TESTO Appartenere a Cristo nella Chiesa
padre Gian Franco Scarpitta S. Vito Equense
V Domenica di Pasqua (Anno B) (06/05/2012)
Vangelo: Gv 15,1-8
1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Appartenere interamente a Cristo, essere vincolato solidamente a lui senza possibilità di scioglimento esterno, partecipare della sua vita e della sua missione è certamente il sentimento di Paolo dopo l'esperienza dell'incontro sulla via di Damasco e il conseguente battesimo a casa di Giuda per le mani di Anania. L'esperienza dell'incontro con Gesù lo aveva trasformato radicalmente, inculcando in lui una gioia che era pari alla ferocia prima esternata contro i cristiani. La sua trasformazione gli reca adesso serenità, fiducia e un senso di sollievo e di pace interiore che non aveva mai provato da persecutore della Chiesa e questo gli facilita molto le cose quando, presentato da Barnaba, incontra l'ostilità degli altri apostoli di Cristo che ancora rifiutano di dargli fiducia. Gli increduli discepoli tendono ad evitarlo, a fuggire la sua presenza e a recalcitrare di fronte alle rassicurazioni di Barnaba, ma lui coltiva interiormente la gioia del suo nuovo vivere che è Cristo (Fil 1, 21). Riuscirà a convincere tutti dell'avvenuta conversione non tanto per mezzo di discorsi o di delucidazioni razionali, ma attraverso il solo racconto del prodigio di cui era stato reso oggetto e con la sua stessa testimonianza di uomo rinnovato e risoluto nella sua nuova fede. Accanto alla gioia di Paolo, il libro degli Atti descrive anche la pace che imperversa nella Chiesa ormai diffusa in Galilea, in Giudea e in Samaria grazie all'assistenza continua dello Spirito Santo che anima l'attività missionaria e consolida l'unità. In tutto questo, sempre lo Spirito, che è il dono del Risorto, favorisce e consolida l'appartenenza allo stesso Signore Gesù e tale vincolo di unione con il Signore è matrice di gioia anche di fronte alle prove e alle persecuzioni.
Tutti coloro che vanno aggregandosi alla nuova comunità in espansione sentono non di appartenere ad un movimento politico o ad un gruppo la cui ideologia può sussistere adesso ma estinguersi domani, non ad un'associazione a carattere societario, ad un club o a qualsiasi altra organizzazione pur sempre provvisoria, ma di essere vincolati a Cristo, di vivere intensamente la comunione con lui partecipando della sua vita e delle sue azioni. Di conseguenza, proprio in forza di questo, si sentono vincolati e uniti ciascuno agli altri fratelli e motivati alla condivisione della stessa gioia.
Appartenere a Cristo vuol dire infatti essere "membro" di lui. Equivale ad immedesimarsi, a configurarsi e a far propri tutti gli aspetti e le prerogative esistenziali che lui ci propone. E questo non solamente nella vita individuale di credenti, ma anche nella comunione della Chiesa che vive nel suo nome la solidarietà e l'unità della fede, della speranza e della carità.
E qui viene il difficile specialmente nella vita ecclesiale di tutti i giorni: riusciamo noi ad essere parte di Gesù nella Chiesa? Secondo uno slogan da considerarsi ancora recente, si direbbe oggigiorno "Cristo sì, Chiesa no". La Chiesa viene tacciata di oscurantismo e di antimodernismo, di classismo e autorevolezza da parte della classe clericale. Anche all'interno del mondo credente cattolico ci si ostina a rifiutare con tutti i mezzi le disposizioni dei Vescovi e gli insegnamenti del papa, trovando spesso infondati pretesti per mettere in discussione ogni insegnamento magisteriale.
A proposito di determinati temi etici come la contraccezione, le unioni di fatto, l'aborto si è spesso reticenti e si vorrebbe porre ostruzionismo al papa e ai vescovi quando si pronuncino su tali argomenti. Come se non bastasse, nelle nostre parrocchie non sono poche le famiglie che lamentano la (presunta) lunghezza dei corsi di catechesi in preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima, facendo la corsa alla chiesa che conceda il certificato al più presto.
Eppure Dio si è rivelato non solamente all'uomo singolo, ma ad un'intera comunità. Cristo ha garantito la sua presenza nell'organico di una Comunità ecclesiale nella quale si è chiamati a vivere un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo per godere di un solo Dio Padre di tutti (Ef 4, 4 e ss) ed è improponibile che ciascuno possa costruirsi un cristianesimo a suo uso e consumo. La Chiesa non può smentire il Vangelo sottomettendo Cristo alle preferenze personali dei singoli credenti, ma è tenuta alla fedeltà alla rivelazione biblica e alla Tradizione, nei quali trovano spiegazione determinati insegnamenti e disposizioni.
Occorrerebbe piuttosto considerare attentamente "l'essere parte di Cristo" e "l'appartenere alla Chiesa", poiché nonostante le apparenze le due espressioni non sempre si equivalgono. Si può appartenere alla Chiesa con le intenzioni di una società per azioni senza coltivare però alcun legame di spiritualità; si può frequentare un gruppo parrocchiale anche attivamente e con grande zelo operativo semplicemente per esternare il proprio estro e la propria grinta esibizionistica senza alcun interesse verso Gesù Cristo. Così pure (come spesso avviene nelle nostre comunità parrocchiali) si può essere disposti a seguire lunghi corsi in preparazione al Matrimonio sopportando il tormento di lunghe prediche e di prescrizioni burocratiche pur di realizzare la consuetudine di una celebrazione in pompa magna nella Cattedrale, senza provare alcun trasporto verso la religione.
Poiché la Chiesa è la comunione dei battezzati vincolati fra di loro e con il loro Capo Gesù Cristo, poiché essa è il Corpo di cui Cristo è capo e noi siamo sue membra, la condizione per cui ci sentiamo realmente Chiesa è quella di sentirci vincolati innanzitutto a Cristo Capo, vivendo incondizionatamente la nostra appartenenza a lui senza riserve e senza opporre resistenza a Lui che ci comunica il suo volere nella persona dei pastori e dei ministri. Chi si affascina di questo vincolo fondamentale e in dissolubile che gli ha conferito il battesimo non proverà difficoltà alcuna nell'accettare anche le più provate disposizioni della Chiesa, che vertono nient'altro che al beneficio e all'edificazione del credente, mirando alla costituzione e al consolidamento dello stesso Corpo.
Occorre pertanto che ciascuno consideri non il ruolo o la posizione di vantaggio o di comodo da occupare nella Chiesa, non la posizione più gradevole o privilegiata, ma quella del servizio che Cristo richiede a ciascuno nella Chiesa. E in primo luogo la posizione di appartenenza a Cristo nella Chiesa.