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TESTO Commento su Genesi. 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29; Prima Corinzi. 6, 9-12 Matteo. 22, 1-14

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

IV domenica dopo Pentecoste (Anno B) (24/06/2012)

Vangelo: Gn 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29;1Cor 6, 9-12 Mt 22, 1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 22,1-14

1Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Lettura del libro della Genesi. 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29
Abramo è un vero amico di Dio e il Signore lo riconosce nella sua qualità di giusto, di intercessore, di uomo di fiducia.
Perciò il racconto su alcuni fatti che hanno sconvolto il tempo e la geografia dei luoghi attorno al Mar Morto, allora zona di benessere e di civiltà, fa leggere, in termini teologici, il terremoto, probabilmente, in concomitanza coni eruzioni vulcaniche (Gen 19,24-25). Da qui fuoco e zolfo dal cielo.
Lot, nipote di Abramo, immigrato anche lui con il Patriarca nel viaggio da Ur di Caldea a Carran, sempre con Abramo giunge in Canaan, poi in Egitto e poi ancora in Canaan dove si è stabilito, Lot ha molto bestiame. Per poter vivere in pace nello sviluppo della propria ricchezza, e per non dover litigare con i pastori di Abramo, alla ricerca di pascoli, su proposta di Abramo stesso gli viene offerta la possibilità di scegliere il territorio in cui vivere. Lot sceglie di emigrare nella valle del Giordano, ben irrigata, e si stabilisce presso Sodoma (Gen 13,8-13).
Dio ascolta il grido di sofferenza che si alza dalle città di Sodoma e Gomorra poiché gli abitanti sono malvagi e opprimono gli altri cittadini più poveri e indifesi. Gli abitanti malvagi fanno il male, rifiutano l'ospitalità, a differenza di Abramo che ritiene sempre un onore ospitare e dar da mangiare ad uno straniero Anzi considerano straniero Lot stesso, che abita tra loro e lo rimproverano per il fatto che si rifiuta di consegnare loro due ospiti che sono venuti a trovarlo. Essi vogliono abusare di loro e minacciano lo stesso Lot: (Gen 19,9: "È venuto tra noi come straniero e vuol farsi giudice").
A questo punto, l'autore biblico ritiene di aver sufficientemente dimostrato la malvagità di Sodoma e Gomorra e quindi conclude che Dio, giustamente, debba distruggere le due città. A questo punto, nel testo, viene riportata la grande intercessione di Abramo con Dio che gli ha confidato i suoi progetti di distruzione del male e dei suoi autori. Abramo non difende i malvagi ma pone il problema della morte dei giusti insieme con i peccatori in caso di catastrofe: "Sterminerai, Signore, l'empio con il giusto?" (18,23-33). In una trattativa tipica del mondo orientale in cui si insiste ad abbassare i parametri degli interventi di castigo, Abramo incomincia da 50. "Se ci fossero 50 giusti?" e arriva fino a 10:"E se ci fossero 10 giusti?". Non c'erano neppure 10 giusti.
Tuttavia, Dio salva Lot per amore di Abramo poiché non ha accettato di cedere i suoi ospiti alla malvagità dei Sodomiti.
Il testo vuole aiutarci a scoprire che una nazione è destinata alla distruzione se non rispetta l'ospitalità, se fa gridare di paura e di rabbia il povero perché sfruttato, se compie il male, se non sa obbedire alla legalità, riconoscendo il diritto di ogni persona, se non conserva la pietà per i deboli.
E questo va fatto senza rimpianti, senza nostalgie e tentazioni assecondate.
La lettura teologica aiuta a ricercare il senso del male nel mondo, mentre continua a mantenere il principio: l'uomo pecca e Dio castiga. A questo orientamento viene ricondotto anche il significato di alcune forme cristallizzate di sale. Una di queste fa riferimento alla moglie di Lot che non ha saputo superare la tentazione di rivolgersi indietro, con la sua nostalgia al passato.
La lettura culturale si gioca, perciò, su moralità e immoralità, su benessere e morte, nella linea di premio e castigo. Ma è il male stesso che ha in sé il virus della debolezza, della frantumazione e della distruzione.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 6, 9-12
La lettera ai Corinzi sorge con alcune urgenti problematiche che Paolo sente di dover affrontare per non lasciare nell'ambiguità e nella immoralità i credenti in Cristo che, pure, hanno ricevuto esempi, parole nuove, suggerimenti e stili di vita altissimi.
Perciò, dopo essere intervenuto duramente su un grave fatto di immoralità sessuale, verificatosi nella comunità cristiana e da tutti conosciuto: "un cristiano convive con la moglie di suo padre", "immoralità che non si riscontra neppure tra i pagani" (5,1), e dopo aver giudicato e concluso con l'espulsione di tale cristiano dalla Comunità, Paolo continua con alcune proposte coerenti con la fede, ma anche di difficile accoglimento, mentre rimprovera: "Se avete liti per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha alcuna autorità nella Chiesa" (6,4). Così Paolo suggerisce: "Prendete invece tra voi qualche persona saggia che possa fare da arbitro tra fratelli e fratelli" (6,5). Tra l'altro questo è il riferimento per cui sono sorti i tribunali ecclesiastici, croce pesante per i vescovi dei primi secoli che dovevano passare molte ore a giudicare su sciocchezze e problemi, spesso poco significativi, ma causa di discussione e di contesa.
In questo contesto morale Paolo richiama un breve catalogo di catechismo morale, frequente nelle lettere dell'apostolo, ma qui particolarmente solenne: sono enumerati 10 comportamenti immorali che escludono dal Regno, tanti quanti i 10 Comandamenti. Il fatto che si aggiunga un "Non illudetevi" può far pensare a mentalità libertine che uniscono insieme fede cristiana e comportamenti immorali. Problema sempre esistito, anche oggi.
La fede cristiana deve rivedere un comportamento pagano poiché essa pretende una conversione. Il battesimo consacra a Dio e rende interiormente giusti ("santificati e giustificati"). Gesù è "giustizia, santificazione e redenzione" (1,30). La fede in Lui, "nel suo nome", e la forza dello Spirito del nostro Dio" ci hanno trasformato poiché la grandezza del Dio Trinitario si è riversata in noi" (6,11).
"Tutto mi è permesso" (ripetuto due volte) può essere un'affermazione di Paolo, ripetuta in altri contesti, probabilmente in richiami a regole ebraiche". Ma Paolo è preoccupato di educare la libertà di ciascuno.
La libertà ha i suoi limiti e va impegnata con responsabilità. E' necessario costruire ciò che vale e in modo tale da non lasciarsi dominare da forze avverse che ci rendono schiavi.
Lettura del Vangelo secondo Matteo. 22, 1-14
Matteo elenca qui tre parabole, di seguito, che hanno, come significato, l'accoglienza alla volontà di Dio, la concretezza di una risposta che non sia formale o solo gentile, quanto piuttosto responsabile e coerente, carica di impegni e di frutti.
- 21,28-32: la parabola dei due figli,
- 21,33-46: la parabola dei vignaioli malvagi,
- 22,1-14: gli invitati a nozze.

Noi, oggi ci fermiamo sulla terza parabola, pur ricordando che tutte e tre pongono, al vertice del valore della vita, un rapporto di collaborazione, di dignità sul lavoro e di privilegio per le nozze ma, in ultima analisi, la ricerca e l'obbedienza alla volontà di Dio.
Questa parabola ha un parallelo con Luca 14,15-24 e presenta delle differenze interessanti, dipendenti dal messaggio culturale diverso e dall'esperienza di Matteo
Il re prepara il banchetto di nozze per il figlio. E siamo, così, subito trasportati in una atmosfera favolosa, tanto più che subito si intravede che il re è Dio e il figlio è il Messia che incorona, dopo un progetto di millenni, un matrimonio di pienezza con la sua sposa.
Gli inviti, selezionati, sono stati inviati ed i profeti, che hanno sollecitato almeno due volte, sono stati ignorati. Anzi l'invito è stato addirittura volutamente rifiutato. In alcuni casi è diventato il pretesto per una rivolta contro il re poiché i messaggeri, pur essendo inviolabili come ambasciatori, sono stati cacciati e perfino uccisi. L'esperienza di Matteo, che ha alle spalle la tragedia della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.) fa immediatamente collegare questo rifiuto e queste ribellioni al giudizio ed al rifiuto di Dio (v 7).
C'è un terzo invito per poter celebrare le nozze della Chiesa. Qui non si seleziona preventivamente nessuno, anzi si comincia ad accoglier chiunque, cominciando dai "cattivi" per raggiungere poi anche i "buoni". (v 10). Le nozze sono un dono gratuito e tutti sono invitati, indipendentemente dal loro passato. Quando tutti sono "sdraiati", come si usa in questo contesto per mangiare, (v 11) il re scende per stare con loro. E' la garanzia dell'accoglienza. I rabbini garantivano che il giorno del banchetto "il Santo siederà in mezzo a loro".
Ma uno non ha l'abito nuziale. Alcuni documenti mesopotamici ricordano il costume dei re di regalare la veste all'ingresso della sala del convito ad ogni singolo invitato.
Perciò chi non ha la veste per la cerimonia l'ha rifiutata ed è colpevole. Se tutto è gratuito, per fermarsi ci sono però alcune condizioni da rispettare.
Nella Chiesa, dice Matteo, sono chiamati tutti, ma poi tutti debbono indossare l'abito che rappresenta le scelte evangeliche, quelle assunte con il battesimo, con il bagno che purifica e fa risorgere. Bisogna smettere gli stracci delle abitudini del male.
Così Matteo vuole ricordare ai suoi che non si può convivere con le precedenti abitudini. Le scelte da fare, la dignità da reinvestire, i criteri da maturare debbono essere in linea con l'ospitalità, la gioia e la festa dove Dio è presente.
Non basta essere nella Chiesa. La veste nuziale sono le "opere giuste dei santi" (Ap 19,8), i frutti.
Qualche capitolo più avanti (25,31-46), Matteo enumera le opere buone che debbono fare da cardine nell'umanità, credente o no, ma che si deve misurare sul cammino della storia e su ciò che resta davvero. C'è un gran finale nel giorno del giustizio in cui verremo ringraziati o rifiutati a secondo di quello che avremo fatto. Gesù dirà: "Avevo fame, avevo sete, ero nudo e forestiero, ero malato o in carcere". E se ci sentiremo un grazie, ci chiederemo stupidi, spero tutti, di quella riconoscenza e ritorneremo con la memoria ai gesti, luoghi e tempi dell'accoglienza offerta ed egli ci arricchirà di particolari e ci svelerà i tempi della sua povertà.
Ma quel elenco sarà occupato anche da tanti altri frutti poiché nel Vangelo l'elenco è incompleto (siamo solo al sei, e non al sette, numero pieno). E quindi, nella storia, siamo invitati ad aprire gli occhi, poiché sorgeranno altre presenze di Gesù povero.
Quel giorno i beati, spero tutti. avranno una splendida veste nuziale.

 

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