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TESTO Come un fiore sradicato

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/02/2004)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,21-30

In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Quando l'11 Aprile 1999 il vescovo impose le mai sul mio capo e pregò su di me annunciò fra gli applausi che "la comunità cristiana ha un nuovo sacerdote"; e io lì per lì fui sul punto di domandargli: "E chi è?"... Riflettevo infatti su come Dio avesse portato a termine il Suo progetto nella mia vita.

Non dimenticherò mai gli esordi del mio itinerario verso il sacerdozio.... Dalla forte convinzione adolescenziale che sarei diventato giornalista, maturai poco alla volta negli anni il desiderio di diventare sacerdote Diocesano, che mi condusse ad entrare in seminario dopo gli studi liceali... Ma durante il primo anno di vita seminaristica, mentre mi ostinavo nel mio proposito di seguire l'itinerario della Diocesi, particolari avvenimenti, nonché riflessioni, consultazioni e altro ancora mi fecero ritrovare improvvisamente in un Seminario Religioso (quello dei PP. Minimi) senza che io avessi mai opinato per questa scelta vocazionale. La vita religiosa con tutte le sue esigenze di spostamenti a lungo raggio, le sue ulteriori rinunce e normative di vita era infatti sempre stata per me una prospettiva da eludersi e scartarsi a tutti i costi: mi ero impuntato nel sacerdozio secolare e pertanto credevo di essere subentrato in una dimensione sbagliata, poco adatta al mio futuro sacerdotale. Tuttavia non tardai a ricredermi. Di lì a poco, infatti, compresi che il mio ministero e il mio stile di vita avrebbero recato frutti molto più in un Ordine Religioso piuttosto che in un contesto Diocesano e sarebbero stati di giovamento anche per la mia realizzazione personale. E oggi non mi smentisco.

In pratica è avvenuto come quando un fiore o una pianta, da parte di una mano sconosciuta, viene sradicata da un vaso per essere collocata in un giardino...

Ovviamente per altri ciò avviene in senso contrario (dalla vita religiosa alla Diocesi) oppure in direzione del matrimonio o di altri ambiti, tuttavia una cosa è sempre certa: il solo fatto che si cambia idea quasi repentinamente (da giornalista a sacerdote) e che capitino certi imprevisti è sufficiente a delineare che noi non possiamo mai essere certi di quale sia il nostro posto nel mondo e pertanto non bastano le nostre elucubrazioni e le ostinazioni personali per impostare il nostro futuro: sin dall'eternità Qualcuno ha tracciato un disegno nella nostra vita e non manca mai di farcelo scoprire di volta in volta, anche attraverso esperienze o procedimenti che ci sembrano inspiegabili sul momento ma che riveleranno il loro senso a "missione compiuta", cioè una volta che avremo compreso la nostra reale dimensione. Molte volte in campo vocazionale sembra che ci vengano rivolte dal Signore delle pretese esorbitanti e al di sopra nelle nostre forze, che noi riteniamo impossibili a realizzarsi, senza tuttavia accorgerci che Lui, appunto perché ci sceglie, ci attrezza per i suoi scopi.

A noi non rimane allora che domandarci: "Qual è il disegno che Dio ha impostato su di me?... Padre di famiglia? Sacerdote? Laico impegnato?" e trovare la risposta nell'impegno quotidiano accompagnato dalla costante preghiera fiduciosa e spontanea, dalla vita sacramentale e dalla Direzione Spirituale, tutti espedienti che garantiscono la grazia dello Spirito Santo, unico che ci illuminerà nel discernimento su quanto ci accade nella nostra vita.

Quando si è chiamati ad una missione, specialmente di speciale consacrazione, ci si ritrova insomma nella condizione di Geremia di cui alla Prima Lettura di oggi: ragazzo timido e spaurito, questi dovrà affrontare non poche avversità presso il popolo di cui sarà chiamato ad essere profeta ritrovandosi in luoghi e situazioni fino ad allora per lui inconcepibili ma Dio gli annuncia che il suo lavoro non dipenderà dalla sua competenza e capacità, né che è lui il latore del messaggio che dovrà proferire al popolo, ma che sarà semplicemente mandatario di un messaggio di natura divina e che pertanto dovrà solo eseguire quanto Lui gli sta ordinando e secondo i termini e le modalità che Lui gli vorrà indicare. Perciò: "fatti coraggio; non dire: sono giovane, ma vai e parla al mio popolo...."

Se ci fermiamo un attimo su questo aspetto, la vocazione è infatti una prerogativa nella quale agli esordi si riscontra oltre che la suddetta incertezza ed indecisione anche una forte vena di paura... Chi infatti non prova almeno un po' di timore entrando in un'aula per la prima volta come insegnante? Chi non prova un po' di titubanza prima di sedere dietro una scrivania che gli impone un compito di alta responsabilità? Chi non prova un po' di emozione e di sgomento nell'allevare il primo fanciullo partorito?

E' connaturale e legittimo che si affronti qualsiasi missione con una qualche forma di soggezione e anzi proprio questa è la riprova che il nostro compito è quello confacente a noi:

la paura iniziale provvede a mantenerci nell'umiltà e a riconoscere che il nostro è un servizio di provenienza divina di cui altro non siamo che mandatari, facendo sì che ci affidiamo unicamente a Colui che ci sta attrezzando ed inviando e omettiamo di presumere nelle nostre sole capacità.

Dicevamo: la missione-vocazione comporta luoghi e dimensioni sconosciute perché ti impone di presenziare presso svariati luoghi e contesti; questo però non soltanto dal punto di vista spaziale, ma anche "sociale": chi parte dopo essere stato addestrato ad un ufficio cambia radicalmente impostazione di vita personale, acquisendo altri modi di pensare e nuove convinzioni, ragion per cui risulta essere "irriconoscibile" agli occhi della gente del paese di sua provenienza; in altre parole, guardando al vangelo Gesù era partito con la convinzione radicale di dedicarsi alla causa del Padre suo e di annunciare in se stesso l'avvento del Regno di Dio, niente di strano pertanto se adesso suscita scandalo a Nazareth: alla gente del suo luogo che lo aveva sempre conosciuto come il "Figlio di Maria", ovvero come colui "che è sempre stato con noi e di cui abbiamo curato la crescita, mentre ora pronuncia un linguaggio strano e assurdo", si ripresenta con dei parametri del tutto differenti di pensiero e di impostazione che scaturiscono dal suo ministero. Se in altri luoghi lui apportava, da sconosciuto, la novità del messaggio e veniva pertanto acclamato, qui in Patria sconvolgeva le abitudini dei paesani nei suoi confronti ed era pertanto un "personaggio scomodo"...

Ma è proprio questo il destino del profeta: avere il coraggio di deludere perfino le aspettative abituali dei suoi simili pur di mostrarsi in tutto e per tutto dalla parte della missione di cui è mandatario. E la forza gli viene da Dio.


LA PAROLA SI FA' VITA
-Spunti per la riflessione-

--Sono solito affidare a Dio i miei progetti di vita e il mio futuro?

--A nome suo, sarei disposto a "partire" cioè ad optare per delle rinunce in vista di nuovi orizzonti?

--Partire per una giusta causa a volte è necessario, specialmente quando si tratta di un posto di lavoro o un trasferimento.... Lasciare amici, casa, famiglia... Saprei affrontare tutto questo con spirito di missionarietà anche se mi costa?

--Come reagire quando mio marito/mia moglie, nel pieno della vita familiare si trova a dover andare fuori zona per motivi di impiego?

--Se, per motivi di studio o di lavoro mi trovo fuori casa, nel pensare alla mia famiglia e ai miei parenti e amici, cosa provo, considerando lo scopo per cui mi trovo "qui"?

 

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