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TESTO Commento su Siracide16, 24-30; Romani. 1, 16-21; Luca 12, 22-31

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

II domenica dopo Pentecoste (Anno B) (10/06/2012)

Vangelo: Sir 16, 24-30; Rm 1, 16-21; Lc 12, 22-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,22-31

22Poi disse ai suoi discepoli: «Per questo io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. 23La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! 25Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 26Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? 27Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28Se dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. 29E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: 30di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta.

Lettura del libro del Siracide16, 24-30
Il libro del Siracide, detto anche "Sapienza di Sirach" e, fino a poco tempo fa, detto anche Ecclesiastico, fu inizialmente scritto in ebraico da Ben Sira, (il nome greco è Siracide) verso il 180 a. C. Il nipote tradusse questo scritto in greco attorno al 130 a.C., lasciandone testimonianza nel prologo nel libro stesso.
È composto da 51 capitoli con vari detti di genere sapienziale, sintesi della religione ebraica tradizionale e della sapienza comune. Nell'ultimo capitolo (51,1-,30) si può leggere una breve autobiografia dell'autore stesso.
In Israele sta penetrando nella cultura ebraica anche la cultura greca, riletta con le sue pericolose novità e il Siracide, attraverso la sua opera, vuole porre una diga morale per i suoi, per aiutare a riprendere la Sapienza delle proprie tradizioni. Coraggioso e infervorato dalla Sapienza e del culto ebraico, insiste che non ci si deve vergognare della propria ricchezza morale e della legge.
Quando il mondo ebraico stabilì il Canone (elenco ufficiale dei libri della Scrittura attorno il 90 d.C,) non si considerò adatto questo testo, probabilmente perché la sua diffusione era avvenuta prevalentemente nel testo greco. E' rimasto invece come testo sacro ispirato nei testi ufficiali del Canone cattolico. Perciò non è elencato nella Bibbia ebraica (22 libri), né nel Canone del mondo protestante ( che segue, per l'A.T., il criterio ebraico). Nelle bibbie, perciò, è elencato come Deuterocanonico.
E' un libro che non ha una struttura definitiva e organica. Per questo gli viene dato il nome di "Raccolta di sentenze". Si possono intravvedere, tuttavia, al suo interno, piccoli trattati su argomenti particolari.
Il testo che leggiamo oggi inizia una lunga riflessione in cui si incoraggiano i credenti ad abbandonarsi alla misericordia di Dio:16,24-18,14.
C'è un primo invito all'ascolto (vv24-25): "ascolto e attenzione del cuore". È necessario l'ascolto per percepire il valore di un dialogo (v24) e ci vuole il desiderio di scoperta e lo spessore di un'attesa per percepire una rivelazione (attenzione del cuore: v24 b). Solo a queste condizioni un maestro accetta di entrare a scoprire la Sapienza ed è disponibile a trasmettere "dottrina e scienza" (ma, al meglio, "con esattezza e con cura").
Il racconto si sviluppa ricordando i testi della creazione del I° racconto del libro della Genesi e in particolare, gli interventi di Dio nei primi quattro giorni. Si parla di astri, dello splendore e della legge armoniosa che ordina e regola, come per un'obbedienza alla Parola di Dio, il loro movimento in pace. E dopo aver popolato il cielo di splendore e di luce, Dio riempie di beni la terra. Così Dio manifesta la sua grandezza e bellezza nel preparare la casa dell'uomo. Cielo e terra vivono nell'ordine e nell'armonia, rendendo bella la dimora dell'umanità che Dio vuole al centro del creato. Tra i beni regalati ci sono pure gli animali, che però ritornano alla terra con la morte. Il testo incoraggia all'armonia ed alla pace, mentre Dio opera creando (26 a), distinguendo (26b), ordinando (26 a b).
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani. 1, 16-21
La riflessione sulla fiducia, nell'abbandono al Signore, prosegue e si articola con questo bellissimo testo di testimonianza di Paolo. L'apostolo afferma con lucidità, carico dell'esperienza e della consapevolezza della forza di Gesù, che è necessario "confessare il Vangelo". Gesù, attraverso la croce, porta alla salvezza. Paolo è cosciente della grandezza di questa comunione con Gesù e non ha timore di proclamarsi seguace di un condannato ad una morte da schiavo. Ha scoperto che in Gesù si nasconde la potenza di Dio, unica possibilità di riscatto. La salvezza è liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze, attesa fiduciosa nella conclusione della storia, consapevolezza di essere stati chiamati e voluti liberi da Dio. Perciò noi stessi siamo fiduciosi nel giudizio di Dio.
La fede ci mette in contatto con il Signore e quindi con la sua giustizia che recupera il mondo e lo conduce all'armonia iniziale. "Da fede a fede" l'apostolo pone nel ritmo del tempo la fedeltà e la costanza di credere e di affidarsi a Dio.
"Tutti gli uomini sono sotto l'ira di Dio perché non hanno realizzato una giustizia". Il che vuol dire che non hanno vissuto la fede "(v17).
Certamente a Paolo non sfugge il problema della impossibilità di una veloce evangelizzazione: egli è consapevole che l'umanità, per lo più, è pagana. Paolo dice: "Però avevano la possibilità di accettare di conoscere Dio che, di fatto, hanno conosciuto (v19)." Certamente, ma tale conoscenza non è diventata riconoscimento. "Potenza e divinità" non sono state percepite. Anzi sono state deturpate, confuse, rimescolate a vaneggiamenti e ottenebramenti ( 21). Così non hanno saputo dare "gloria .e grazie".
La riflessione si sposta più in là. Se non hanno conosciuto Cristo, se non hanno intravisto lo splendore di Dio riconoscendolo, tutta l'umanità, comunque, non può dirsi dannata, ma chiamata alla giustizia. Tutta l'umanità, dice più avanti, chiamata per vocazione al rapporto con Dio, è interpellata perché "metta in pratica la legge". Poiché non basta l'ascolto. All'interno di questa esigenza fondamentale per ogni persona, viene rimessa in circolo la speranza. I pagani hanno, come tutta l'umanità, "per loro natura la legge". Essi "agiscono secondo la legge, essi sono legge a se stessi" (Rom2,14).
In ogni uomo o donna esiste una legge scritta nel cuore di ciascuno a cui fare appello e a cui riferirsi. La legge non è, prima di tutto, scritta sui libri o rotoli o tavole di pietra ma è scritta sui cuori. E' un patrimonio che Dio ci ha regalato.
Così il rapporto con Dio continua ad esserci se si pratica la legge (2,13) mentre non è sufficiente solo l'ascolto, con tutto quel corredo che sostiene le impalcature del religioso e del culto. Ci sono, sono importanti ma non sufficienti, poiché quello che conta è mettere in pratica la legge. A questo livello sorge la consapevolezza della salvezza universale. Paolo si rende conto che non si può selezionare le persone tra chi crede e chi non crede in Gesù, Resta un riferimento alla legge osservata secondo coscienza, E se Paolo sa che ci vuole la forza di Dio per ubbidire alla legge, sa che questo dialogo è un segreto che si svolge nel mistero dell'incontro tra Dio ed ogni persona. Di questo non possiamo giudicare poiché ognuno, su una strada misteriosa, è legato ad un impianto morale e ad un cammino di vita. Però Paolo sente di poter dire: "Si svelano i segreti degli uomini" mediante Cristo, che lo si sia conosciuto o no.
Lettura del Vangelo secondo Luca12, 22-31
Il capitolo 12 è un insegnamento che Luca organizza in un capitolo abbastanza complesso e che può avere come titolo: "Gesù incoraggia i suoi ad essere presenti nel mondo con stile nuovo".
Accenno ai quattro momenti del capitolo: noi oggi stiamo leggendo il terzo.
1. "parlare senza timore" (12,1-12);
2. "La parabola del ricco stolto" (12,13-21);
3. "la fiducia nella Provvidenza" (12,22-34);
4. " L'attesa del ritorno del Figlio dell'uomo" (12,35-48).
Tutti questi richiami orientano ad una presenza credente e coraggiosa nel mondo, consapevoli della parola di Gesù, forti per criteri diversi di vita che iniziano da una presa di coscienza cristiana e da una determinazione precisa.
Gesù, in questo testo, vuole coinvolgere tutti, anche quelli che verranno, pur sapendo che costituiscono "un piccolo gregge" (12,32).
Gesù ci propone scelte di pensiero e di stile:
- Non bisogna ossessionarsi di fronte ai problemi quotidiani fino a perdere la pace,
- Non mettere al primo posto la ricerca del mangiare e del bere. "Così fanno i pagani" (v30),
- Rifiuta l'ansia,
- Rifiuta la paura.
In Israele era facile soffrire la fame perché spesso i raccolti non erano abbondanti e sovente ci sono state lunghe stagioni di siccità.
È' importante non perdere un equilibrio per non lasciarsi prendere dall'angoscia o dalla insignificanza. E' vero che il gregge è piccolo ma lo regge la forza di Dio, il pastore di Israele.
Gesù, che ama le parabole, invita a vedere il creato come una grande parabola. Nella realtà trovano soluzione persino i corvi, considerati animali immondi e inutili (Lv 11,15). In più, si diceva, i corvi, abbandonano molto presto i loro piccoli nel nido. Per cui è proprio Dio che li nutre.
Se non si è capaci di allungare di un'ora la vita, perché preoccuparsi del resto?
Nella realtà sono bellissimi i "gigli del campo", probabilmente, anemoni purpurei, diffusissimi nei campi della Galilea.
Dio si preoccupa di loro. Certamente si preoccuperà, ancor più, di voi, discepoli di Gesù, per cui il rimprovero affettuoso: "Gente di poca fede" non si riferisce al "credere poco", ma alla mancanza di fiducia. Gesù invita alla piena fiducia e, quindi, ad impegnarsi per il bene degli altri. Ancor più il Padre si prenderà cura di voi.
La fiducia è anche nel sapere che "il Padre vostro sa che ne avete bisogno" (v30).
Ma, alla fine: "«Cercate ...»", cioè adoperatevi, datevi da fare, «e, anzitutto, per il regno di Dio». E' la nuova comunità alternativa alla società che va ipotizzata e impiantata, dove al posto dell'avere ci sia il condividere, al posto del comandare ci sia il servire, «e la sua giustizia». Per giustizia si intende la fedeltà e Gesù invita alla fedeltà, a quanto annunziato nelle beatitudini, per creare una società alternativa. «Tutte queste cose», quindi il mangiare, il bere e il vestire, «vi saranno date», non nella misura in cui ne necessitate, ma «in aggiunta». Dio non si lascia vincere in generosità e regala vita a chi comunica vita agli altri.
Esiste un testo parallelo, molto simile in Matteo 6,25ss, nell'orizzonte del «discorso delle beatitudini».
Resta sempre un equivoco. Si pensa che la fiducia nella provvidenza debba sospendere ogni impegno personale e si immagina che la Provvidenza debba mandarci il necessario con il paracadute. L'attenzione che Gesù porta a noi, come al mondo, è garantire che a nessuno mancherà il sostegno e l'incoraggiamento per ciò che la natura di ciascuno ha provveduto. Fa parte della natura degli uccelli cercarsi il cibo e fa parte della natura dei fiori abbarbicarsi con le proprie sottili radici.
Fa parte della natura dell'uomo e della donna un impegno nel mondo attraverso il lavoro per utilizzare e trasformare il mondo, che ci è stato consegnato, a beneficio di tutti: questo è il grande impegno e responsabilità umana, la grande vocazione per le persone umane, per chi non ha da vivere, per chi è disabile, per chi non ha risorse.
Del lavoro abbiamo parlato in questo tempo di attesa del "Convegno sulla famiglia, lavoro e festa"..
Spero che si sia colto il problema che è squisitamente pastorale e sociale, di dignità e di responsabilità, di giustizia e di valore e continui ad essere presente nei Consigli Pastorali parrocchiali e decanali.
- Il lavoro è una grande vocazione che permette all'uomo di sviluppare le proprie doti e ricchezze, ed è stato consegnato come responsabilità. Corrisponde al "Fare la volontà del Padre nella società".
- Dio riconosce al lavoro il maggior tempo della vita: sei giorni su sette, perché il mondo cresca.
- Il lavoro è fondamentale poiché sviluppa le mie capacità e la mia intelligenza, mi impegna per collaborare nella crescita del mondo insieme agli altri.
- Ognuno, con le proprie possibilità, mi dona responsabilità e mi riconosce autonomia e libertà: e questo vale per ciascuno.
- Il lavoro suppone competenza e impegno per ricercare sempre più: è la garanzia che porto per un migliore bene per tutti.
- Il mio lavoro contribuisce allo sviluppo per il benessere di tutti.
- Il lavoro è mezzo per vivere con dignità e non fine per arricchirsi, a scapito degli altri.
- Il lavoro va inventato e perciò è importante la ricerca. Ogni persona dovrebbe poter studiare il più possibile, anche se poi non trova un lavoro corrispondente. Ha incamerato un vero capitale personale che nessuno gli ruberà. La formazione non è danaro, prima di tutto, né salario.
- Il lavoro deve custodire il creato oltre che svilupparlo. La realtà diventa matrigna, quando viene sfruttata e dilapidata: Gen2,15: "Dio pose l'uomo nel giardino dell'Eden per coltivarlo e custodirlo".
- Il lavoro trasforma le cose, trasforma la persona, trasforma la società.
- Il lavoro manuale e il lavoro intellettuale hanno uguale dignità perché svolti ambedue da una persona umana.
- La persona è più importante del danaro.
- Oggi il lavoro non è solo trasformazione, ma anche prestazione di servizi, sempre più indispensabili alle varie necessità.
- La preghiera per il lavoro aiuta ad equilibrare le attese, a condividere le ricerche, a ridimensionare il valore del denaro, a rendere più umana la vita e più capace di verifica nei confronti dell'esistenza, a sostenerla in tutti, a costruire la pace.

 

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