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TESTO Es 33, 18-23; 34, 5-7a; Rm 8, 1-9b; Gv 15, 24-27

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

SS. Trinità (Anno B) (03/06/2012)

Vangelo: Es 33, 18-23; 34, 5-7a; Rm 8, 1-9b; Gv 15, 24-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 15,24-27

24Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. 25Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.

26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.

Lettura del libro dell'Esodo. 33, 18-23; 34, 5-7a
Nel testo che stiamo leggendo, quasi alla conclusione del libro dell'Esodo, viene messa in luce, fondamentalmente, la mediazione di Mosé e quindi la ricerca della presenza di Dio. Mosé. Il mediatore, vuole garantirsi, dopo la lacerazione dell'alleanza, che Dio non abbandoni il suo popolo. E, Dio gli offre la sua parola, la garanzia, poiché "lo ha conosciuto per nome". (33,12), Il popolo di Dio può restare tranquillo poiché Dio non tradisce. Ma, insieme con questa presenza, per Mosé c'è la preoccupazione di capire come questo Dio si comporterà con coloro che lo hanno tradito e che non sono meritevoli di nessun perdono.
Così esiste un primo momento di comprensione e di garanzia dopo l'intercessione di Mosé. Il Signore invita a ripartire, mantenendo le promesse fatte ai patriarchi e il popolo può 'incamminarsi verso la terra promessa, combatterà e vincerà "sei popoli" che in quel tempo sono presenti in Palestina (sei e non sette perché il popolo d'Israele avrà sempre dei nemici da combattere). Ma come guida Dio ha deciso di non essere, in prima persona, colui che conduce "perché sei un popolo di dura cervice". (33,1-3). Mosè non accetta perché ha maturato in sé una profonda fiducia e una particolare confidenza con Dio e lo conosce: "Parlava faccia a faccia come un uomo a un altro" (v11). Mosé interpone, allora, ancora una volta, la sua mediazione e il Signore, per amor suo, acconsente: "Quanto hai detto, io farò" (v. 17).
Mosé allora osa ancora. "Mostrami la tua gloria" (v18). E' una richiesta che non suppone rivalità o supponenza E' un amore di comunione. Gloria corrisponde a ciò che Dio totalmente è, nel suo essere e pienezza.. Ma Mosè non può penetrare nella pienezza di Dio, poiché la richiesta esprime la pretesa di voler diventare Dio egli stesso. Il Signore non può essere conosciuto in questo modo, poiché Mosè supererebbe il limite della sua umanità e non reggerebbe a questo mare di fuoco. Tra gli ebrei esisteva la convinzione che "Chi vede Dio muore". Anche all'origine del mondo (Gen 3,5) Adamo ed Eva hanno osato tentare la scalata alla divinità in rivalità con il proprio Creatore. Il tentatore aveva suggerito:"Non morirete affatto. Anzi Dio sa che il giorno in cui ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio" .
Il tentativo non è riuscito, ed essi divennero esseri soggetti alla morte.
Di Dio non è possibile conoscere la sua essenza ma la sua grazia, la sua benevolenza: E questa è una rivelazione inimmaginabile se non venisse, come di fatto avviene, dalla bocca di Dio. Perciò Dio dice: "Sono compassionevole e clemente, paziente, misericordioso e fedele". Così Dio esprime, con la sua garanzia, la sua ricchezza di tenerezza, di fedeltà, di pazienza, di certezza di amore eterno.
La proposta molto curiosa è quella di concedere di vedere Dio di spalle e non di fronte. E' un linguaggio culturale particolare che suppone messaggi.
Parlare faccia a faccia è un problema di voce e di ascolto, e Mosè lo vive con gioia, parlando con Dio. Il vedere il volto di Dio, invece, è escluso. E invece bisogna camminare dietro la guida, seguendola e "guardando le spalle", poiché Dio è guida, anticipa e fa strada.
Il Signore risponde: «Il mio volto camminerà con voi e ti darò riposo» (32,13-14).
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 1-9b
Paolo, che ha descritto la condizione miserevole dell'uomo sotto la legge, sente il bisogno, insieme con l'impegno e l'urgenza, di descrivere la condizione del cristiano secondo lo Spirito.
Per aiutare a intravedere uno sviluppo della lettera, vanno tenute presenti le seguenti parti.
- 1,18-3,20: il mondo non cristiano è nel peccato;
- 3,21-4,25: il mondo credente matura una giustificazione da parte di Dio.
- 5,1-7,25 Dio viene a liberare dalla morte, dal peccato e dalla legge. Paolo inizia da subito (5,1 ss) a mostrare la rivelazione del dono della salvezza, mentre vengono indicati i frutti della giustificazione: la pace di Dio e la speranza: (5,11): "Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione".
- 8,1 ss. Il popolo cristiano vive la sua esistenza "secondo lo Spirito", anche se la vita continua ad essere soggetta alla morte (Rom 8,1-39). Il capitolo 8 è diviso in tre parti:
- 8,1-13 "La vita secondo la carne e la vita secondo lo Spirito" ( da qui sono tratti i versetti del testo di oggi),
- 8,14-30 "Figliolanza divina e gloria futura",
- 8,31-39 "Inno all'amore di Dio".
Così leggiamo l'inizio di questa splendida rivelazione sulla vita nuova che esalta l'opera di Dio in noi.
Liberazione significa dono della legge dello Spirito, sorgente di vita, di bene e di libertà, offerta a noi attraverso l'incarnazione di Gesù. L'uomo è impotente di fronte al peccato e alla morte poiché la legge di Dio, buona in sé e presente nella coscienza di ciascuno ( ma qui Paolo personalizza parlando della propria coscienza), ci chiarisce lo spessore del male, ci invita a superarlo, ma non dà la forza contro la legge del peccato. "Perciò è impossibile per me questa liberazione".
Paolo ripensa al significato della vita e della morte di Gesù in rapporto alla fatica, all'incapacità e alla disperazione davanti al male. Egli ha maturato così il significato personale della presenza di Gesù.
Dio stesso ha provveduto "mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato. Egli ha condannato il peccato nella carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito." (vv 3-4).
La vita, allora, viene richiamata come un cammino secondo lo Spirito, che opera una trasformazione radicale e ci rende giusti, liberi, figli di Dio mentre eravamo peccatori, schiavi, estranei a Lui. Questa trasfigurazione coinvolge il corpo con la risurrezione, coinvolge l'intelligenza e la volontà, finalmente, nel bene che diventa accessibile e desiderato, coinvolge lo stesso creato, devastato dall'uomo, incapace di rispettare i doni di Dio. Anche il creato è destinato a partecipare alla stessa gloria e alla stessa felicità della salvezza. (v 19 ss). Così Paolo sintetizza il suo messaggio, lasciandoci la possibilità di avere davanti agli occhi, lucidamente, la novità di Dio. "Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi" (v 9).
Così, in questo testo, in rapporto alla nostra liberazione, ci è stato offerto l'orizzonte infinito della Trinità che si prende cura di noi
Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 15, 24-27
I discorsi di Gesù, riportati da Giovanni dell'ultima cena, esprimono, più che in ogni altro resoconto e in ogni altro posto, il tumulto dei sentimenti, delle aspettative, dell'amore che Gesù porta e, nello stesso tempo, dell'ansia, dell'attesa sia per ciò che avverrà di Lui che per quello che avverrà per i suoi discepoli, insicuri e incapaci di affrontare con lucidità il progetto che sta affidando loro.
Il testo è breve, scelto per la liturgia della Trinità e tuttavia è carico di richiami e di progetti.
Gesù è preoccupato di come il popolo d'Israele sia obbligato a vivere una deformazione angosciante della conoscenza di Dio perché deviato dai suoi capi. Certamente il mondo di Dio è misterioso e certamente è difficile percorrere le strade della sapienza, ma Gesù ha mostrato non solo a parole, ma anche a fatti, la novità, i frutti e l'operosità che finora nessun altro aveva mostrato. Gesù ha provocato incontri, guarigioni, perdoni e conversioni: avvenimenti sulla linea di quello che Dio ama. Sono i lineamenti di liberazione, di conoscenza coraggiosa, di sanità e di pienezza.
Gesù ha sempre detto, e lo ritiene importante, che bisogna valutare il proprio comportamento dai frutti
Se non lo si prende come metodo di misura per il proprio giudizio, si sbaglia profondamente e si equivoca tutta la realtà. Ma i responsabili non prendono sul serio Gesù che viene rifiutato. Così non prendono sul serio il volto di Dio che egli propone. Gesù sta parlando dei maestri d'Israele, dei capi, dei responsabili della vita pubblica, religiosa e sociale. Questa constatazione è disperante perché porta alla dissoluzione e alla morte, deforma le coscienze, e quindi il rapporto con Dio.
Gesù sa che il suo messaggio regge le novità, nuovi orientamenti, lucidità e chiarezza.
Ma Gesù sa anche che la sua posizione comporta, da parte degli altri, contrapposizione e pericolo. E tuttavia egli dice ai suoi che sono importanti la chiarezza e la forza di Dio..
Dio manderà il suo Spirito, lo Spirito della verità, che costituirà con i discepoli un'alleanza di evangelizzazione. È lo Spirito creatore, il vento di Dio dell'inizio del mondo "(Genesi 1,2) e non si esaurisce poiché continuamente viene da Dio ed è vita che rigenera.
Lo Spirito sa riprendere il significato della storia e insieme i nostri tentativi di ricerca, sviluppa la maturazione degli uomini, suscita i richiami per far emergere i segni di Dio, fa crescere nel cuore di ciascuno la fiducia e la speranza, continuando l'opera che Gesù ha iniziato.
I discepoli testimoniano Gesù, la radicalità delle sue scelte vissute insieme, dal principio della sua vita pubblica, e maturate nel cuore. Lo Spirito apre i segreti del Padre e di Gesù, oggi, perché la Chiesa (tutti noi) non riduca la sua memoria ad un museo, ma semini perché Dio faccia crescere e lavori il campo con le certezze di Gesù.
Si aprono molti richiami:
- il valore educativo dell'essere adulti rispetto al mondo giovane che cresce,
- il valore delle responsabilità politiche come prospettive di coesione per il bene comune,
- il valore della preghiera come apertura di cuore per l'ubbidienza al Padre,
- il valore delle missioni che non sono colonizzazioni o non lo sono più, ma umile vita di amore tra persone che non immaginano che uno stile di vita cristiano (riletto spesso come "occidentale") passi attraverso atteggiamenti di solidarietà, di misericordia e di perdono,
- il valore della coerenza e della fedeltà,
- la riscoperta e lo sviluppo dei "segni dei tempi" come una parola di Dio, laica, che svela dignità e liberazione.

 

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