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TESTO Commento su Atti degli Apostoli. 2, 1-11, Prima Corinzi. 12, 1-11; Giovanni. 14, 15-20

don Raffaello Ciccone   Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza

Pentecoste (27/05/2012)

Vangelo: At 2, 1-11; 1Cor 12, 1-11; Gv 14, 15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-20

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

Lettura degli Atti degli Apostoli. 2, 1-11
La Pentecoste ci fa celebrare l'inizio di una esperienza particolare, vissuta dalla prima Comunità cristiana, che ha aperto gli occhi sul dono dello Spirito, dato dal Padre attraverso Gesù.
In questo dono, noi che siamo stati battezzati, leggiamo ed accogliamo la Parola di Dio, celebriamo I sacramenti e, in particolare, l'Eucaristia ogni domenica. Dallo Spirito ci sentiamo incoraggiati e aiutati nel ripensare ad uno stile di vita secondo il desiderio di Gesù.
I discepoli, tutti insieme, sono ancora rinchiusi nel cenacolo; ma sanno che davanti a loro c'è un progetto inimmaginabile che è l'annuncio a tutti popoli della presenza del dono di Gesù morto e risorto. Dopo l'ascensione, in quegli ultimi 10 giorni che li divide dalla Pentecoste, si sono anche organizzati, tanto da scegliere un sostituto di Giuda, ricostituendo il numero dei dodici con l'elezione di Mattia. Sono con Maria che li incoraggia ad attendere e pregano insieme per capire e per sentirsi capaci della propria vocazione.
Finalmente, mentre celebrano, nel 50° giorno dalla Pasqua, con gli ebrei, il dono della Legge offerta da Dio a Mosè sul Sinai, in una cornice di vento impetuoso, terremoto e fuoco avviene un fatto eccezionale che sconvolge la loro vita.
Luca inizia il racconto della Pentecoste con un riferimento temporale "Mentre si sta compiendo il giorno della Pentecoste": Ma questa frase, nel linguaggio dell'evangelista, è il segnale che sta iniziando un momento nuovo. Infatti proprio Luca, autore degli Atti, utilizza la stessa formula, nel suo Vangelo, quando deve raccontare l'inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (9,51: Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme). Là il racconto incomincia il lungo cammino di Gesù verso la città santa dove concluderà la sua vita con la sua morte e resurrezione, qui Luca racconta l'inizio della nuova Chiesa e quindi del nuovo popolo. E lo fa in un contesto carico di segni che esprime un mondo completamente nuovo: "fragore quasi di un vento impetuoso" e "lingue come di fuoco che si dividevano e si sposarono su ciascuno di loro". Il risultato è una novità nel cuore di ciascuno: "Tutti furono colmati di Spirito Santo". Ma il significato di questo cambiamento si riversa in un atteggiamento completamente nuovo e impensabile. Anche la gente cosmopolita,, e sono ebrei che provengono da tutto il mondo allora conosciuto, ha avvertito il rumore, ed si chiede il significato. Nel frattempo ascolta questi nuovi predicatori che portano un messaggio, totalmente nuovo ed impensabile e tuttavia vivo, concreto, fatto di parole conosciute perché "ciascuno li udiva parlare nella propria lingua nativa.". Si sta compiendo, prolungandosi nei secoli il senso di questo messaggio: siamo alla presenza di fatti totalmente nuovi che coinvolgono personalmente le persone presenti e possono cambiare il cammino della storia. E tuttavia viene percepito anche che tutto questo avviene nel rispetto delle proprie radici, che costituiscono la vita di un popolo e di ogni persona. Non ci sono richiami alla paura e alla violenza, ma parole che richiamano fatti, e non solo saggezza,. Si sente il segnale di un modo diverso dal solito di pensare, e siamo alla presenza di più testimoni concordi, buoni lavoratori che si stanno giocando la propria reputazione, e che tuttavia danno gratuitamente per far scoprire una speranza nuova nel tempo della propria esistenza.
Il messaggio non ci viene ancora proposto perché sarà il contenuto del discorso improvvisato che Pietro farà tra la gente, senza pulpito e senza paramenti particolari. Ma il messaggio lo si intravede già qui. La Pentecoste, perciò, è una sorpresa, ma anche la scoperta di messaggi nuovi da maturare nel cuore e da proporre, nella chiarezza, sentendosi responsabili della libertà di ciascuno. Lo Spirito è amore e se non c'è libertà non c'è amore e quindi non c'è scoperta di Dio e dei suoi doni. E il primo dono che ci è offerto è Gesù e lo Spirito di Gesù in noi.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 12, 1-11
I cristiani di Corinto avevano scritto all'apostolo chiedendo istruzioni sui doni spirituali ("carismi) cioè sulle manifestazioni esterne e straordinarie dello Spirito. Paolo conosce episodi di esaltazione religiosa che avvenivano tra i pagani, con fenomeni di delirio e di convulsioni. Probabilmente i fedeli di Corinto, da pagani, avevano fatto queste esperienze di origine diabolica o patologica e bisognava verificare se anche queste manifestazioni dello Spirito andassero lette allo stesso modo. Paolo consegna loro un criterio interessante a seconda di come uno si comporti nel riconoscimento di Gesù. Se lo si bestemmia chiamandolo "maledetto" o se lo si benedice affermando che "Gesù è il Signore", si dimostra il valore della testimonianza. Il richiamo a Gesù come Signore manifesta una altissima professione di fede e così scopriamo di essere nella linea della correttezza e della verità.
Chiarita la consistenza dei doni, Paolo deve intervenire con severità tra questi cristiani di Corinto, poiché si stanno sviluppando confronti e gelosie a secondo delle manifestazioni di ciascuno: sia che esistano pregi e valori propri e sia che si esercitino ruoli che si collegano al dono dello Spirito nella Comunità. Si creano paragoni e si fanno valutazioni pretendendo precedenze. Colui o colei che hanno particolari doti, soprattutto quelle appariscenti, provocano e pretendono privilegi, riconoscimenti, onori, maggiore rispetto. Così le doti di ciascuno diventano pretesto per ostentazioni, per affermazioni di sé, prestigio e potere.
Quello che avviene in ogni società avviene anche nella giovane Comunità di Corinto, suscitando gruppi contrapposti e divisioni, oltre che risentimenti e disgregazioni.
Paolo scrive mettendo in guardia da queste deformazioni che inaridiscono i doni di Dio e la Comunità cristiana. Quello che è stato offerto dal Signore è dono dello stesso Spirito che ha distribuito come ha voluto, Non ci sono maggiori e minori valori tra i "carismi" o, per lo meno, non vanno valutati così i doni ricevuti. Quello che serve è la verifica di come ciascuno sta offrendo un proprio contributo, gratuito, nella Comunità cristiana perché essa stessa si riconosca come luogo di Dio. Infatti "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune" (v 7) e tutti hanno qualche cosa di nuovo e di bello da portare.
Sono elencati qui nove carismi distribuiti in tre gruppi secondo che riguardano l'insegnamento, l'azione o altre finalità. All'insegnamento appartengono il dono delle "parole di sapienza", (per cui illuminati dallo Spirito si è in grado di esporre le verità più alte della fede) e il dono delle " parole di scienza" (essere in grado di esporre le verità elementari della fede per maturare i mezzi della salvezza).
Appartengono all'azione i doni della fede, le guarnigioni e i miracoli e si parla della fede non tanto come virtù quanto come un'eccezionale fiducia in Dio e nel suo intervento miracoloso che è capace di provocare cose nuove.
Infine nel terzo gruppo si ricordano la "profezia" (il dono di parlare con particolare efficacia per esaltare, verificare, consolare), il "discernimento degli spiriti" (che aiuta ad operare un giudizio critico per aiutare le persone a scegliere), la "glossolalia" (il parlare in lingue incomprensibili, lanciando preghiere, invocazioni, gridi inarticolati e oscuri sia per i protagonisti che per i circostanti; S. Paolo non stima molto questo dono: 14,6-11); infine "l'interpretazione delle lingue" che dovrà ricomprendere e tradurre il linguaggio degli estatici in modo che la Comunità ne tragga un insegnamento coerente.
Il testo continua garantendo che ognuno deve contribuire a creare un organismo vivo e ordinato a somiglianza del corpo umano, armonioso, organico, composto da varie membra che concorrono, tutte, alla vita dell'organismo completo.
Ma esiste un carisma più alto che arricchisce ogni realtà in armonia e a cui bisogna ambire con fiducia: esso è la carità (12,31).
Lettura del Vangelo secondo Giovanni. 14, 15-20
Si legge, in questo testo, parte del lungo testamento di Gesù che Giovanni ci riporta nei quattro capitoli dell'ultima cena e si percepiscono, con il disagio di una prossima partenza di Gesù, la paura, lo stupore, l'impazienza, la fragilità di non potere fare nulla per fermare gli avvenimenti incombenti. In questo brano Gesù suggerisce alcune raccomandazioni di comportamento ed offre alcune garanzie.
Dato per scontato che lo amano ("Se mi amate") Gesù concretizza la loro affezione non abbandonandola nel limbo dei confini dell'emozione, ma obbliga a scendere nella concretezza: "Osservate i miei comandamenti, se mi amate" (v15).
Le garanzie che Gesù porta sono fondamentalmente le garanzie di presenza e di sostegno. Prima però Gesù parla del Paràclito, una figura interessante, presente nei tribunali. Era possibile che una persona, considerata seria, apprezzata da tutti, potesse "essere chiamata vicino" a chi è sotto processo per suggerire, incoraggiare chiarire chi è accusato perché possa agevolmente difendersi. Qui Gesù affida allo Spirito il compito di motivare le scelte e di fare chiarezza, sostenendo chi non è in grado di distinguere a sufficienza e conoscere quello che viene dallo Spirito. Infatti il nostro nemico che ci accusa è il mondo.
Ma cos'è il mondo? Non sono i pagani, né i lontani o chi non appartiene al gruppo dei discepoli ma il mondo è quella parte del cuore dell'uomo, di ogni uomo che accetta il male, il peccato, la morte della speranza, l'egoismo. Mondo è la contrapposizione a Cristo, scelta di rifiuto dell'amore di Dio e dell'amore di ogni persona, rifiuto di costruire insieme un mondo nuovo. Perciò il Consolatore è anche lo Spirito dalla verità perché deve educarci, passo passo, fino alla fine del mondo, a scoprire le parole di Gesù, a fidarci di lui, a pregare, perché possiamo lottare e vincere le forze del male (Giovanni 16,7-11).
La verità è Gesù e quindi è una persona, non un catalogo. Essa è vita e, insieme, itinerario per rintracciare il suo messaggio. "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).Così verità è sentirsi presi per mano nella pienezza della comprensione di Gesù che viene con discrezione nella storia, attraverso la sua Parola e gli avvenimenti che ci obbligano a riflettere e a maturare.
Per questo motivo, come credenti, è importante avere dentro di noi il senso della misericordia di Dio che noi abbiamo sperimentato in Gesù come testimone visibile. E se la Parola di Gesù si dice e si vive, diventa anche negli altri speranza e progetto di vita. La comunità cristiana, perciò, deve saper contare in queste presenze: la presenza dello Spirito e la presenza di Gesù.
Per chi non è credente Gesù è solo un personaggio storico, lontano, sorpassato, cancellato dal tempo. Per noi che siamo credenti Gesù è invece una presenza viva e continua, rigeneratrice dentro ciascuno della speranza del suo ospite.
Lo Spirito non ci consegna l'infallibilità nelle nostre relazioni di un cammino ancora esistente, non ci dà soluzioni, ma ci aiuta a penetrare più profondamente nel tempo il valore delle persone e delle cose, non ci fa padroni né vincitori ma ci rende umili servi della presenza nuova che vuole rigenerare ognuno di noi e il mondo entro cui viviamo. "Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
La Pentecoste è allora la presenza continua, inimmaginabile, che racconta una nuova ospitalità di Dio tra noi, che garantisce nuove radici al bene, che ci dà speranza.

 

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