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TESTO Comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano

Riccardo Ripoli  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/09/2012)

Vangelo: Mc 7,31-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 7,31-37

31Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Quando ci accade una cosa buona vorremmo dirla a tutto il mondo, vorremmo gridare ai quattro venti la nostra gioia, condividere con tutti la felicità che abbiamo nel cuore. Purtroppo siamo pieni di paure ed in agguato ci sono persone cattive pronte ad approfittarsi di noi. E' in questo senso che Gesù raccomandava spesso di non dire a nessuno ciò che Lui aveva fatto per loro, non certo per paura o per non avere troppe persone da aiutare, ma per proteggerci dall'invidia e dalla cattiveria di talune persone.

La gioia è da condividere, ciò che ci accade di buono va detto a tutti, senza superbia perché è un dono di Dio e non merito nostro.

Un a volta sono andato a Roma con tre miei amici ed amiche invitato dal Presidente della Camera. Ero al settimo cielo per quell'incontro, per il riconoscimento dei nostri sforzi. Dormimmo a Roma e la mattina dell'incontro prendemmo la metropolitana per andare in centro. Erano le nove della mattina. Entrando c'erano una ventina di persone nella carrozza tutti con l'aria seria, imbronciata. Era una cosa che mi dava fastidio. Esseri umani che viaggiano insieme, che condividono un pezzetto della loro vita e non si guardano nemmeno negli occhi, non si parlano, non accennano ad un sorriso o ad un saluto, ma come era possibile? Istintivamente mi rivolsi allora ai miei amici in maniera un po' plateale e a voce abbastanza alta che tutti mi sentissero dissi "è mai possibile che nessuno sorrida? Cosa sono quei musi lunghi? C'è sempre nella vita un qualcosa per cui gioire, abbiamo la salute, oppure le gambe per camminare, oppure figli e nipotini che ci vogliono bene. Tante persone non hanno nulla, si alzano la mattina e non sanno se sopravvivranno fino a sera, eppure gioiscono di ogni piccola cosa che ricevono nella vita. E noi qui portiamo solo tristezza a chi incontriamo. Come sarebbe bello salutarci, conoscersi, scambiare due parole, condividere un momento di gioia". I miei amici si vergognavano di quel mio piccolo show, ma una signora che mi era vicina alzò la testa, mi fece un grandissimo sorriso e mi disse "hai ragione" e si presentò. Di lì a poco avevamo scambiato qualche parola con tutti quelli che erano sulla carrozza, al punto che quando si scese ci augurarono ogni bene per le nostre iniziative e noi facemmo altrettanto con loro. E' stato bellissimo condividere quella gioia. Da allora, mi prendano pure per pazzo, non mi importa, la mia gioia di ogni giorno, la felicità di stare con i miei ragazzi, la contentezza di poter essere utile per la loro crescita le esterno sempre. Ed allora capita che vada alla stazione vestito da paperino, oppure balli in mezzo di strada per mano ai miei bimbi, o corra per il prato peggio di un ragazzino. La gioia è contagiosa e sono certo che esternarla, che ringraziare il Signore dei doni che ci fa', fa piacere a Dio perché rende felice altre persone in una catena senza fine.

La gioia è come una candela accesa in una stanza buia, una candela che deve essere felice di consumarsi per l'amore del prossimo e di Gesù.

 

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