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TESTO Hanno mangiato la manna nel deserto

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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (12/08/2012)

Vangelo: Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

"Aspettare la manna dal cielo" è, nel comune modo di pensare, il mestiere dello scansafatiche, di chi attende passivamente la soluzione magica dei propri problemi, rinunciando ad affrontarli con la forza di una fede attiva che porta ad agire, spinti dall'esortazione, che è anche un'altra efficace espressione popolare: "aiutati che Dio t'aiuta". Eppure l'aiuto, l'amore di Dio per l'umanità è anche testimoniato proprio dalla manna che è data in assoluta gratuità, senza che questo pane, unica salvezza del popolo disperso nel deserto, sia stato richiesto.

Il pane della vita eterna, però, non è la manna, quella che può indurre a rimanere staticamente con gli occhi rivolti al cielo in attesa che venga a saziare i morsi della fame, ma è una persona: Gesù Cristo, colui che il Padre ha mandato come esempio di vita per il mondo. E Gesù ci invita ad essere suoi discepoli per diventare noi stessi, in sua memoria, pane spezzato, testimoni della condivisione e della fraternità, donando la nostra vita al prossimo, soprattutto a chi è povero e a chi è nella sofferenza. La difficoltà di essere pane di vita è sentita in modo particolare da chi ha o ha avuto l'impegnativo ed imbarazzante privilegio dell'esperienza missionaria in quelle parti del mondo dove anche un solo pezzo di pane ed un sorso d'acqua possono determinare la sopravvivenza di una persona. Il missionario sa bene che la fame nel mondo non può risolversi stando con il naso all'insù, perché l'assenza di cibo per le popolazioni più povere non è un castigo divino, ma più semplicemente una conseguenza dell'ingiustizia, dell'egoistica ed iniqua ripartizione dei beni della terra tra gli uomini. Ma proprio dall'immersione in questa realtà così scandalosamente umana, nasce la necessità di trovare una dimensione di vita contemplativa che non contraddica ma, invece, sostenga l‘impegno nella solidarietà e nella promozione umana nei confronti dei poveri. Nella contemplazione si può fare esperienza del "pane della vita" per imparare a donarlo con la nostra stessa vita agli altri, a chi ha fame e sete anzitutto di giustizia, premessa della carità e della verità.

E noi, al posto dei Giudei che mormorano scandalizzati sentendo le parole di Gesù che si definisce "il pane disceso dal cielo", quando tutti sanno, invece, che è il "figlio di Giuseppe", come avremmo reagito? E' molto probabile che, più prosaicamente di loro, ci saremmo messi a sghignazzare, magari a denti stretti per simulare un qualche rispetto. Né il moralismo né l'indifferenza fanno giustizia nello spezzare il pane e una vita donata per il prossimo è sempre un esempio sublime di amore e una prova tangibile della presenza di Dio nella storia dell'umanità.

Il commento al Vangelo di domenica 12 agosto Gv 16, 41-51 è di Anita Cervi ella Diocesi di Verona

 

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