cuore e della coscienza per cui non basta non compiere il male, ma è indispensabile anche prodigarsi nel bene e nella giustizia. Sull'immagine di Cristo che ha vinto il male e la morte riscattando l'uomo peccatore con il sangue della croce, il cristiano è invitato ad andare oltre a quanto prescrive la lettera di una legge scritta e ad incidere nella propria coscienza qualsiasi legiferazione atta a migliorare se stresso in funzione degli altri.

Del resto è anche vero che determinati scandali a cui ci costringe specialmente la cronaca odierna, quali le frodi fiscali, falso in bilancio, appropriazione indebita di capitali nelle regioni, truffe e raggiri a danno dell'intera economia del Paese, sono dovuti in fondo ad un'assenza di formazione etica personale, ad un misconoscimento dei valori in relazione al bene comune, al senso del dovere e della responsabilità: in casi come questi avviene che "l'occasione fa l'uomo ladro" perché si agisce illecitamente nella certezza di non essere sorvegliati o che nessuno sarà mai in grado di smascherarci, quindi secondo una logica di falsa libertà che in realtà è solo schiavitù sotto mentite spoglie per la quale è indispensabile la sorveglianza stretta delle forze dell'ordine ai fini di evitare disordini sociali.

Il vero progresso civile richiede invece che qualsiasi azione o omissione sia animata dal principio per cui la mia libertà personale non infrange la garanzia del bene altrui e ogni giustizia deve essere atta a promuovere il bene del mio prossimo non avendo di mira il mio esclusivo interesse.

Per questo motivo è indispensabile in ogni caso abbandonare la leggerezza del comportamento umano mediocre e distante quanto alla morale e acquisire sempre più coscienza di doverci superare e motivare in vista del prossimo e a questo mira il monito evangelico anche relativamente alla pagina odierna. Essa invita in ogni caso a rifuggire l'insufficienza e la mediocrità di vita e ad essere sempre disposti ad eludere i nostri limiti per procurare a noi stessi la perfezione ad immagine del Santo che ci ha chiamati (1Pt 1, 15), conformemente cioè a Cristo Figlio di Dio che ci indica a sua volta il Padre come prototipo di perfezione. Sull'esempio di Cristo possiamo mirare alla perfezione in ogni aspetto della nostra vita. Infatti, il giovane che, deluso e amareggiato si allontana da Gesù è tipico di chi non ama sforzarsi più del necessario per essere "eroe" e per superare la mediocrità e la superficialità. Ciò avviene nello specifico della rinuncia ai beni: non basta essere ottemperante alle comuni normative della legge divina, ma serve anche saper rinunciare a quanto è per noi motivo di sicurezza e di protezione, cioè i beni materiali per avere l'unica sicurezza nel Signore e nella sua Parola. La povertà evangelica, cioè la rinuncia ai beni materiali e la dipendenza da Dio nel proprio sostentamento non è solo orientamento dei consacrati e dei candidati alla vita religiosa, ma riguarda la scelta di tutti i battezzati che in ragione del proprio stato sono invitati a fare uso moderato dei beni di consumo, preferendo la semplicità di vita al successo economico sproporzionato e agli ingenti capitali. Ciò nonostante, per inciso il brano evangelico odierno chiede che il superamento della limitatezza sia proponibile sotto tutti gli aspetti della vita cristiana perché si pongano le motivazioni ei fondamenti del Regno di Dio e per ciò stesso della felice convivenza fra gli uomini. Uscire dalla mediocrità e non accontentarsi della semplice osservanza delle norme comuni diventa poi sempre più esigente quando questo richieda l'esercizio della carità operosa ed effettiva. La stesso spirito di povertà evangelica comporta necessariamente la condivisione delle nostre risorse con quanti soffrono l'indigenza e l'abbandono, ma il monito universale alla carità deve caratterizzare ogni aspetto della nostra vita, pena la condanna e la disapprovazione da parte di Dio.

In tutto questo risulta molto prezioso l'insegnamento di cui alla prima lettura di oggi: sapienza e prudenza, elargite a piene mani da Dio, sono doni assai più appetibili del guadagno e della ricchezza. Esse riguardano infatti l'agire retto e il comportamento saggio ed eroico di chi dice di appartenere a Dio.

 

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